lunedì 23 gennaio 2017

Post-terremoto, Raffale Cantone: “I ritardi? Chi accusa i controlli vuole di nuovo le mani libere”



“chi oggi invoca il diritto di agire senza vincoli in nome dell’emergenza, domani sarà il primo a indignarsi davanti al primo imprenditore che paga una mazzetta o è colluso con la mafia”

da: Corriere della Sera

Il presidente dell’Anac: le regole sono necessarie, ma sul post-sisma da noi non ci sarà alcun freno. I rischi di speculazione ci sono: con il pretesto delle decisioni prese in emergenza si possono creare situazioni che andranno a condizionare il futuro
di Giovanni Bianconi


A Dottor Cantone, ha sentito? Si comincia a dire che tra le cause dei ritardi nella ricostruzione post-terremoto ci sia una burocrazia imposta da troppe regole e troppi controlli. Compresi i suoi.
«Ho sentito, e sono esterrefatto. Al punto da chiedermi se dietro certe affermazioni palesemente strumentali non ci sia la voglia di tornare alla politica delle “mani libere”, che mi pare abbia già creato sufficienti problemi in passato».

Il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, si mostra rammaricato: «Questo è uno strano Paese dove chi oggi invoca il diritto di agire senza vincoli in nome dell’emergenza, domani sarà il primo a indignarsi davanti al primo imprenditore che paga una mazzetta o è colluso con la mafia».

Ma è vero o no che la nuova legislazione messa in campo per prevenire gli scandali rallenta gli interventi?
«È falso. Per il semplice motivo che in tutto ciò che si è fatto dal terremoto a oggi, l’Anac non c’entra niente. Gli appalti di cui si discute sono quelli della Protezione civile che in emergenza può agire e agisce fuori dai vincoli, com’è giusto che sia. È espressamente previsto dal Codice dei contratti, che pure viene preso di mira, quasi fosse un nuovo sport nazionale».

E voi che state facendo?
«Stiamo lavorando alacremente, in continuo contatto con il commissario straordinario, per prevenire problemi quando comincerà la ricostruzione. A cominciare dalle scuole. E le assicuro che non è semplice, perché le questioni da affrontare sono enormi. Compresa la necessità di rendere efficaci i controlli antimafia, che ci devono essere».

Quindi la Protezione civile può agire in deroga alle regole?
«Certo, com’è giusto e naturale che sia, soprattutto nei primi interventi: se bisogna rimuovere le macerie in fretta non si può aspettare lo svolgimento di una gara. Dopodiché, siccome in passato su queste premesse non tutto è filato sempre liscio, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio si è mosso con un minimo di cautela; a noi ha chiesto, come previsto dal codice, un parere su alcuni prezzi, che abbiamo fornito in brevissimo tempo. Ha deciso di darsi comunque delle regole, credo in maniera corretta. E di coinvolgere le Regioni».

Tuttavia le famose casette per gli sfollati promesse entro la fine del 2016 ancora non si vedono. Sicuro che non c’entrano i controlli?
«Sì, anche perché in quel caso ci si era mossi addirittura in maniera preventiva, con i bandi realizzati prima che arrivasse il terremoto».

Quindi dov’è l’intoppo?
«Penso che ci siano difficoltà con le Regioni coinvolte, perché comunque si tratta di strutture che vanno inserite in una realtà che abbia un minimo di urbanizzazione. Bisogna prevedere un piano, progettare infrastrutture, interventi che spettano agli enti locali. Scelte amministrative che hanno i loro tempi. Anche perché ci sono rischi di speculazione: con il pretesto delle decisioni prese in emergenza si possono creare situazioni che condizionano il futuro».

Così si torna ai controlli...
«Che, glielo ripeto, noi non abbiamo fatto in questo settore. Sfido chiunque a indicare un solo atto di competenza dell’Anac che abbia provocato un pur minimo ritardo».

Forse sarebbe stato il caso di evitare annunci enfatici con promesse che non si potevano mantenere.
«Io non mi occupo di annunci, né sono in grado di dire che cosa sia successo concretamente. Però credo che vadano considerate anche le complicazioni dovute a una situazione climatica difficilissima, ben oltre le previsioni, e a un terremoto che dal 24 agosto non si è praticamente mai fermato. Il cratere è così grande che comprende quattro regioni, altra circostanza che non aiuta a gestire la situazione».

Possibile che non ci sia un modo per accelerare?
«Forse ci poteva essere una maggiore centralizzazione delle decisioni, ma poi gli enti locali si sarebbero lamentati dell’esclusione. E comunque i problemi dell’urbanizzazione sono oggettivi, la cautela da parte degli enti locali è giustificata. Ci siamo dimenticati le risate degli imprenditori ascoltate in diretta, la notte del terremoto in Abruzzo, per gli affari che si profilavano? Con lo sfruttamento delle situazioni emergenziali, purtroppo, di distorsioni ne abbiamo viste tante. E non è difficile prevedere che anche in questo caso il rischio sia elevato».

Ha qualche segnale?
«Ho la consapevolezza che questa ricostruzione sarà particolarmente ponderosa. Bisognerà fare investimenti consistenti, saranno stanziate somme enormi, sulla cui gestione l’Italia si giocherà la faccia, anche a livello internazionale. Le polemiche di oggi rischiano di diventare un’ipoteca sulla gestione futura».

Che fa, mette le mani avanti rispetto a possibili scandali futuri?
«No, voglio solo mettere in guardia da una strumentalizzazione che rischia di favorire l’ennesima deregulation all’italiana, e chi auspica questo deve assumersi la responsabilità delle conseguenze che ne possono derivare. Non si può fare la morale sui controlli oggi ed essere pronti a denunciare gli scandali domani. Le regole sono necessarie, perché nessuno ha la palla di vetro per individuare dal nulla le imprese sane a cui affidare i lavori»

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