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Valerio
Onida fa ricorso contro il quesito referendario al tribunale di Milano e al Tar
del lazio
Il presidente emerito della Corte
Costituzionale, Valerio Onida, ha presentato, insieme alla professoressa
Barbara Randazzo, due ricorsi, uno al Tar del Lazio e uno al tribunale civile
di Milano, con cui in sostanza impugna il quesito referendario. La motivazione
centrale dell'azione, secondo quanto si apprende, riguarda il fatto che in un
unico quesito vengono sottoposti all'elettore una pluralità di oggetti
eterogenei. Nei ricorsi si chiede il rinvio della questione alla Corte
Costituzionale.
I ricorsi sono stati depositati questa
mattina. I ricorrenti agiscono in qualità di cittadini-elettori. L'azione
arriva dopo quella promossa al Tar da M5s e Sinistra Italiana, ma a differenza
di quella, che ha una portata soprattutto politica, questa porta la firma di
uno dei più noti giuristi italiani.
Nel ricorso al tribunale di Milano si
chiede di accertare, in via d'urgenza, il diritto dei ricorrenti a votare al
referendum costituzionale "su quesiti non eterogenei, a tutela della loro
libertà di voto". Il ricorso al Tar, che fa leva anch'esso sul diritto di
voto "in piena libertà, come richiesto dagli articoli 1 e 48 della
Costituzione", "è rivolto contro il decreto di indizione del
referendum medesimo,
in quanto ha recato la formulazione di un unico quesito,
suscettibile di un'unica risposta affermativa o negativa, pur essendo il
contenuto della legge sottoposta al voto plurimo ed eterogeneo".
Per questo si chiede l'annullamento, previa
sospensione, del decreto del Presidente della Repubblica di indizione del referendum
e di "ogni altro atto preliminare, connesso o conseguenziale". Il
ricorso ricorda inoltre come "i necessari caratteri di omogeneità"
del quesito referendario" siano "gli stessi richiesti secondo la
consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale relativa al referendum
abrogativo".
Il
ricorso al tribunale di Milano. Rimettere alla Corte
Costituzionale la legge ordinaria sul referendum per il 'nodo' dell'omogeneità
del quesito, ma "anche ai fini della sospensione degli atti del
procedimento referendario". È la richiesta contenuta nel ricorso al
tribunale di Milano presentato da Valerio Onida sul quesito referendario, in
cui in sostanza si chiede al tribunale di azionare il potere della Corte
Costituzionale di sospendere il referendum. Una prerogativa a cui la Consulta
può ricorrere "avvalendosi, anche d'ufficio" "dei poteri di
sospensione ad essa attribuiti", si legge nel ricorso. L'istanza è fatta
in via d'urgenza, visto che il referendum è fissato per il 4 dicembre, e una
pronuncia dopo questa data sarebbe inutile e "comprometterebbe il diritto
invocato", e quindi ricorre il "rischio di un pregiudizio grave ed
irreparabile".
Il
ricorso al Tar del Lazio. "L'atto impugnato appare
illegittimo in primo luogo per avere qualificato il referendum indetto"
"come confermativo" e inoltre "per aver formulato il quesito con
riferimento al titolo della legge costituzionale anziché agli articoli della
Costituzione che vengono modificati". È quanto si legge nel ricorso di
Valerio Onida al Tar Lazio contro il decreto di indizione del referendum
costituzionale. "La qualifica di referendum 'confermativo' utilizzata nel
decreto impugnato (ancorché venga talora usata nel linguaggio corrente) -
sottolinea il ricorso - non trova alcun riscontro nella legge n. 352 del 1970"
che disciplina i referendum "e non riflette la ratio del ricorso al
referendum 'oppositivo' nel caso delle leggi costituzionali, ratio che è quella
di garantire le minoranze nel caso di approvazione parlamentare della legge con
una maggioranza inferiore ai due terzi".
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