da: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/
C'è un'argomentazione referendaria esposta da Renzi (sia nel confronto in
tivù sia in successivi interventi pubblici) che vale la pena di analizzare.
È quella secondo la quale la riforma «non
tocca il potere del presidente del Consiglio», non li aumenta, dato che «nessun
articolo riguarda i suoi poteri».
È interessante, come questione, perché è tecnicamente
vera (in nessun articolo si aumentano i poteri del presidente del Consiglio) ma
fattualmente a rischio di essere falsa, nelle conseguenze o almeno nelle
possibili conseguenze: dipende.
Intanto, come primissima cosa, una
fotografia della situazione oggi.
Tutte le simulazioni concordano sul fatto
che se il Senato fosse composto con i criteri proposti dalla Renzi-Boschi, questo
ramo del Parlamento sarebbe sostanzialmente al servizio del partito che oggi
esprime il premier. Su 100 senatori, infatti, almeno 54 sarebbero direttamente
del Pd, a cui se ne aggiungerebbero altri cinque dei partiti autonomisti (tre
del Trentino Alto Adige e due della Valle D’Aosta), già schierati coi dem, per
un totale di 59; in più ci sarebbero i cinque senatori di nomina presidenziale
e se ipotizziamo (per difetto) che almeno due su 5 siano di area Pd, arriviamo
a 61 su 100.
Di qui alla fine della legislatura gli
equilibri non sono destinati a cambiare se non eventualmente in minima parte
(2-3 seggi) nel caso il Pd perdesse la Sicilia nel 2017.
Quindi, grosso modo, i dem avrebbero il
controllo totale del Senato almeno fino al 2023.
Che cosa comporta questo, in termini di
poteri del futuro premier, quello che emergerà dalle elezioni del 2018?
Dipende, appunto.
Dipende prima di tutto da come verrà
riscritto l'Italicum.
Nell'attuale versione - l'unica che
conosciamo - se vince il Pd il suo leader accumulerebbe di fatto una Camera e
un Senato che, per motivi diversi, sono trasformati in autostrade del potere
del premier, con una maggioranza decisamente sovrarappresentata e una minoranza
decisamente sottorappresentata rispetto alla volontà dei cittadini.
In questo scenario, mi sembra un po'
eccentrico sostenere che il premier non vedrebbe aumentare di fatto la sua
forza e il suo potere; e che non diminuisca parecchio la forza
dell'opposizione. Insomma sarebbe difficile dire che non ci sarebbe un cambiamento
nei rapporti di forza politici concreti a favore di Palazzo Chigi, dell'uomo
che vi risiede come premier.
Dopodiché, allo stato, c'è una doppia
complicazione che è il caso di mettere in luce.
La prima riguarda il fatto che
quell'Italicum - così come adesso è in vigore - dovrebbe cambiare, secondo
l'impegno di Renzi.
Il problema tuttavia è che non sappiamo come
cambierà.
C'è quindi l'altissima probabilità che il 4
dicembre votiamo su come sarà fatto il Senato senza sapere come sarà fatta la
Camera.
A me questo non sembra molto bello, anzi mi
sembra una delle cose meno belle e meno giuste di tutto questo ambaradan
istituzionale. Perché è come se per uscire la sera ci fosse chiesto che giacca
metterci, senza sapere se poi i pantaloni saranno gialli o blu, Caraceni o
Diesel.
Non sappiamo cioè se, nel modificare il
Senato, una delle conseguenze sarà l'aumento di poteri del premier. Dipende.
La seconda variabile - il secondo dipende -
è la possibilità che, restando invariati i fondamentali dell'Italicum, alla
Camera vinca una forza di opposizione rispetto al Pd (M5s o centrodestra). In
questo caso, infatti, i provvedimenti legislativi della maggioranza
rischierebbero di essere sottoposti al fuoco di fila del Senato di parte
opposta, la quale (date le infinite complicazioni dell'articolo 70)
ricorrerebbe contro ogni legge uscita dalla Camera che possa anche vagamente
essere connessa con le variabili previste dal medesimo articolo 70.
In questo caso, quindi, si può dire che i
poteri legislativi del premier non aumenterebbero, anzi rischierebbero di
essere in più di un caso frustrati dall'altro ramo del Parlamento.
In sostanza, alla domanda: questa riforma aumenta i poteri del
premier, la risposta onesta è: dipende.
Dipende da come verrà riscritto l'Italicum
e - nel caso non venisse riscritto nei fondamentali - dipende da chi vince poi
le elezioni per la Camera.
Potrebbero aumentare smisuratamente o
potrebbero perfino trovare ostacoli più robusti di adesso.
Andiamo tutti a votare in una situazione in
cui a una delle domande fondamentali sugli effetti della riforma la risposta è dipende.
E - ripeto - questo è l'aspetto meno bello
del tutto, in termini di cittadinanza consapevole che deve decidere come sarà
il proprio futuro.
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