George
Knightley doveva venire a pranzo da loro, un poco contro i desideri di
Henry Woodhouse al quale non piaceva dividere con chicchessia il primo giorno
di Isabella a Hartfield. Comunque a prendere la decisione era stata Emma per
senso del dovere: considerazione a parte di quanto quella gentilezza fosse
doverosa verso di due fratelli, ella provava un piacere particolare, dopo
l’ultimo dissidio che l’aveva contrapposta all’amico, a prodigarsi perché fosse
invitato.
Sperava che adesso avrebbero potuto far
pace. Era tempo di smetterla con quel litigio, pensava. E poi, non era tanto
questione di far pace. Non aveva mica avuto torto lei, e figurarsi se avrebbe
mai ammesso di averne lui. Non era il caso di fare concessioni, ma era ora di
comportarsi come se non avessero mai bisticciato. A proteggere la recuperata
amicizia Emma sperò che servisse l’aver con sé, mentre lui entrava nella
stanza, uno dei bambini – la più piccola, una deliziosa bambinetta di otto
mesi, in visita a Hartfield per la prima volta e felicissima di essere
spupazzata fra le braccia della zia. E infatti servì. Perché, se anche
Knightley all’inizio lanciava in giro occhiate fosche e domande minime, presto
si ritrovò a parlare di tutti loro nel modo consueto e a toglierle la bambina
dalle braccia con la naturalezza di un’intatta amicizia. Emma sentì che erano
di nuovo .fare a meno di suggerirle, mentre lui ammirava la piccola:
«Meno male che su nipoti e nipotine andiamo
d’accordo. Sugli uomini e le donne le nostre idee divergono parecchio qualche
volta; ma su questi bambini non potremmo mai pensarla diversamente, vi pare?»
«Se vi lasciate guidare dalla natura quando
giudicate gli uomini e le donne senza credere più di tanto al potere della
fantasia e del capriccio nei vostri rapporti con loro, come fate quando ci sono
di mezzo questi piccoli, la penseremmo sempre allo stesso modo.»
«Eh, già..I nostri bisticci nascono sempre
dal fatto che a sbagliarmi sono io.»
«Sì» le rispose sorridendo «e c’è una buona
ragione: io avevo sedici anni quando voi siete nata.»
«Una differenza sostanziale,
effettivamente» gli replicò. «Non v’è dubbio che in quel periodo della nostra
vita dovevate essermi superiore di molto nel giudizio, ma il trascorrere di
ventun anni non porta la nostra capacità di comprendere un bel po’ più vicino?»
«Sì, un bel po’ più vicino.
«Però non ancora abbastanza vicino da darmi
la possibilità di aver ragione se la pensiamo in modo diverso.»
«Continuo ad avere il vantaggio di sedici
anni d’esperienza in più e di non essere un’attraente giovane donna né una
bambina viziata. Forza, cara Emma, restiamo amici e non parliamone più…
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