da: https://www.linkiesta.it/it/
- di Francesco Cancellato
Beppe
Grillo, apri gli occhi: il razzismo in Italia c’è eccome (e sta con te al
governo)
Lettera
aperta al comico genovese, fondatore del Movimento Cinque Stelle, secondo cui
il razzismo in Italia è un’emergenza mediatica. Peccato che diverse ricerche ci
additino come il popolo più razzista d’Europa. Con un partito razzista alla
guida del governo
“A Milano 250.000 persone hanno manifestato
contro il razzismo, un razzismo esclusivamente mediatico”,
scrive Beppe Grillo sul suo blog. E quasi quasi, fossimo un Paese normale
verrebbe da dargli una pacca sulla spalla, al comico genovese, e occuparsi di
cose serie. E invece no, questa è una cosa seria, purtroppo: perché, caro Beppe
Grillo, sei il fondatore di quello che alle ultime elezioni politiche è
risultato essere il primo partito italiano. E perché troppa gente rischia di
credere a questo maldestro tentativo di sottovalutare un problema enorme, al
fine di delegittimare una manifestazione ben riuscita.
Già, perché di esclusivamente mediatico c’è
ben poco, se si parla di razzismo in Italia, caro Beppe. Ci sono i dati che
raccontano una storia diversa, ad esempio: quelli del 2015 di un
report di Pew Research, prima della “grande invasione” dei richiedenti
asilo dalla Libia, che ci dicono che siamo il Paese più razzista d’Europa,
primi in Europa per odio contro i rom, i musulmani e gli ebrei. O quelli dello
stesso Ministero degli Interni, che nel 2010 ha creato l’Osservatorio per la
sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad), e che ci dice, stando agli
ultimi dati disponibili, che questa tipologia di reati è in netta crescita, con
1.048 casi nel 2017
contro i 736 del 2016. E ancora, ci sono nove ebrei
italiani su dieci che - stando a un’indagine dell’Agenzia Europea per i Diritti
Fondamentali - ritengono che l’antisemitismo stia crescendo nel nostro
Paese. Se pensate che il fenomeno sia puramente mediatico, qui c’è l’elenco puntuale di tutti gli episodi.
Questi siamo noi. E i nostri politici, ne
sono la rappresentazione più fedele. Lo è Salvini, il cui decreto sicurezza
votato anche dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle, è una piccola enciclopedia di discriminazioni su base razziale. Facciamo
un breve ripasso: il decreto prevede l’abolizione della concessione del
permesso di soggiorno per motivi umanitario, un diritto fondamentale sancito
dall’articolo 10 della nostra Costituzione, che a questo punto vale solo per
gli italiani, e non per gli stranieri. Ancora, nel decreto si prevede la revoca
dello status di rifugiato dopo una condanna di primo grado, mentre per gli
italiani la presunzione d’innocenza è sancita fino al terzo grado di giudizio. Ciliegina
sulla torta, la fine degli sconti sui beni e servizi alle famiglie numerose
composte da cittadini extracomunitari. Cose di questo tipo, all’interno di un
decreto sulla pubblica sicurezza, come le vogliamo chiamare, Beppe?
Magari potremmo chiamarla “condotta
discriminatoria”, anziché razzismo, come ha fatto il tribunale di Milano con il
regolamento del comune di Lodi a guida leghista, che obbliga gli stranieri a
presentare certificazioni impossibili per accedere alle tariffe più basse di
mensa e scuolabus. Condotta discriminatoria seguita anche, negli ambiti più
disparati, dai comuni di San Giuliano Milanese, Melegnano, Palazzago,
Castelcovati e Lentate sul Seveso, il cui sindaco Andrea Sala (Lega) si sia
vantato sui social di aver negato un banchetto in piazza in favore della pace
perché a richiederlo era stato un cittadino di fede islamica. Non parliamo solo
di Comuni, Beppe: nonostante il Tribunale di Milano l’abbia bocciato e definito
discriminatorio, un emendamento approvato al Senato adotta i medesimi criteri
del regolamento comunale di Lodi sulle mense per discriminare gli stranieri sul
reddito di cittadinanza.
Tu dici che tutto questo non è razzismo,
Beppe. Che è semplicemente egoismo sociale, mors tua vita mea. Che la
discriminazione razziale è altro. Ma forse avresti dovuto fare qualche indagine
in più sul partito con cui avete deciso di allearvi. Partito di cui fa parte il
senatore Roberto Calderoli, ad esempio, che è stato condannato a un anno e sei
mesi di pena in primo grado per le frasi razziste che equiparavano
l’europarlamentare Cécile Kyenge ad un orango.
Un caso non isolato, caro Beppe.
Recentemente Amnesty International Italia ha analizzato la comunicazione
politica italiana durante la scorsa campagna elettorale, quella culminata nelle
elezioni del 4 marzo, quelle del vostro trionfo elettorale. Circa 600 volontari
hanno setacciato i social network dei principali partiti, registrando tutte le
segnalazioni su post che contenessero insulti, messaggi razzisti o contenuti
d’odio di altro tipo. Ne ha scovati 287, provenienti da 129 candidati, di cui
77 poi eletti. Oltre la metà provengono da esponenti leghisti e il 91 per cento
dei post ingiuriosi riguarda migranti, razzismo, islamofobia e discriminazione
religiosa. Raccontaci quel che vuoi, caro Beppe. Ma almeno la bufala sul
razzismo che non c’è, per giustificare alleanze che ti imbarazzano, almeno
risparmiacela. I conti con la propria coscienza, ahi noi, si fanno in silenzio.
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