da: Corriere della Sera
Adesso è facile ironizzare sul sindaco che evocava le forbici per gli stupratori ma non tagliava i ponti col costruttore amico degli ‘ndranghetisti, e arringava a non dare soldi ai mendicanti ma dava soldi (sotto forma di via libera a un supermercato) a chi gli promettesse voti. Se l’altro ieri in Calabria il «soldato» di un clan accende l’auto e salta in aria senza che l’autobomba arrivi nei Tg, e invece ieri destano stupore gli arresti al Comune di Seregno, è per malriposta meraviglia: ohibò, la ricca Brianza come la depressa Locride? Meraviglia ridicola quanto l’opposto luogo comune di una onnipotente ‘ndrangheta, che invece — alla lente di 8 anni non di indagini ma ormai di condanne — appare più prosaicamente una piattaforma che offre servizi per i quali c’è forte domanda da imprenditoria e politica del Nord. È come se un’amnesia collettiva
continuasse a rimuovere la mafiosità dell’ex direttore
sanitario dell’Asl di Pavia, il voto di scambio dell’ex assessore regionale
alla Casa, la fine dell’asfaltatore di mezza Lombardia, il testacoda di due
giudici calabresi che a parole sequestravano beni ai clan e in realtà li
tutelavano, lo spedizioniere olandese Tnt ignaro che a consegnare i propri
pacchi fossero i furgoncini dei clan, il monopolio dei «baracchini» dei panini
davanti alle università, il quasi sbarco nel catering dello stadio, il subentro
nelle farmacie, le coop dei boss che montavano gli stand della Fiera e
allestivano i supermercati Lidl e fornivano i vigilantes al Tribunale. Nel Nord
della borghesia (ex) illuminata, non è la ‘ndrangheta a «infiltrarsi» e
avanzare. È la società civile ad arretrare.
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