lunedì 25 settembre 2017

Concorsi universitari, la cricca dei tributaristi: “Smetti di fare l'inglese e fai l'italiano”



“Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”. A quanti campi, situazioni, queste parole sono esemplificative di un nostro modo di concepire la vita sociale, politica, istituzionale, personale. Capito perché siamo un paese in crisi? Non certo e non solo per la misura del PIL, il prodotto interno lordo. Decimale più, decimale meno…


da: Lettera 43

La cricca dei tributaristi che truccava i concorsi universitari
Secondo i pm, escludevano alcuni candidati per favorire i propri allievi o soci. Nelle carte, le parole di uno di questi professori a un ricercatore: «Anche io mi son piegato a certi baratti. Devi fare l'italiano».
di Alessandro Da Rold

Avrebbero truccato i concorsi universitari per favorire i propri allievi o soci, chiedendo ad altri di ritirare la candidatura e promettendo loro di ricandidarli più avanti, in un gioco di correnti di potere interno alle università italiane, alle commissioni del ministero e agli studi di diritto tributario. L'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Firenze Angelo Pezzuti, che ha portato agli arresti domiciliari sette luminari con circa 59 persone indagate per corruzione e abuso d'ufficio, apre uno squarcio sulla spartizione dei posti da professore negli atenei italiani. A dimostrarlo sono le registrazioni effettuate con un telefonino da parte di un ricercatore che aveva presentato la candidatura e a cui poi era stato intimato di ritirarla, nonostante avesse i titoli, per favorire altri candidati.


ANCHE TESAURO TRA GLI INDAGATI. La Guardia di Finanza parla di «sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario» - alcuni dei quali pubblici ufficiali poiché componenti di diverse commissioni nazionali nominate dal ministero della Pubblica Istruzione - «finalizzati a rilasciare abilitazioni secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori», per soddisfare «interessi personali, professionali o associativi». Agli arresti finiscono Fabrizio Amatucci, docente alla Federico II di Napoli, Giuseppe Maria Cipolla dell'Università di Cassino, Adriano di Pietro dell'Università di Bologna, Alessandro Giovannini dell'Università di Siena, Valerio Ficari dell'Università di Roma 2, Giuseppe Zizzo dell'Università Carlo Cattaneo di Castellanza e Guglielmo Fransoni dell'Università di Foggia. Ma tra gli indagati compaiono anche luminari del diritto tributario, come Francesco Tesauro e Francesco Tundo, marito dell'ex assessore al Bilancio del comune di Milano Francesca Balzani, allievo dello studio di Victor Uckmar. In 22 sono stati interdetti dall'esercizio accademico.

  Il professor Russo, in maniera diretta, aveva chiesto [a Laroma] di ritirare la sua candidatura per favorire l'abilitazione di altri candidati”
    Ordinanza di custodia cautelare

Il procedimento nasce dopo la denuncia di Jezzi Philipp Laroma, ricercatore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università di Firenze che il 22 novembre del 2012 aveva presentato domanda di abilitazione scientifica “per professore di prima e seconda fascia”. È lui il 5 febbraio del 2014 a presentarsi di fronte ai pubblici ministeri fiorentini con una registrazione di un colloquio avvenuto il 21 marzo del 2013, con il professore Pasquale Russo, ordinario di diritto tributario della Facoltà di giurisprudenza di Firenze. Laroma ha registrato la conversazione con il proprio telefonino, perché «non credeva alle parole che stava ascoltando». In pratica, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, «il professor Russo, in maniera diretta, gli aveva chiesto di ritirare la sua candidatura per favorire l'abilitazione di altri candidati, promettendogli poi che si sarebbe speso perché lui venisse abilitato nella successiva tornata».

«COSÌ SI GIOCA LA CARRIERA». Non solo. Stando alle parole del professor Russo «i commissari si erano già riuniti un paio di volte e ciascuno aveva chiesto di abilitare un candidato o più candidati a cui teneva; che, quindi, era stato raggiunto un accordo su una lista di candidati che sarebbero stati abilitati nella quale lui non era stato inserito». Russo glielo aveva detto esattamente: «È stata fatta la lista e tu non ci sei». Di fronte alle rimostranze di Laroma che non voleva ritirare la propria candidatura, Russo gli aveva spiegato senza troppi problemi che «così si giocava la carriera». Nella lista dei candidati c'era anche Francesco Padovani, socio nello studio professionale di Russo. Faceva parte della “scuola” su cui avevano deciso di puntare a questa tornata di concorsi.

   “Anche io mi son piegato a certi baratti per poter mandare avanti i miei allievi, ero ingenuo all'inizio ma la logica universitaria è questa”
    Professor Russo

Sono diversi i colloqui con Russo che Laroma registra. Alla domanda «su quali "criteri' avessero condotto i commissari alla sua esclusione», Russo risponde in modo esplicito: «I criteri del vile commercio dei posti». Laroma reagisce («come si fa ad accettare una cosa simile?») e Russo taglia corto e risponde: «Tu non puoi non accettare», e aggiunge con chiarezza: «Che fai? Fai ricorso? .... però ti giochi la carriera cosi». Anzi il professore spiega che è una prassi consolidata. Che va avanti da anni. Anche lui «i principi» invocati da Laroma se li era messi «sotto i piedi» avendo favorito Francesco D'Ayala Valva («l'ho fatto ordinario io») nel tentativo di ottenere, successivamente, l'abilitazione dei candidati a lui vicini («nella speranza poi di poter aver avere un po' di spazio per i miei»).

«NON SIAMO SUL PIANO DEL MERITO». Nella registrazione fatta con un telefonino Russo ribadisce «con molta chiarezza che non sono in discussione né la bravura, né la capacità, né i titoli di Jezzi Philip Laroma». E ripete: «Non siamo sul piano del merito! Non siamo sul piano del merito, Philip». E infine lo invita a prendere atto della realtà del sistema in cui vive. «Smetti di fare l'inglese e fai l'italiano». In un altro colloquio Russo è ancora più diretto. «Anche io mi son piegato... a certi baratti per poter mandare avanti i miei allievi...», «ero ingenuo all'inizio» ma «la logica universitaria è questa... è un mondo di merda... è un mondo di merda... quindi purtroppo è un do ut des».

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