venerdì 10 aprile 2020

Coronavirus, Eurogruppo: perché è un accordo «ambiguo» (e perché tutti possono dire di aver vinto)


da: Corriere della Sera - di Federico Fubini

Il linguaggio spesso convoluto della diplomazia europea definisce accordi come quelli di ieri sera all’Eurogruppo, il club dei ministri finanziari dell’euro, come un esempio di «ambiguità costruttiva». Significa che tutti sono in grado di sostenere di aver ottenuto un piccolo pezzo del trofeo della vittoria ed esso non appartiene per intero a nessuno. Purtroppo la vittoria per il momento in Europa arride a un organismo circa 600 volte più piccolo del diametro di un capello, SARS-CoV-2, ma proprio per questo è il caso di provare a spiegare quali sono le difese comuni che sul piano delle politiche economiche e di bilancio l’Unione europea e in particolare la zona euro stanno provando a mettere sul terreno. Con i loro indubbi limiti, gli spiragli di qualcosa di più e i potenziali punti di forza.

Il linguaggio
Innanzitutto le definizioni, che nel gergo europeo sono importanti. Il comunicato dell’Eurogruppo parla di «sfida senza precedenti come conseguenze socio-economiche molto gravi». Per questo i ministri, ripetendo alla lettera le parole usate per prima da Angela Merkel, si dicono «impegnati a fare tutto il necessario» (ai tempi di Mario Draghi, in un grado di rassicurazione impercettibilmente più alto, la Banca centrale europea si disse impegnata a fare «qualunque cosa serve»). C’è poi anche un riconoscimento che nessun Paese è al sicuro se altri cadono in una depressione e in una grave crisi finanziaria a seguito della pandemia: i ministri prendono «in conto gli effetti di spill-over (sconfinamento degli impatti economico-finanziari, ndr) e e dei legami reciproci fra le nostre economie».

La sostanza
L’importante è però la sostanza, oltre a quel 3% di spesa discrezionale che (sostiene l’Eurogruppo, vedremo presto quanto sarà vero) i diversi governi hanno già approvato. Ed è sulla sostanza che l’accordo di giovedì notte è simile soprattutto a un macigno rimosso lungo una strada che resta in salita, piena di buche e trappole.

Gli aspetti fondamentali dell’accordo
Eccone gli aspetti fondamentali. Nel complesso abbastanza poco rilevante, non certo per colpa dei banchieri della Banca europea degli investimenti, è l’idea di costituire un nuovo fondo di garanzia da 25 miliardi per credito addizionale per 200 miliardi nell’Unione europea. Ma le somme sono quasi irrilevanti da un punto di vista macroeconomico per le dimensioni dell’economia europea.

Il supporto Mes
Si viene poi a uno dei punti più controversi: la creazione di una sotto-linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità all’interno delle linee di credito “precauzionali” esistenti. Si chiama “Pandemic Crisis Support” e sarà limitata per ogni Paese a somme non superiori al 2% del suo prodotto lordo del 2019: per l’Italia, che però ha già dichiarato di non essere interessata, sarebbero circa 36 miliardi di euro.
Il nodo naturalmente sono le condizioni di riforme, risanamento o vigilanza alle quali sarebbe sottoposto l’accesso a questa linea di credito e qui il linguaggio dell’Eurogruppo a fatica copre con un velo pudico il profondo disaccordo fra due fronti che vedono l’Italia e l’Olanda alle due estreme. L’assenza di condizioni macroeconomiche varrà solo se la spesa riguarda “il finanziamento diretto e indiretto della sanità, della cura e della prevenzione collegate ai costi della crisi Covid-19”.
In sostanza, se il denaro fosse speso per politiche di bilancio diverse, allora il Paese che lo prende in prestito dal Mes dovrebbe sottoporsi ai meccanismi di un programma tradizionale. Anche nella sua forma legata al coronavirus – si ricorda – varranno comunque «i termini standard concordati in anticipo dagli organi di governo del Mes» (cioè il Consiglio composto dagli Stati azionisti, che dunque mantengono un diritto di intervento).
In compenso però, sempre che il programma resti limitato alle spese sanitarie, l’analisi di sostenibilità del debito (che in altri casi potrebbe aprire le porte a condizioni severe o alla richiesta di un default pilotato dello Stato in crisi) sembra quasi automatica e solo preliminare («sulla base di valutazioni ‘up-front’ da parte delle istituzioni europee», si legge nel comunicato).

I programmi
Nel complesso il tema del Mes lascia intuire due aspetti.
- Il primo è la sua irrilevanza per Paesi come l’Italia o la Spagna, almeno finché le politiche di acquisti di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea faranno sì che l’accesso al mercato per i governi più in difficoltà resti facile e a basso costo. Di fatto oggi la Bce ha già sostituito il Mes, a condizioni infinitamente migliori per l’Italia.
- L’altro aspetto è che proprio il «Quantitative Easing» della Bce, le politiche di acquisto generalizzato e flessibile di titoli di Stato, hanno di fatto reso irrilevante per ora anche programmi ad hoc per i singoli Stati. Dopo il «whatever it takes» di Mario Draghi del 2012, si decise che un Paese avrebbe potuto avere accesso agli acquisti illimitati della Bce con le Outright Monetary Transactions solo se avesse sottoscritto un programma del Mes. Ora questi nuovi programmi “leggeri” del Mes non sembrano sufficienti a dare accesso a quegli interventi della Bce disegnati nel 2012. Ma il nuovo interventismo della banca centrale per ora ha rimosso questo problema.

Il fondo per la ripresa
Resta poi il nodo fondamentale dell’Eurogruppo di giovedì notte, quello del «Recovery Fund» chiesto da Francia, Italia e Spagna. In realtà è l’unica e ultima speranza perché la risposta europea alla crisi da Covid-19 macroeconomicamente rilevante, dato che il fondo «Sure» da 100 miliardi di euro per 27 Paesi non lo è. L’Eurogruppo dichiara che l’iniziativa di quel fondo per la ripresa dovrà essere “temporanea, mirata”, ma anche “commisurata ai costi straordinari della crisi attuale”. Dunque, anche se nel comunicato mancano cifre, dovrà essere un fondo che raccoglie sul mercato almeno 500 miliardi di euro a fronte di una crisi che sta distruggendo almeno mille miliardi di reddito nell’area euro.
L’Eurogruppo parla di “strumenti finanziari innovativi, coerenti con i Trattati europei” e accenna a legare questo fondo al bilancio europeo. Ma quest’ultimo entrerà a regime nel nuovo ciclo solo nel 2021, troppo tardi.
Quindi i capi di Stato e di governo, non i ministri finanziari, dovranno negoziare per trovare almeno una soluzione-ponte per permettere al nuovo Fondo di raccogliere risorse sui mercati da quest’estate.
Con ogni probabilità le emissioni saranno fatte dal Mes o, più facile ancora, dalla Banca europea degli investimenti. Significa che il debito sarà raccolto in comune fuori dai bilanci dei singoli Stati, i quali però ne resteranno responsabili diretti ciascuno per la propria quota di finanziamento.

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