da: Il Manifesto
La
Corte si rimette al popolo
Italicum.
Rinviato il giudizio sulla legge elettorale. Il referendum deciderà anche su questo.
La maggioranza dei giudici costituzionali convince il presidente Grossi alla
retromarcia. L'inevitabile bocciatura sarebbe stata un colpo troppo forte per
il governo
di Andrea
Fabozzi
Meglio non decidere: la Corte Costituzionale ha rinviato l’udienza del 4 ottobre
sull’Italicum. Una mossa tutta politica, nascosta dietro la volontà di non interferire con il calendario politico,
e cioè con il referendum costituzionale.
La data del referendum – 27 novembre o 4
dicembre – sarà finalmente comunicata dal governo lunedì. Ma a questo punto il
giudizio degli elettori sulla nuova costituzione dovrà prescindere dal giudizio
dei giudici sull’altra gamba delle riforme renziane, la legge elettorale.
La prevedibile
bocciatura alla vigilia del voto sarebbe stata un colpo
troppo pesante al
governo, Renzi sull’Italicum aveva
messo la fiducia. Con buona pace dei teorici della «riduzione del danno»,
secondo i quali un buffetto della Consulta all’Italicum avrebbe chiarito agli
elettori che la legge elettorale andava cambiata e dunque aiutato Renzi nella
caccia al Sì. Non sarebbe stato e non poteva essere un buffetto, perché
l’Italicum ha molti difetti in comune
con la vecchia legge elettorale, già abbattuta dai giudici. Così è arrivato il
rinvio.
Un
rinvio leggibile politicamente, inconsueto dal punto di vista delle abitudini
della Corte.
Arriva infatti a sole due settimane da
un’udienza più volte confermata. Di fronte e ripetute pressioni, il presidente
Paolo Grossi ha riunito ieri il plenum e ha preso atto di una maggioranza
favorevole al rinvio. Una maggioranza esigua, ma battagliera, capitanata dai giudici Amato e Barbera, quest’ultimo
tra i più entusiasti delle riforme renziane.
La Corte non ha motivato le ragioni del
rinvio. Bisogna ricorrere alle indiscrezioni, che non mancano. Come non
mancherebbero gli appigli formali per giustificare la decisione di aspettare il
referendum costituzionale.
Tutti però già ben presenti ad aprile,
quando in piena autonomia il presidente
Grossi aveva fissato l’udienza
sull’Italicum al 4 ottobre. Renzi ha
sempre temuto quel giudizio, tant’è che prima dell’estate aveva anche
ipotizzato di bruciarlo convocando il referendum subito prima dell’udienza, il
2 ottobre. Ma i suoi piani sono cambiati
quando si è accorto di aver bisogno di
tempo per risalire nei sondaggi.
La
Corte gli ha tolto il problema con la maggioranza dei
giudici che ha costretto il presidente alla retromarcia. La tentazione era
presente da tempo (il manifesto l’aveva raccontata oltre un mese fa qui e qui)
ma fino a ieri Grossi aveva resistito.
Aspettare il referendum consentirà alla
Corte di conoscere il quadro
istituzionale in cui eventualmente
l’Italicum si applicherebbe, con una o due camere elettive. E soprattutto
il quadro politico, con Renzi trionfatore o affondato.
La vittoria
del Sì aprirebbe anche la strada al ricorso diretto delle minoranze
parlamentari sul complesso della legge elettorale.
Si tratta di una misura immediatamente
operativa, per cui in caso di
approvazione popolare della riforma si può star certi che entro 10 giorni 158 deputati o 107 senatori
chiederanno il giudizio «preventivo» di legittimità sull’Italicum, e la
Corte dovrebbe esprimersi entro 30 giorni. E cioè entro il prossimo gennaio. Il
che significa che se vincerà il Sì la
decisione di ieri più che un rinvio è una rinuncia dei giudici costituzionali
ad esprimersi sui punti sollevati dai tribunali.
Alla Consulta sono arrivate tre ordinanze
di rinvio, due delle quali – Messina e Torino – erano iscritte a ruolo per
l’udienza del 4 ottobre, adesso rinviata. La terza, Perugia, non ha fatto in
tempo (è di undici giorni fa) e potrebbe essere alla fine una delle ragioni
formali dello slittamento. Solo formale, dal momento che le questioni di
costituzionalità sollevate dal giudice di Perugia sono esattamente le stesse
già sollevate dalla giudice di Torino.
Ma altri tribunali (sono ancora 13 quelli
che si sono «riservati») potrebbero a questo punto aggiungersi. E nel frattempo Renzi è riuscito a dare
l’impressione di voler ridiscutere l’Italicum,
anche se non accadrà niente di concreto prima del referendum. Se non la
discussione cominciata ieri sulla mozione di Sinistra italiana, a questo punto
perfino utile al governo.
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