da: http://www.linkiesta.it/it/
Lettera
aperta alla ministra Lorenzin, da parte di una donna che ha un anno in più di
sua mamma quando l'ha partorita
Ho 30 anni. Mia madre ne ha 60.
Mi
ha avuta più o meno alla mia età. Nel senso che mi ha avuta a 29 anni, quasi
30. Io ne ho 30, quasi 31. Potremmo concludere che mi ha avuta quando era più
giovane di me.
Mi
ha voluta. Molto. E io, che me la tiravo da prima ancora di venire al mondo, mi
sono fatta attendere per ben 2 anni. Non arrivavo. Eppure mia madre aveva 27
anni e mio padre 25 (sì, lei è stata un’antesignana del trend del Toy Boy).
Voglio dire, non erano dei matusa.
Mia
madre oggi ha 60 anni. E io ne ho 30. E ogni volta che c’è un infante nei
paraggi, i suoi occhi si illuminano. Emette voci strane. Sorride. Io la guardo
e penso che è in età nipotabile. Che sarebbe una gioia enorme per lei, se le
"regalassi" un nipotino. Che poi "mocca al regalo", si direbbe
dalle mie parti. Un kobo è un regalo, non un altro essere umano. Comunque, con
le femmine
proprio diventa scema, più che con i maschi. Non oso immaginare se
le arrivasse una nipote femmina.
Se
le arrivasse...
Da
chi? Amazon Prime non consegna nipoti femmine, per mia info. Da me, dunque.
Sono la sua unica figlia, io, del resto.
Merda,
penso. Siamo messi male. C'hai ragione tu, Beatrì. Potevi farlo un meme con i
nonni, con su scritto "Fai felici i tuoi genitori! A Natale regala un
nipote!"
Il
fatto però, Beatrì, è che io, a differenza di quando mia madre aveva la mia
età, non ho un marito e neppure un compagno
con cui procreare il mio erede. Non ho uno stipendio fisso. Vivo praticamente
in un garage (in milanese: loft). Non so nemmeno se ce la farei, fisicamente, a
sostenere una gravidanza. Sì, insomma, se sono fertility abbastanza, mi
capisci. Ma il tema non sono io, che ho scoperto i fibromi all’utero da quando
avevo 27 anni. Né le mie amiche, che hanno l'endometriosi già da 5 anni, o le
altre, che i figli li hanno persi. E neppure tutte le persone che questa
campagna l’hanno giustamente trovata offensiva e vergognosa. Il tema è che
sollevare l’argomento nel modo in cui l’avete sollevato è come fare educazione
sessuale nelle scuole dicendo “scopate”.
Cioè:
graziarcazzo.
Il
punto è come? Quando? Perché? In che modo tutelate la riproduzione cosciente e
responsabile? In che senso cosciente? In che senso
“genitori giovani”? Cioè, io, che ho 30 anni e mi sento in mezzo tra i 20enni
(che, siamo tutti d’accordo, sono giovani) e i 40enni (che sarebbero i “vecchi”
suppongo), ecco io dove mi colloco? Dimmelo Beatrì. Quella tizia insopportabile
che mi punta con una clessidra gigante in mano, sta parlando a me o a quelle
che figliano a 46 anni? Aiutami Beatrì, che mi sono agitata.
Mia
madre è in età nipotabile. Mio padre pure ma lo occulta meglio. Io ho 30 anni e
non so se avrò mai dei figli. A volte sospetto di no. E sospettarlo mi
dispiace. Ogni volta che mi viene il sospetto, la mia amica Janis mi
rimprovera. Mi dice che non è vero, che ci fanno sentire da buttare via, che
abbiamo 30 anni, non 50.
Vedi,
Beatrì. Una parte di me vorrebbe pure, in linea teorica. È
che non ci sono le condizioni. Nel mio caso non ci sono totalmente, nel senso
che non ho nemmeno un compagno pluriennale con cui affrontare la godibile
questione, probabilmente perché non ho posto la riproduzione come il mio primo
obiettivo esistenziale, (sbagliando magari, considerato che così il mio
patrimonio genetico andrà perduto, me ne rendo conto, ma che vuoi farci, così
che è andata la mia vita fino ad ora, e per me ha senso
così com'è andata, e lo avrà
comunque andrà).
In molti altri casi però,
diversi dal mio, i compagni pluriennali ci sono. A volte c’è anche la volontà. Ciò che manca sono le condizioni.
Ecco,
dopo aver attirato così prepotentemente la nostra attenzione sulla fertility,
ci dici come pensate di migliorare le “condizioni”? Perché le condizioni hanno
il potere di condizionare le scelte. A volte anche quelle esistenziali e
fondamentali. Questo tema non è da trattare con della becera propaganda, l'hai
capito no? Questo tema è da trattare con un dibattito serio su cosa si può fare
per i giovani, e per le donne, e per le coppie, e per i figli. Sia chiaro: non
è che noi ci preoccupiamo delle frocerie borghesi. È che per fare un figlio vorremmo per lo
meno offrirgli un paio di genitori, un tetto sulla testa, pasti
sicuri, la possibilità di essere curato ed educato, cresciuto e amato. E
allora, forse, Beatrì, tutto questo polverone che hai sollevato, l'hai sollevato
perché in questa campagna non c'è cervello, né cuore e neppure utero. Niente, a
parte l'insulto, generazionale e anche di genere.
Sorry,
non c'è rispetto e se parli senza rispetto difficile tu venga ascoltato,
anche nel caso in cui tu dica cosa giuste (nel caso in cui). Rispetto per chi
si è visto rubare anni e anni di vita, lavorando a bassissimo costo e in una
cronica precarietà lavorativa, quindi esistenziale, quindi relazionale, che per
i primi anni è stata paralizzante, per noi; rispetto per chi ha studiato
pensando di trovare una condizione lavorativa dignitosa e non l’ha trovata; per
chi il lavoro l’ha perso; per chi il lavoro ancora non l’ha trovato; per chi se
l’è inventato, onore a lui, ma magari non ha ancora la sicurezza di campare se
stesso, figurarsi un altro essere umano; per chi lavora come un ciuccio e non
mette insieme il necessario; per chi è emigrato pur di lavorare e un po’ di
energie tra i 20 e i 30 ha dovuto spenderle lì, capisci, adattandosi a un paese
straniero. Rispetto per chi ha problemi di salute e non riesce a compiere il
suo dovere riproduttivo per la Patria; per chi non è riuscito ad avere una
relazione abbastanza lunga e abbastanza sana da mettere in cantiere un figlio;
per chi un figlio lo vuole e anche per chi non lo vuole.
Adesso
dici che devi riformulare la campagna. Brava. Riformula tu. Successivamente, se
ti avanza tempo e un po’ di budget, fai n'altra campagna (magari con degli
altri creativi) e ricorda altro, specialmente alle donne.
Ricorda
loro che si può contribuire alla società in molti modi, non solo procreando.
Ricorda
loro che possiamo leggere, studiare, viaggiare, guidare la macchina, votare,
vestirci come ci pare, andare, tornare, eccellere, fallire, guadagnare,
crescere. Che siamo persone, insomma, con un vissuto, un percorso, delle
priorità, delle ambizioni, delle difficoltà e delle potenzialità. Che se non ci
riproduciamo la nostra vita non è priva di utilità. E che non siamo donne di
serie B.
Ricorda
che siamo persone innanzitutto. Non apparati riproduttivi da fecondare in tempo
utile. Che nessuno, tanto meno il nostro paese, ci considera tali. Ci farebbe
piacere sentircelo dire. Nel modo giusto.
Molte
grazie,
V.
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