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di Michele Arnese
Chi aveva sperato nella spersonalizzazione
del referendum costituzionale da parte del premier Matteo Renzi, sarà rimasto
deluso dalle ultime esternazioni e dagli ultimi atti del presidente del
Consiglio.
Alla festa per i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo,
la società che doveva costruire il Ponte sullo Stretto di Messina, Renzi
ha berlusconianamente evocato la necessità dell’opera pubblica, per decenni
sbertucciata da tutte le sinistre possibili.
I renziani doc diranno che nulla di
veramente nuovo ha detto il premier, visto che lo stesso Renzi di recente aveva
sposato la causa del Ponte, facendo gongolare chi all’interno della maggioranza
di governo, come Area Popolare, da sempre appoggia la costruzione
dell’infrastruttura.
Ma gli anti renziani fanno notare come
Renzi abbia condito la frase odierna con stime da 100mila nuovi posti di lavoro
in Calabria e Sicilia grazie alla realizzazione del Ponte: ossia un mezzo
propagandistico – secondo i critici – per raccogliere consensi verso il governo
e corroborare indirettamente i sì al referendum costituzionale del 4 dicembre.
La sensazione di una berlusconata è
suffragata anche da un altro annuncio governativo: quello secondo cui il G7 a
presidenza italiana nel 2017 si terrà a Bari. Dov’è la berlusconata? Gli anti
renziani in servizio permanente effettivo fanno notare che secondo gli studi di
Jim Messina, il guru Usa ingaggiato dal Pd per vincere la consultazione
referendaria, i no prevarrebbero in particolare al Sud, in regione come la
Calabria, la Sicilia e la Puglia.
Quindi i Ponti e i G7 rientrerebbero anche
nella strategia renziana di convogliare consensi pro governo e pro premier.
D’altronde Renzi ha deciso di aprire la campagna per il Sì proprio a Firenze,
nell’anniversario della sua discesa in campo per le primarie come sindaco.
Altro che spersonalizzazione…
Ma perché stracciarsi le vesti come anni fa
si faceva per annunci e sparate mediatiche di Silvio Berlusconi?
Ad analizzare e commentare in maniera
azzeccata il nesso tra passioni da suscitare, leadership e referendum è stato
un non commentatore politico.
Ecco alcuni suoi concetti significativi:
Da
più parti, in entrambi gli schieramenti, arrivano appelli autorevoli rivolti ad
evitare ogni personalizzazione e a entrare nel merito del quesito, spiegando i
vantaggi e gli svantaggi delle nuove norme costituzionali. A tale scopo sono
state arruolate torme di costituzionalisti e scienziati politici che stanno
firmando appelli e tentano di spiegarci il senso della riforma e le sue conseguenze,
positive o negative, sull’impianto politico-costituzionale del Paese.
Purtroppo
o per fortuna gli esempi che la storia dei referendum, anche recente, ci
mostra, vanno in una direzione esattamente opposta rispetto agli auspici e alle
speranze dei “pompieri” delle due parti.
Ogni
tema referendario è stato da sempre combattuto per conquistare non solo la
mente, ma soprattutto il cuore dell’opinione pubblica. Lo abbiamo visto con il
referendum inglese ma lo abbiamo verificato in Italia con altri referendum del
passato, dal divorzio all’aborto ai referendum sul nucleare.
Toccare
il cuore significa comunicare non solo e non tanto l’interesse, i numeri, i
bilanci, sventolando le opinioni tecniche o giuridiche, quanto solleticare e
coinvolgere il sistema di credenze dell’elettore, puntando più sui benefici,
veri o presunti, della scelta. Più sulle conseguenze effettive positive o
negative che avranno un effetto specifico sulla vita di tutti i giorni delle
persone. Più sull’identità che solo sulla razionalità precisa ma fredda dei
numeri e delle opinioni tecnico giuridiche.
Quanto
alla personalizzazione del voto, stiamo parlando della tecnica di comunicazione
più efficiente ed efficace per mobilitare, da una parte e dall’altra, gli
opposti fronti. l di là delle parole e delle promesse, difficilmente le
due parti rinunceranno a questo strumento, anzi il tono del dibattito e la
spinta di comunicazione saranno destinate a crescere di intensità.
Volete sapere chi lo ha scritto? Scopritelo
qui.
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