da: http://www.greenme.it/informarsi
Perché
il referendum? Un emendamento alla legge di Stabilità
2016, che modifica il decreto legislativo 152/2006, di fatto
ha vietato tutte le nuove attività entro le 12 miglia marine. Fin qui tutto
bene. Il provvedimento però ha mantenuto i titoli già rilasciati prevedendo che
essi possano rimanere vigenti “fino a vita utile del giacimento”. Quest'ultimo
caso è quello chiamato in causa dal referendum, per il quale siamo chiamati a
esprimerci il 17 aprile prossimo.
La legge in materia prevedeva che le
concessioni di coltivazione avessero una durata trentennale (prorogabile attraverso
apposita richiesta per periodi di ulteriori 5 o 10 anni) e i permessi di
ricerca una durata di 6 anni (con massimo due proroghe consentite di 3 anni
ciascuna). La modifica introdotta con la legge di Stabilità prevede invece che
i titoli già rilasciati entro le 12 miglia dalla costa non abbiano più scadenza.
Quali e quante sono quindi le concessioni
già rilasciate “entro le 12 miglia” ? A fare chiarezza è stata
Legambiente, secondo cui in tutto sono 35. Tre di queste sono inattive, una è
in sospeso fino alla fine del 2016 (la discussa Ombrina Mare),
cinque erano non produttive nel 2015. Le altre 26 concessioni, tutte
produttive, sono distribuite tra il mare Adriatico, il mar Ionio e il canale di
Sicilia, per un totale di 79 piattaforme e 463 pozzi.
Queste
piattaforme sono tutte soggette a referendum. Secondo i dati
forniti da Legambiente, oggi esse producono il 27% del totale del gas e il 9%
del greggio estratti in Italia (il petrolio viene estratto nell’ambito di 4
concessioni dislocate tra Adriatico centrale - di fronte a Marche e Abruzzo - e
nel Canale di Sicilia). Nel 2015, la produzione è stata di 542.881 tonnellate
di petrolio e 1,84 miliardi di Smc (Standar metri cubi) di gas.
I consumi di petrolio in Italia nel 2014
sono stati di circa 57,3 milioni di tep (ovvero milioni di tonnellate). Quindi
l’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 miglia è
stata di meno dell’1% rispetto al fabbisogno nazionale (0,95%).
Per il gas, invece, i consumi nel 2014 sono
stati di 50,7 milioni di tep corrispondenti a 62 miliardi di Smc; l’incidenza
della produzione di gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata pari al 3%
del fabbisogno nazionale.
Non è tutto. Del referendum fanno parte
anche i permessi di ricerca presenti nell’area entro le 12 miglia. In tutto
sono 9 e comprendono un'area di 2.488 kmq. Quattro si trovano nell'alto
Adriatico (3 sono attualmente sospesi in attesa di apposito decreto VIA che
certifichi la non sussistenza di rischi apprezzabili di subsidenza; 1 risulta
attivo con scadenza nel 2018); altri 2 si trovano di fronte alle coste
abruzzesi e sono momentaneamente sospesi; un permesso di ricerca si trova in
Sicilia, tra Pachino e Pozzallo, ed è attualmente sospeso. Un altro permesso
ricade di fronte la costa di Sibari, in Calabria, e la data di scadenza è nel
2020; l’ultimo permesso ricade a largo dell’isola di Pantelleria ed è sospeso
per problemi tecnici.
Per Rossella Muroni, presidente di
Legambiente, “è importante ricordare che mettere
una scadenza alle concessioni date a società private, che svolgono la loro
attività sfruttando beni appartenenti allo Stato, non è una fissazione delle
associazioni ambientaliste o dei comitati, ma è una regola comunitaria. Non
si capisce perché in questo caso, le compagnie petrolifere debbano godere di
una normativa davvero speciale, che non vale per nessun’altra concessione,
togliendo ogni scadenza temporale e lasciando la possibilità di appropriarsi di
una risorsa pubblica a tempo indeterminato. E ci preoccupa molto - aggiunge la
presidente di Legambiente - che il
governo, invece di spiegare come intende portare l’Italia fuori dall’era dei
fossili, in linea con gli impegni presi
a Parigi alla Cop21, mandi segnali contrari quali togliere la scadenza alle
attività estrattive in mare entro le 12 miglia”.
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