da: http://www.huffingtonpost.it/
Banche,
Renzi e Padoan chiamano i banchieri a Palazzo Chigi per aprire l'ombrello
protettivo. Tutti i titoli giù in Borsa
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi,
li ha voluti tutti insieme stamattina a palazzo Chigi: la Banca d’Italia, le
tre banche più grandi, le Fondazioni e la Cassa depositi e prestiti. Tutti
intorno allo stesso tavolo perché, spiegano fonti finanziarie, al di là della
panoramica sull’andamento del sistema bancario, che oggi ha vissuto un’altra
giornata di passione in Borsa, questo incontro doveva servire - e così è stato
- a delineare “interventi congiunti”. Obiettivo: tutelare gli istituti che attraversano momenti delicati, come le venete
Popolare di Vicenza e Veneto banca, e affrontare un nodo che si stringe
sempre di più, quello dei crediti
deteriorati, alla luce delle indiscrezioni che giungono da Francoforte,
dove la Bce sarebbe pronta a chiedere alle banche italiane tempi certi
per lo smaltimento delle sofferenze. Modalità: una rete di protezione che
coinvolge le banche e la Cdp.
Temi, quelli di cui oggi hanno discusso i
vertici di Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi con Renzi, con il ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e con gli altri
partecipanti, accomunati da
un filo conduttore: la stabilità delle banche in un mercato che non fa sconti.
La preoccupazione a palazzo Chigi, spiegano le stesse fonti, si è palesata
ancora una volta proprio quando il vertice era in corso a metà mattinata: da
piazza Affari, infatti, arrivavano notizie disastrose, a iniziare dall’ennesimo
crollo di Mps, che toccava il suo minimo storico a 0,455 euro. Un crollo che ha
riguardato tutte le banche italiane, comprese Intesa e UniCredit, e che ha
convinto il Governo ad accelerare sul pressing nei confronti degli istituti per
arrivare a soluzioni concrete nel più breve tempo possibile.
L’ombrello
protettivo di cui si è discusso, secondo quanto spiegano alcune
fonti bancarie, riguarderebbe inizialmente la Popolare di Vicenza, che esattamente un mese fa ha dato il via
libera alla trasformazione in Spa, ma anche all’aumento di capitale e alla
quotazione in Borsa. L’ex popolare deve gestire una ricapitalizzazione da 1,75
miliardi di euro: un passaggio strategico che non può permettersi di registrare
passi falsi. Chi ha la garanzia sull’aumento è UniCredit, che guarda
all’operazione non senza una certa preoccupazione proprio alla luce del momento
difficile che sta attraversando l’intero sistema bancario dall’inizio
dell’anno. In questo contesto potrebbe trovare spazio un intervento della Cdp
che avrebbe un doppio obiettivo: da una parte sostenere UniCredit in questo
sforzo e dall’altra rassicurare i mercati e l’Europa sul buon esito
dell’operazione attraverso la garanzia messa in campo. Una garanzia di sistema
che potrebbe essere applicata anche a Veneto Banca: un istituto che coinvolge
Intesa, capofila del consorzio che si è impegnato a sottoscrivere l’aumento di
capitale da 1 miliardo di euro entro l’estate. Un ruolo, quello della Cdp, che
tuttavia deve essere valutato con attenzione, viene spiegato, perché la stessa
Cassa e il Governo devono delineare un eventuale intervento in linea con le
regole europee per scongiurare che Bruxelles blocchi tutto qualora annusi
l’odore degli aiuti di Stato.
L’altro grande capitolo al centro del
vertice a palazzo Chigi è stato quello dei crediti deteriorati in pancia alle
banche. La Banca centrale europea sarebbe pronta alla linea dura, cioè a
chiedere ad alcune banche italiane di fissare scadenze precise per lo
smaltimento della ‘spazzatura’. Un’accelerazione che porterebbe gli istituti
alla necessità di dover iscrivere perdite a bilancio, aggravando una situazione
già precaria. Renzi e Padoan, secondo quanto si apprende, avrebbero chiesto
delucidazioni alle tre grandi banche sui loro piani e soprattutto sui tempi,
per capire come e quando si vuole abbattere la montagna delle sofferenze. Un
tema, questo, che riguarda innanzitutto Monte dei Paschi di Siena, a oggi
ancora senza una soluzione concreta all’orizzonte in grado di risollevarla
dalla sua crisi cronica. Ubi, che inizialmente fa era in pole per la fusione
con Rocca Salimbeni, ha cambiato idea da tempo e oggi ha ribadito la sua linea:
nessun interesse a legare i propri destini con quelli di Siena.
Il vertice tra banchieri, affini e Governo
ha provato a districarsi in una tempesta che oggi si è abbattuta con veemenza a
piazza Affari. Banco Popolare ha perso l’8% e Bpm il 6,5%, segno che il recente
matrimonio non ha convinto i mercati fino in fondo. Caporetto anche per Ubi
(-5,9%), Intesa (-4,3%) e Mps (-3,8%). Ora che la Vigilanza di Francoforte
rischia di mettere le banche italiane di fronte a un redde rationem la paura
cresce e i mercati sono i primi ad avvertire che i compiti a casa sono
tutt’altro che finiti.
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