da: https://www.tag43.it/ - di Stefano Iannaccone
Il ministro del Lavoro Orlando: tanti annunci e pochi fatti
A più di un anno dal suo insediamento, il bilancio da ministro del dem è pieno di buone intenzioni e annunci ma povero di provvedimenti. Dal Reddito di cittadinanza al salario minimo, dalle pensioni alla sicurezza sul lavoro i nodi che restano da sciogliere.
A più di un anno dal suo insediamento, il bilancio da ministro di Andrea Orlando è ricco di buone intenzioni e numerose dichiarazioni, condite dalla costituzione di commissioni e tavoli. Tanta attenzione al confronto, legittimo e necessario, ma di atti concreti ce ne sono pochi, soprattutto sui capitoli più importanti, come il salario minimo e il contrasto alla precarietà. Per non parlare del totem delle pensioni che sta tornando ad animare il dibattito nella maggioranza, e del nodo rappresentato dal Reddito di cittadinanza, mai sciolto, tra fuochi incrociati di chi ne chiede l’abolizione e chi vorrebbe migliorare lo strumento. Insomma, l’esponente del Partito democratico, che si vocifera ambisca a insidiare prima o poi la leadership di Enrico Letta, non ha propriamente brillato di luce propria. «Più attento agli equilibrismi che alle soluzioni», sussurra una fonte interna ai dem.
La chimera del salario minimo
Il primo punto sul tavolo è il salario minimo, argomento sensibile che riguarda anche l’alleanza con il Movimento 5 stelle: Giuseppe Conte continua a insistere sulla necessità di approvare la riforma, cavallo di battaglia pentastellato. Orlando, a parole, segue
quell’orientamento: ha assunto l’impegno di far approvare la legge «entro la legislatura». Nei fatti, tuttavia, non si scorge molto. Il primo passo concreto che ha compiuto è quello di riprendere la prima parte della proposta formulata da chi l’ha preceduto al ministero, proprio la 5 stelle Nunzia Catalfo, che aveva spinto per l’istituzione del salario minimo. Al di là del copyright sulla legge, l’iniziativa risulta bloccata allo stadio consultivo. Il testo introdurrebbe il principio che, al netto degli accordi sindacali per ogni singolo comparto, ci debba essere un minimo di paga oraria. Un modello che in tanti altri Paesi europei è già vigente. L’intento di Orlando è molto, forse troppo, ambizioso: mettere d’accordo Confindustria e sindacati. Una missione improba all’atto pratico. Per Carlo Bonomi il salario minimo non serve, mentre il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, ha scandito il suo no al «salario minimo di Stato» nel timore che questo possa danneggiare i lavoratori con una diminuzione della paga. Così in questo rimpallo, la legge resta una chimera.La lotta alla precarietà è ancora precaria
Non va meglio sul fronte della precarietà, altra grande battaglia che Orlando ha voluto intestarsi. I dati più recenti sulla ripresa dell’occupazione sono caratterizzati dal boom di contratti a tempo: otto su 10 sono a breve scadenza. Prende consistenza, dunque, il rischio che la risalita si riveli una bolla. A maggior ragione quando si avvertirà l’onda lunga della guerra in Ucraina. Sul punto Orlando non tradisce la strategia attendista: cerca l’accordo con le parti sociali per una riforma organica dei contratti. Intanto ha fissato un paletto: «Non è possibile importare modello spagnolo in Italia». Dalle nostre parti, insomma, non ci sarà l’intervento compiuto dal governo di Madrid che, pochi mesi dopo l’entrata in vigore, ha incrementato i rapporti di lavoro stabili: ad aprile sono stati 700 mila i contratti a tempo indeterminato sottoscritti. In Italia si attende una formula tricolore.
Il nodo della sicurezza sul lavoro e la riforma delle pensioni
Altro capitolo caldo è la sicurezza sul lavoro. Lo stillicidio di vittime non è risolvibile con un colpo di magia, né è oggettivamente ascrivibile solo al ministro in carica. Eppure su questo fronte non mancano le polemiche: Orlando ha provveduto a potenziare l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) con centinaia di assunzioni, avviando un bando per altri 1.121 posti. Tuttavia, chi conosce la questione fa notare che persiste un problema sul fronte dell’Inps, e in parte anche dell’Inail: entrambi gli istituti hanno funzioni centrali per garantire la sicurezza ma non hanno ricevuto rinforzi adeguati. Per la serie: qualcosa si muove, ma ancora troppo poco. Nel frattempo si sta surriscaldando l’eterna questione della riforma previdenziale. Il ministro è chiamato a varare una nuova legge, anche per contenere il pressing della Lega. «C’è un tavolo che è stato avviato tra le parti sociali. Abbiamo già individuato alcuni primi interventi che sono stati recepiti dalla Legge di Bilancio in via transitoria. Credo che quella sia la strada che va ripresa», ha affermato Orlando nei giorni scorsi, parlando per auspici e non decisioni già prese. Tavoli, confronti lunghi, rinvii: nulla di nuovo rispetto alla linea assunta sugli altri dossier.
La croce del Reddito di Cittadinanza
Nel
lungo elenco non può mancare la croce del Reddito di cittadinanza che Orlando
porta sulle spalle. Sul tema aveva addirittura istituito la commissione
presieduta dalla docente Chiara Saraceno. L’obiettivo era una revisione dello
strumento introdotto dal governo gialloverde sotto l’impulso del Movimento. Ma
le proposte avanzate da quell’organismo sono state puntualmente ignorate.
Compresa quella rivolta agli extracomunitari, che prevedeva di abbassare da 10
a 5 gli anni di residenza in Italia come requisito per chiedere il Rdc. La
risposta fu tranciante: il ministero avrebbe preferito una procedura infrazione
europea invece di ritoccare quella parte della legge. Almeno su qualcosa la
presa di posizione è stata netta.
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