da: Corriere della Sera
Secondo una teoria non priva di fascino,
tendiamo a detestare quelle persone che ci restituiscono l'immagine dei nostri
difetti come in uno specchio. D'Alema che accusa Renzi di arroganza è un caso
di scuola insuperabile. Ma gli investigatori della psiche umana potrebbero
dedicarsi con analogo profitto all'esame di quella di Matteo Salvini. L'impresa
non richiederebbe loro neanche troppo tempo. Ieri, nel suo quarto d'ora d'odio
quotidiano, la Le Pen barbuta se l'è presa con il truccatore italiano che aveva
appena vinto l'Oscar, Alessandro Bertolazzi, colpevole di avere dedicato il
premio agli immigrati. «Ipocrisia al potere! Facile fare i buonisti col
portafoglio pieno», è stato il suo arguto commento. Ora, lo spirito del tempo
impone di attaccare chiunque abbia successo, poiché per il fatto stesso di
averlo è un privilegiato in combutta con l'establishment della grammatica. Se
però volessimo dare retta alla teoria dello specchio, scopriremmo che Salvini
non intendeva criticare il premio Oscar, ma se stesso. Rifletteteci un attimo.
Nessuno può mettere in dubbio che Salvini sia
un privilegiato. Uno che non ha
mai lavorato un minuto in vita sua e viene pagato dai contribuenti per non
combinare nulla, dato che al Parlamento europeo non si fa vedere quasi mai, forse
per timidezza, e trascorre le giornate a scagliarsi contro quella stessa Europa
che gli passa un generosissimo stipendio. Il classico esempio di ipocrisia al
potere, direbbe Salvini di Salvini. Facile fare i razzisti col portafoglio
pieno.
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