Pensioni,
ecco le cinque strade per le «uscite flessibili» (riducendosi l'assegno)
Nella
legge di stabilità per il 2016 le soluzioni per consentire il ritiro
anticipato: ecco le ipotesi sul tavolo del Governo tra ricalcoli, quote e
penalizzazioni
di Matteo
Prioschi e Fabio Venanzi
1. Pensione «flessibile» /
L’anticipo con taglio
Assegno a 62 anni
alleggerito per sempre
La soluzione è rivolta ai lavoratori di
tutti i comparti (pubblico, privato, autonomo), uomini e donne, e individua i
66 anni di età e i 35 di contribuzione quale punto di riferimento. Rispettando
il minimo contributivo, però, è possibile variare l'età del pensionamento a
patto che l'importo dell'assegno sia pari almeno a 1,5 volte l'importo di
quello sociale.
In base alla normativa attuale, per
accedere alla pensione di vecchiaia sono necessari almeno 20 anni di contributi
e un'età che per gli uomini è di 66 anni e 3 mesi, mentre per le donne oscilla
tra i 66 anni e 3 mesi delle dipendenti del pubblico impiego e i 63 anni e nove
mesi per chi lavora nel privato.
In base al progetto di legge 857, se ci si
ritira dal lavoro prima dei 66 anni, l'importo del trattamento subisce un
taglio di due punti percentuali per ogni anno di anticipo, arrivando a un
massimo dell'8 per cento. Il taglio si riduce se si possono vantare oltre 35
anni di contributi. Per esempio chi ne ha 38 e va in pensione a 62 anni subisce
una decurtazione del 6,9%, mentre con 40 la limatura scende al 3 per cento.
Viceversa, se si resta al lavoro oltre l'età di riferimento, si matura un assegno più consistente del 2% per ogni anno di età, fino a un +8% a 70 anni. In questo caso avere più di 35 anni di contributi non incide sul “premio”. Va rilevato, peraltro, che la normativa attuale non consente ai dipendenti pubblici di rimanere al lavoro raggiunti i requisiti.
In alternativa, sempre secondo il progetto di legge 857, chi ha almeno 41 anni di contributi può andare in pensione a prescindere dall'età anagrafica. Attualmente la pensione anticipata indipendentemente dall'età richiede 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne. Inoltre, fino al 2014, chi vi accedeva prima dei 62 anni subiva una penalizzazione economica sulla quota di trattamento relativa all'anzianità contributiva ante 2012 pari all'1% per ognuno dei primi due anni di anticipo e del 2% per ogni ulteriore anno.
Viceversa, se si resta al lavoro oltre l'età di riferimento, si matura un assegno più consistente del 2% per ogni anno di età, fino a un +8% a 70 anni. In questo caso avere più di 35 anni di contributi non incide sul “premio”. Va rilevato, peraltro, che la normativa attuale non consente ai dipendenti pubblici di rimanere al lavoro raggiunti i requisiti.
In alternativa, sempre secondo il progetto di legge 857, chi ha almeno 41 anni di contributi può andare in pensione a prescindere dall'età anagrafica. Attualmente la pensione anticipata indipendentemente dall'età richiede 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne. Inoltre, fino al 2014, chi vi accedeva prima dei 62 anni subiva una penalizzazione economica sulla quota di trattamento relativa all'anzianità contributiva ante 2012 pari all'1% per ognuno dei primi due anni di anticipo e del 2% per ogni ulteriore anno.
Questa ipotesi di flessibilità in uscita
raccoglie consensi trasversali in commissione Lavoro alla Camera. Presentata da
esponenti del Pd, viene valutata positivamente da Forza Italia e anche la Lega
potrebbe sostenerla. Tuttavia non è detto che sia la soluzione a cui sta
pensando il governo, almeno per quanto riguarda la portata della penalizzazione
per chi anticipa. Durante la sua audizione presso la commissione, il 3 giugno,
il ministro del Lavoro Giuliano Poletti non ha dato riscontro al deputato
Walter Rizzetto che ha chiesto se i 66 anni di età e il taglio dell'8% sono
ritenuti sostenibili o se si stanno ipotizzando penalizzazioni più consistenti.
Inoltre c'è il nodo costi, che nel progetto di legge non è toccato ma che, come
ha affermato Cesare Damiano nei giorni scorsi «sono impegnativi».
Sconto
di cinque anni
Secondo le regole attuali, un lavoratore
può accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni di età e almeno 20 di
contributi. Una persona nata nel 1953 quest'anno non ha quindi il requisito
anagrafico, essendo sessantaduenne e per maturare il minimo dovrebbe attendere
fino al 2020. Però, se può vantare 35 anni di contributi potrebbe beneficiare
della nuova modalità di anticipo, a fronte di un taglio dell'importo
dell'assegno pari all'8 per cento.
Ipotizzando un trattamento mensile “pieno”
di 1.500 euro lordi, la decurtazione sarebbe di 120 euro. Tenuto conto,
inoltre, che è probabile che abbia iniziato a lavorare prima dei 27 anni, gli
anni di contribuzione potrebbero essere 37 o 40, limitando ulteriormente la
penalizzazione economica. In alternativa può attendere un paio di anni e
contare così su 64 anni di età e almeno 37 di contributi, che determinano un
taglio del 3,3 per cento.
Il
numero chiave: 66 anni
L’età di riferimento sotto la quale
scattano le penalizzazioni.
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