da: Il Fatto Quotidiano
Ogni tanto è bene attivare il Tom Tom per
capire dove siamo. Dunque, ricapitoliamo.
1) Il Pd di Renzi è ricattabile dalla gang
di Roma Capitale, attualmente al gabbio, che può dire qualunque cosa (anche
inventata) per spiegare perché Buzzi lo foraggiasse a livello sia locale
(pagava gli stipendi ai funzionari su richiesta del tesoriere capitolino) sia
nazionale (sedeva alla cena di finanziamento di Roma Eur del 7 novembre, dove
staccò un assegno da 15 mila euro per il Pd e un altro da 5mila euro per la
Leopolda, perché “a me me piace Renzi, che cazzo vuoi eh? Tu devi di’, alla
Renzi, ‘siamo diventati tutti renziani’…”, nel senso che il malaffare è
governativo a prescindere). Il fatto che da sette mesi Renzi e i suoi tacciano
su quei soldi e si guardino bene dal restituirli, li mette ancor più nelle mani
di Buzzi&C.
2) Renzi è ricattabile politicamente dal
sindaco Marino, la cui giunta – scopriamo ora – era teleguidata via sms dal
solito Buzzi. Il premier si libererebbe volentieri di lui, se non sapesse che
azzerare la giunta, o peggio ancora scioglierla per mafia, avrebbe due
conseguenze per lui nefaste: marchierebbe vieppiù d’infamia la Capitale alla
vigilia del Giubileo e
dell’assegnazione delle Olimpiadi 2024; e i romani, alle
urne anzitempo per l’ennesimo scandalo, potrebbero punire severamente i partiti
e scegliere un’alternativa radicale a 5Stelle.
3)
Renzi ha in pugno l’Ncd (che sopravvive solo grazie alle
poltrone che riesce a conservare), e in qualunque momento può decretarne
l’estinzione facendo votare per l’arresto del presidente della commissione
Bilancio Antonio Azzollini o cacciando il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe
Castiglione. Ma non può farlo per una ragione molto semplice.
4)
Renzi è ricattato dall’Ncd che, sebbene estinto nelle urne e nei
sondaggi (veleggia addirittura sotto la soglia di sopravvivenza del 3% tagliata
a sua misura nell’Italicum), ha 28 senatori che tengono in piedi il governo a
Palazzo Madama. Con una complicazione: Ncd non è un partito, ma un accrocco di
potentati locali, ciascuno con il suo ras che risponde solo a se stesso e ai
propri interessi, solitamente poco profumati. Odevaine, che li conosce bene, ne
descrive un gruppetto targato Cl a due compari: “Sono talmente paranoici che ti
danno appuntamento sempre in mezzo alla strada”. E l’altro: “Paura di
attentati…”. Lui: “Ma che attentati: microspie! L’altro giorno sono arrivati
separatamente… Io sono arrivato a Piazza Barberini, mi han fermato i
Carabinieri. Sono arrivato e stavo coi Carabinieri”. Il terzo: “Hanno sudato
freddo?”. Lui: “Scappavano ognuno da una parte della piazza, ah ah!”. Prendiamo
Castiglione, quello dell’affare da 200 milioni del Cara di Mineo. Nessuno osa
toccarlo perché sta a Ncd come la kriptonite a Superman: senza i suoi pacchetti
di voti in Sicilia, non esisterebbe Alfano né Ncd (“Sul Cara di Mineo cade il
governo”, dice Buzzi che la sa lunga). Idem Azzollini, che da 15 anni presidia
la commissione Bilancio dispensando favori in cambio di almeno altrettanti: a
dicembre il Pd dovette salvarlo dalle sue stesse intercettazioni sul porto di
Molfetta; ora chiede di essere salvato dall’arresto per associazione a delinquere
e bancarotta; e minaccia, in caso contrario, di vendicarsi sulla riforma della
scuola che tiene bloccata in commissione. Cioè di non “pisciare in bocca” solo
alle suore.
5)
Alfano può ricattare il Pd perché, come ministro dell’Interno,
spetta a lui decidere di proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento per
mafia del Comune di Roma, con le conseguenze appena illustrate. Non solo:
Alfano è pure l’arbitro del caso De Luca, visto che il decreto di sospensione
del neogovernatore ineleggibile deve portare la firma del prefetto di Salerno e
del ministro dell’Interno per conto del premier. Se Alfano e il prefetto
seguissero la via maestra da sempre adottata per gli altri amministratori
condannati, e cioè la sospensione subito dopo la proclamazione, Renzi non
potrebbe consentire a De Luca di insediarsi in tempo per nominare un
vicepresidente che governi al posto suo, dunque la Campania tornerebbe alle
urne con le stesse conseguenze paventate a Roma.
6)
De Luca ricatta Renzi fin da quando gli ha imposto la sua
autocandidatura in Campania, continua a ripetere che i suoi nemici ce l’hanno
col premier, intanto si permette di insultare la Bindi (“infame ed eversiva”) e
Saviano (“S’inventa la camorra dove non c’è per non restare disoccupato”) nella
certezza che nessuno, né Renzi né altri, oserà contraddirlo.
7)
Siccome Ncd minaccia di lasciare la maggioranza, Renzi è ricattabile anche da Verdini e
dalla sua Armata Brancaleone, che si apprestano a uscire da Forza Italia
per salvare il governo. Cioè per mettersi all’asta al migliore offerente che,
al momento, è Matteo, vecchio amico di Denis. Dei cosiddetti “neoresponsabili”
fanno parte, oltre a Verdini (5 processi in corso), il consentiniano D’Anna,
l’ineffabile Razzi, gli indagati Barani (peculato e truffa), Conti
(finanziamento illecito), Angelucci (associazione per delinquere, truffa e
falso), Cesaro (detto Giggino ‘a Purpetta, camorra) e altre preclare figure.
Roba da far rimpiangere l’Ncd, che a sua volta fa rimpiangere FI, che a sua
volta potrebbe rientrare in partita per un Nazareno-bis e salvare il governo
nel caso in cui, al posto delle brutte copie, Renzi preferisca l’originale. Nel
qual caso, il prezzo da pagare sarebbe ancora più alto del tariffario medio di
alfanidi e verdiniani. Comunque vada, nel giro di un anno e mezzo, il premier
che di suo sarebbe il meno ricattabile della storia recente si è messo nelle
condizioni di farsi ricattare da cani e porci, anche dal primo che piscia. Un
genio.
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