da: Il Fatto Quotidiano – di Nicola Borzi
L’esecutivo ripropone norme uguali a quelle varate nel 2015 dal governo targato Pd
Le leggi, si dice, sono come le salsicce: meglio non sapere come vengono fatte. A volte pure perché, specie se si ripropongono a distanza di anni. Un esempio? Era l’autunno del 2015: a Palazzo Chigi regnava il segretario del Pd Matteo Renzi, il ministero delle Finanze del governo di centrosinistra era retto da Pier Carlo Padoan. La legge di stabilità e bilancio 2016, ai commi 56-62, varava un enorme, quadruplice regalo – pagato dai contribuenti – ai proprietari di società immobiliari: il regime agevolato per le cessioni e le assegnazioni di beni ai soci. Avanzamento rapido: siamo nell’autunno 2022, a Palazzo Chigi siede il presidente Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ministro delle Finanze del governo di centrodestra è il leghista Giancarlo Giorgetti. La legge di bilancio 2023, all’articolo 25, cosa contiene? Facile, la fotocopia delle norme del 2016: lo stesso enorme regalo – pagato dai contribuenti, esattamente come sette anni fa – ai proprietari di società immobiliari sotto forma di regime agevolato per le cessioni e le assegnazioni di beni ai soci.
Senza scendere troppo nei tecnicismi, il governo Meloni vuole riproporre pari pari le regole introdotte dall’esecutivo Renzi per consentire ai soci di prendersi i patrimoni delle società con un fortissimo sconto fiscale. Immaginiamo che una famiglia più che benestante abbia conferito una quindicina di appartamenti in una società, sia essa in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni o in accomandita per azioni.
Entro il 30 settembre 2023, i soci potranno decidere di riprendersi gli immobili a titolo personale portandoli fuori dal patrimonio della società e suddividendoseli in base alle loro quote. L’operazione di per sé non ha alcunché di particolare, viene effettuata di routine: basta una assemblea societaria regolarmente convocata che la approvi a maggioranza.Ma dove sta dunque il regalo che la maggioranza di centrodestra intende riproporre sotto l’albero ai fortunati proprietari di società immobiliari? Semplice: l’espressione “assegnazione agevolata” è un eufemismo, una foglia di fico che cela la cuccagna di un quadruplice maxisconto fiscale. Il primo riguarda le imposte dirette: se questa assegnazione dei beni fosse condotta nel regime ordinario, il valore di mercato degli immobili ceduti, dedotto il costo fiscale, formerebbe una plusvalenza sulla quale la società dovrebbe pagare le normali imposte (Irpef e Irap, in caso di società di persone, Ires e Irap per le società di capitali) e gli azionisti di società di capitali dovrebbero pagare poi a titolo personale le imposte sui dividendi ottenuti. Con la riedizione 2022 delle norme del 2015, si pagherà invece un’unica imposta diretta sostitutiva dell’8% (10,5% per le società non operative in almeno due dei tre esercizi precedenti) e del 13% sulle riserve di bilancio annullate. Il secondo bonus arriva sulle imposte indirette: se l’assegnazione è assoggettata all’Iva la società non pagherà l’imposta di registro ma, solo in alcuni casi, quella ipotecaria e catastale super-ridotta a 200 euro per ogni bene assegnato ai soci; se non è assoggettata all’Iva, pagherà solo l’imposta di registro, però dimezzata rispetto a quella ordinaria.
Ma non è finita, anzi il bello deve ancora arrivare. Oltre all’imposta sostitutiva ribassata e al dimezzamento di quella di registro, a rendere superconveniente l’operazione c’è il terzo regalo, il più appetitoso: la base imponibile su cui si calcolano le imposte non è il valore di mercato degli immobili assegnati, ma quello catastale. Poiché in moltissimi casi i valori catastali non sono aggiornati da decenni, le imposte saranno bassissime. C’è chi calcola che lo sconto fiscale sarà del 60% rispetto alle imposte che si sarebbero dovute pagare in caso di assegnazione non agevolata. La ciliegina sulla torta, il quarto dono, riguarda infine il trattamento fiscale dei redditi generati dagli immobili assegnati ai soci. Le società che affittano appartamenti, ad esempio come bed and breakfast, pagano imposte piene sul reddito ottenuto, ma i loro soci no: potranno affittare gli stessi appartamenti, ricevuti “con lo sconto fiscale” dalle società, pagando solo la cedolare secca del 20%.
Resta
solo una domanda. Siamo nel Paese dei gattopardi dove tutto cambia perché tutto
rimanga com’è, specie quando si tratta di beneficenza ai privati – meglio se
ricchi – a spese dello Stato (cioè dei comuni contribuenti) che perde l’incasso
delle tasse normali. Ma che bisogno avevano governo e maggioranza di
aggiungere tanta munificenza alla lunga serie dei cadeau già
elargiti dalla manovra?
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