da: Domani – di Giovanni Tizian
Nell’immobile della fondazione Alleanza nazionale c’è il giornale dei neofascisti arrestati. Ma il partito tace. A Milano invece Lega e Fratelli d’Italia hanno stretto un accordo politico-elettorale con gli eredi dei naziskin.
Tenere il conto di quante volte Giorgia Meloni è intervenuta sulle case popolari occupate da immigrati è compito arduo. «La proprietà privata è inviolabile», la parola d’ordine di Fratelli d’Italia. Più facile è calcolare quante volte Meloni ha chiesto di sloggiare dalla sede della fondazione Alleanza nazionale a Roma ai neofascisti arrestati e accusati di essere i registi dell’assalto alla sede nazionale della Cgil. Il conto è semplice: zero.
C’è una legge non scritta negli statuti della destra istituzionale: con i neofascisti si convive ma non ci si sposa. I movimenti extra parlamentari lavorano sul territorio, catalizzano consenso nelle periferie, si intestano battaglie contro i migranti e alimentano scontri per difendere il diritto del «prima gli italiani». Consenso che viene indirizzato poi su candidati di Lega e Fratelli d’Italia vicini o espressione di quei mondi. In fisica si chiama principio dei vasi comunicanti. Il rapporto tra neofascisti “sporchi brutti e cattivi” e la destra elegante di palazzo interpretata da Meloni e Matteo Salvini si sostanzia in alcuni fatti accertati, documentati, persino pubblicizzati sui social network.
Non dire fascista
La fondazione Alleanza nazionale si è fatta soffiare un immobile di pregio nel cuore del quartiere Parioli a Roma da Roberto Fiore e Giuliano Castellino, il capo popolo dichiaratamente fascista che ha guidato l’azione contro la Cgil. Da tempo Fiore e Castellino hanno traslocato in quell’immobile al civico 40 di via Paisiello. Ufficialmente è un'occupazione rivendicata da Forza nuova in rotta con la destra istituzionale. Di fatto hanno vissuto lì dentro indisturbati, aprendo società con sede legale in quello stabile: è il caso della redazione di “Italia mensile”, la cooperativa editrice è registrata in via Paisiello 40, nell’appartamento della fondazione degli eredi del movimento sociale italiano. E qui inizia il mistero: «L’appartamento fu occupato mentre era nella disponibilità del “Giornale d’Italia”. E a seguito di una procedura legale di sfratto è rientrato nella piena disponibilità della Fondazione», ha detto al Corriere Giuseppe Valentino presidente della fondazione Alleanza Nazionale. Fonti interne alla Digos di Roma però smentiscono Valentino: «Non risulta ancora nessuno sfratto». Anzi, «fino a prima della manifestazioni hanno fatto riunioni in via Paisiello», conferma un’altra fonte autorevole dell’antiterrorismo. Versione credibile visto che un eventuale sgombero avrebbe fatto certamente rumore nell’ambiente neofascista. Abbiamo provato a contattare la fondazione, «chiamate domani, oggi non c’è nessuno». Abbiamo provato anche con il presidente Valentino allo studio legale, ma aspettiamo ancora che ci richiami. Al di là delle due versioni di certo c’è che dal 2017 al giugno 2021 Fiore e Castellino hanno organizzato, e pubblicizzato, eventi in via Paisiello e da qui seminato l’odio raccolto in piazza sabato scorso. A uno degli ultimi raduni erano presenti gruppi neofascisti di tutta Europa. Da un lato quindi la destra di palazzo prende le distanze, seppure sia molto attenta a non usare il termine «fascisti», dall’altro ha tollerato l’occupazione dell’immobile della fondazione da parte di un condannato per banda armata e di un sorvegliato speciale. Nel 2019 sul citofono era presente pure il nome di una delle aziende di Roberto Fiore, Futura Vis. La storia di Fiore più che dividere unisce molti in Fratelli d’Italia. A partire dalle tesi che provano a riscrivere la storia della strage di Bologna. A un convegno del 2019 dal titolo “Orchestra rossa, terrorismo e stragi: quali verità?” allo stesso tavolo erano seduti Fiore e tre parlamentare di Fratelli d’Italia più uno della Lega.
Milano nera
Anche
a Milano la linea dei partiti di Meloni e Salvini è equivoca. Qui cambiano
le sigle, ma non l’ambiente con il quale interloquiscono alcuni rappresentanti
istituzionali di Lega e Fratelli d’Italia. Carlo Fidanza, l’eurodeputato di Fratelli
d’Italia, è vicino all’estrema destra, ha frequentato le feste di Lealtà
e Azione, movimento nato da una costola di naziskin, che hanno tentato
di ripulirsi nei quartieri popolari distribuendo pacchi alimentari. Lealtà
e Azione ha addentellati anche nella Lega: Igor Iezzi, il commissario
scelto da Salvini per amministrare la Lega Nord è uno che conosce bene quel
mondo. Al pari di Massimiliano Bastoni, che rivendica la sua estrazione culturale,
per dirla con parole sue è «orgoglioso di partecipare alle iniziative con i
fascisti». Bastoni è consigliere regionale della Lega in Lombardia.
Esponente perciò del partito che governa la regione. La Lega ha
imbarcato peraltro anche uno dei leader di Lealtà e Azione: Stefano Pavesi. Si
definisce fascista?, chiedeva nel 2016 un cronista al candidato leghista Pavesi.
«Io mi definisco un patriota, che ama la terra dei suoi padri e vuole difendere
i suoi fratelli aiutando i più poveri e bisognosi tra miei compatrioti:
famiglie, pensionati, cristiani. Se questo è essere fascista lo sono, se è
altro non so». Lealtà e Azione organizza la commemorazione dei caduti della Repubblica
sociale italiana di Mussolini. Per Pavesi sono soldati che «hanno combattuto per
la patria e che la patria ha dimenticato». La Lega di Salvini lo ha ricandidato
alle ultime comunali in corsa per uno dei municipi della città. Rieletto sotto
l’egida del patriottismo istituzionale, che legittima gli adepti di Fiore e camerati
vari.
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