A Milano ha vinto il sindaco ZTL. Se Letta ha anche solo un neurone, dovrebbe aver capito che "Milano fa a sé". Il 33% dei voti, in altre zone d'Italia, il PD se le sogna.
Ha vinto l'astensionismo. Anche a Milano. Meno della metà di chi ha diritto di voto è andato alle urne. Il candidato di centro-destra scelto da Salvini, tale Bernardo, non era certo un rivale per Sala. Se anche lo avessero scelto sei mesi prima non sarebbe cambiato nulla. Inadeguato. Scarso. Gli unici decenti nel centro-destra (più centro che destra) sono stati Albertini e Parisi.
Sala è e rimane un sindaco che ignora le periferie, che lascia una città senza manutenzione e sporca, che progetta riqualificazioni discutibili in merito a scelte e costi. In alcune zone di Milano è stata fatta una riqualificazione per far cadere gli anziani. Ciò che non è riuscito al Covid riuscirà la pavimentazione.
Se fossi un partito politico mi preoccuperei e occuperei dell'astensionismo. Chi ha perso il lavoro. Chi ha problemi ad arrivare a fine mese se ne frega dell'elezione del sindaco. Perché non sarà un'amministrazione comunale a risolvergli il problema. E questi cittadini non sono esclusivamente elettorato tipico del centro-destra.
Se i giornalisti non fossero tutti faziosi (tranne rarissime eccezioni), se la qualità della classe politica non fosse a diro poco scarsa, si renderebbero conto che è finito il tempo in cui gli italiani votano prevalentemente per uno schieramento, turandosi il naso. Certo. Vi sono
ancora cittadini italiani che votano per una parte, per scongiurare che la parte avversa prevalga. Ma vi è una fascia di cittadini che non vota più "contro" qualcuno o qualcosa a prescindere.
Chi ha smesso di votare "contro" ma piuttosto "per" "con chi" si svincola da centro-destra/centro-sinistra. Ovviamente, ciò dipende anche dal sistema elettorale. Il sistema proporzionale favorisce lo "svincolo". Più facile ricascare nel voto "contro" in caso di maggioritario, bipolarismo, dove può prevalere nella testa di certi elettori il dover "evitare che l'altro vinca".
Ma c'è un però. Un fattore negativo. Trattandosi di un elettorato "flessibile", per catturare i loro voti i partiti – composti da una mediocre (eufemismo) classe politica – non sanno far altro che una continua ossessionante e becera campagna elettorale. Allontanando così, ancora di più, certi elettori dalle urne.
Un'osservazione su chi grida di gioia perché il populismo sarebbe stato sconfitto. Il cosiddetto populismo esiste. Si è solo messo in un angolo. Ne uscirà con una forma (e anche azione) diversa da come lo abbiamo visto finora. Anzi. Sarebbe ora di finirla di chiamare populismo, sovranismo, cioè che è invece il risultato del modello del berlusconismo. Si chiama: individualismo. Un individualismo che però trova qualche giustificazione per le condizioni sociali nei quali vive parte degli italiani. Il deficit culturale acquisisce l'individualismo e l'assenza di una classe politica che sappia proporre e attuare riforme necessarie non fa che rafforzarlo.
Per dirla in poche sintetiche parole: più la politica è lontana dal paese reale e non sa come gestirlo, più si allarga e rafforza l'individualismo.
E sarebbe anche ora di definire antipolitica ciò che antipolitica è: l'incapacità della classe politica italiana di ascoltare, capire, proporre, agire, gestire il paese. L'ANTIPOLITICA è la CLASSE POLITICA ITALIANA. Da destra a sinistra.
C'è una parte di cittadini italiani che si sente "contro" il sistema. Non si tratta solo di no vax. Sono ben più numerosi di qualche testa di minchia. Questi cittadini si ritrovano – e si ritroveranno – nella Meloni. Ma quale è l'alternativa a Meloni e Salvini? E lo status quo dei Giorgetti?. È lo status quo delle "maggioranza allargate", dei governi pseudo tecnici. Che produrranno altro genere di quello che i media piegati, faziosi, autoreferenziali chiamano populismo e che io chiamo: individualismo.
I problemi del paese sono enormi. Il Covid li ha aumentati, amplificati. Ma esistevano già. E non esiste un partito che abbia una proposta di paese per affrontare e risolvere problemi, storture, ingiustizie, che ci trasciniamo da anni. Ci vuole, come giustamente hanno scritto: Luigi Ciotti e Vittorio V.Alberti un "Nuovo Umanesimo". Prima ci vogliono le idee, poi ci vogliono le soluzioni per applicarle, il che richiede una classe politica onesta e capace, poi si monitora e si cambia dove ci sono buchi, contraddizioni, criticità. Escludo a priori che il centro-destra abbia questa conoscenza e capacità ma non credo che Pd e M5S siano più attrezzati. Il Pd non vive nel paese reale. Non è l'interlocutore del ceto medio, degli italiani impoveriti e precari. Non solo nel lavoro.
Il M5S non esiste perché ha due grandi problemi: il primo è la sua assenza a livello locale. Contrariamente alla Lega non ha una classe politica di amministratori. L'altro problema è che non conta un organo sessuale maschile nel governo Draghi. Non fa la differenza. Da nessuna parte.
Indipendentemente dalle capacità o scarsità di Conte, se non sei sul territorio, se non peschi dalla società civile persone capaci di ascoltare e rappresentare i cittadini, se non hai un peso all'interno del governo riuscendo a essere propositivo e determinante, sparirai completamente alle prossime elezioni. Altro che transazione ecologica.
Bel titolo, bell'intenzione. Ma non sono le "visioni" che attirano i cittadini. È la capacità di far credere che la visione fa per te. Che sia quello che ti serve. Che in quella visione ci stai.
Sul M5S, dopo questo giro elettorale che – va detto – è un voto amministrativo che ha riguardato solo una parte degli italiani, ha ragione Di Battista: il Pd ce l'avrebbe fatta anche senza il M5S. Questo non fa che confermare quanto sopra: il M5S non fa la differenza. Da nessuna parte: né localmente, né centralmente.
Un conto è essere la prima forza in Parlamento e governare. Altra cosa è quando sei ancora il primo partito in Parlamento ma stai dentro un governo extralarge in cui non conti un organo sessuale maschile. Sparisci dal radar.
Mi permetto, data la mia non più giovanissima età anagrafica, di spiegare una cosuccia a Grillo, Conte. E anche a quel che resta del M5S, tranne il democristiano ex fidanzata di Salvini: Luigi Di Maio, già troppo impegnato a "studiare" alla Farnesina. O sei il numero uno, cioè prendi più voti di altri - posto che il sistema elettorale sia quella cagata di proporzionale - e, conseguentemente, guidi il percorso (con tutti i compromessi, le mediazioni, ecc..ecc..) oppure la tua forza sta nei progetti. In quello che pensi e come pensi di realizzarlo. In come sei credibile e coinvolgente. Grillo o Conte o chiunque altro, in questo momento, non sono né credibili né coinvolgenti. Oggettivamente, la strada di Giuseppe Conte è in salita. Percorso duro e difficile. Impossibile da farsi se non hai conoscenza, competenza, idee, pragmatismo, capacità organizzativa e comunicativa.
Per
concludere: nessuno – da centro destra a centro sinistra – stappi una bottiglia
di spumante. Al massimo: una gazzosa (ma esiste ancora?). Sono e saranno ancora
gli astensionisti a decidere come sarà composto il prossimo Parlamento. Vabbè.
Poi, si sa, i governi si fanno fregandosene del voto degli italiani.
Nessun commento:
Posta un commento