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Nadia
Murad. È l’ultima ragazza e merita il Nobel per la pace
Un Nobel per la pace più che meritato.
Nell’agosto 2014 la tranquilla esistenza di
Nadia Murad, ventunenne yazida del Sinjar, nell’Iraq settentrionale, viene
improvvisamente sconvolta: con la ferocia che li contraddistingue, i militanti
dello Stato Islamico irrompono nel suo villaggio, incendiano le case, radunano
i maschi adulti uccidendone 600 a colpi di kalashnikov e rapiscono le donne,
caricandole su autobus dai vetri oscurati. Per Nadia e centinaia di ragazze
come lei, giovanissime e vergini, inizia un vero calvario. Separate dalle madri
e dalle sorelle sposate, scontando l’unica colpa di appartenere a una minoranza
che non professa la religione islamica, vengono private di ogni dignità di
esseri umani: per i terroristi dell’ISIS saranno soltanto sabaya, schiave,
merce da vendere o scambiare per soddisfare le voglie dei loro padroni.
L’abisso della prigionia, gli stupri
selvaggi, le torture fisiche e psicologiche, le continue umiliazioni, insieme
al dolore per la perdita di quasi tutti i parenti, vengono raccontati da Nadia
– miracolosamente sfuggita agli artigli dei suoi aguzzini – con parole semplici
e dirette,
e proprio per questo di straordinaria efficacia. Le tremende sevizie
le hanno lasciato cicatrici indelebili sul corpo e nell’anima, ma anziché
ridurla al silenzio, cancellandone l’identità, l’hanno spinta a farsi portavoce
della sua gente e di tutte le vittime dell’odio bestiale dell’ISIS.
Oggi Nadia è una donna libera, che ha
scelto con coraggio di denunciare al mondo intero il genocidio subìto dal suo
popolo, non per invocare vendetta, bensì per chiedere giustizia, affinché i
colpevoli compaiano di fronte alla Corte penale internazionale dell’Aia e
vengano giudicati e condannati per i loro orrendi crimini contro l’umanità. Ma
il suo messaggio è soprattutto un pressante invito a non lasciarsi sopraffare
dalla violenza e a conservare intatta, sempre e comunque, la fierezza delle
proprie radici, e una struggente lettera d’amore a una comunità e a una famiglia
distrutte da una guerra tanto assurda quanto spietata.
“Sogno che un giorno tutti i militanti
risponderanno dei loro crimini, non solo i capi come Abu Bakr al-Baghdadi, ma
tutte le guardie e i proprietari di schiave, ogni uomo che abbia premuto un grilletto
e spinto i corpi dei miei fratelli nelle fosse comuni, ogni combattente che
abbia tentato di fare il lavaggio del cervello ai ragazzini inducendoli a
odiare le loro madri per il fatto che erano yazide, ogni iracheno che abbia
accolto i terroristi nella propria città e li abbia aiutati, pensando tra sé:
“Finalmente possiamo sbarazzarci di quei miscredenti”. Dovrebbero andare tutti
a processo di fronte al mondo intero”
Nadia Murad è un'attivista per i diritti
umani. Ha ricevuto il Václav Havel Human Rights Prize e il Sakharov Prize, ed è
la prima Ambasciatrice di Buona Volontà dell'ONU per la dignità dei
sopravvissuti alla tratta degli esseri umani.
Il
libro, L’ultima ragazza, di Nadia Murad è pubblicato in Italia
da Mondadori.
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