giovedì 18 ottobre 2018

Beppe Scienza: Non lasciamo l’educazione bancaria ai soliti banchieri


Con tutto il rispetto per Beppe Scienza, che è sempre opportuno leggere perché fornisce informazioni finanziarie utili al risparmiatore, se è vero che la maggiore responsabilità dei crac bancari deriva da un sistema in conflitto di interesse e dall’inadeguatezza dei controlli è altresì vero che il risparmiatore sia di target basso, sia di target medio basso, sia di target elevato, ha le seguenti caratteristiche che aiutano gli intermediari finanziari nel loro esercizio preferito: piazzare strumenti finanziari “spinti” commercialmente dalle apposite direzioni e dai piani industriali:
1. cercano rendimenti elevati sottovalutando o ignorando anche la documentazione che attesta i rischi connessi;
2. non leggono la documentazione che viene sottoposta alla loro firma dalla quale potrebbero rilevare caratteristiche e rischi connessi nonché il paraculismo legalese delle banche

Se poi vogliamo dire che bisognerebbe fornire al risparmiatore documenti il più esaustivi e sintetici possibili, ok. Ciò non toglie che ogni documento che firmiamo per qualsiasi tipo di acquisto – un titolo piuttosto che un frigorifero – va letto. Ci volesse che li dobbiamo portare a casa. Ci volesse che dobbiamo trovare il tempo di leggerlo. Ci volesse che abbiamo bisogno di chiarimenti e, quindi, di porre delle domande. Ci volesse che devono darci delle risposte.
Magari, visto che siamo nell’era digitale. Domande scritte e risposte scritte. Vediamo che succede se seguiamo questa prassi…

da: Il Fatto Quotidiano

Il governo promuove un mese di iniziative per formare gli italiani sui temi del risparmio. Ma a gestire il tutto sono quasi soltanto soggetti in conflitto di interesse.

Ottobre 2018 è il mese dell’educazione finanziaria. Anzi la Presidenza del consiglio dei ministri – e poi dicono che il premier Giuseppe Conte non fa nulla – lo annuncia come il primo mese dell’educazione finanziaria. Chiara allusione che altri ne seguiranno. 

Si tratta di una nuova – e deprecabile – iniziativa del Comitato governativo per l’Educazione Finanziaria (Edufin), che è un’invenzione del 2016 di governo ed economisti per ribaltare sui risparmiatori responsabilità che sono prima di tutto delle istituzioni. Se tanti italiani hanno perso soldi coi crac bancari – questo il messaggio implicito – il problema non sono la scarsità dei controlli le autorità di vigilanza inefficace (o peggio). La colpa è dei cittadini ignoranti in materia finanziaria.

Finora Edufin era già riuscito a spendere una barca di soldi per il sito www.quellocheconta.gov.it, un sito che pare ideato da un’agenzia di pubblicità assoldata da banche e società del risparmio gestito, come già denunciato sul Fatto Quotidiano a fine aprile. Alla testa del comitato siede Annamaria Lusardi che, in tempi non sospetti, nel settembre 2010, aveva dichiarato al Sole24Ore che l’educazione finanziaria non dev’essere lasciata in mano alle banche perché “sarebbe come mettere le volpi a guardia delle galline”.
Non si capisce come propositi così buoni si concilino coi principali soggetti che, a parte Banca d’Italia e Consob, in questo mese offrono in maniera massiccia educazione finanziaria. Vediamoli uno a uno.
1. Feduf, emanazione di una settantina di banche, fra cui due molte esperte nel consigliare i loro clienti, cioè Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza, poi pudicamente tolte dall’elenco. I loro dipendenti hanno rifilato ai clienti proprie azioni a prezzi stratosferici, nonché obbligazioni subordinate, le une e le altre diventate carta straccia.

2. Il cosiddetto Museo del Risparmio, che appartiene in tutto e per tutto a Banca Intesa.
3. Anasf, Associazione nazionale dei consulenti finanziari, denominazione di cui in Italia possono fregiarsi anche agenti di commercio ovvero venditori, che ovviamente non insegneranno ai risparmiatori a fare da sé, perché si darebbero la zappa sui piedi.
4. Noi&Unicredit, che è un accordo fra banca Unicredit e 13 associazioni di consumatori. Si nota l’assenza di Adusbef.
5. Una cosa che pomposamente si presenta come Global Thinking Foundation (in realtà milanese). Essendo molto presente, però quasi sconosciuta, saremmo curiosi di sapere chi la finanzia. Peccato che il suo sito non lo riporti. Ma indica posizioni di vari suoi amministratori e consulenti: Alberto Garroni, gruppo Intesa-Sanpaolo; Luciano Turba, UbiBanca, Giuseppe Attanò, consigliere di società nel gruppo Intesa Sanpaolo; Gregorio De Felice, idem; Enrico Dameri, consigliere di una sim (società di intermediazione mobiliare) ecc..Anche qui è tutto un pullulare di dirigenti bancari che conferma il metodo: l’educazione finanziaria affidata a banche, banchieri e bancari.
Il comitato Edufin elenca 306 iniziative di cosiddetta educazione finanziaria per l’ottobre 2018. In più del 50 per cento – ne abbiamo contate 157 – troviamo, da soli o con altri, i soggetti sopra elencati o comunque banche, fondi o enti previdenziali ecc. Tutti in conflitto d’interesse coi risparmiatori. Perché infatti finanzierebbero iniziative, se non per un tornaconto, diretto o indiretto, loro o di chi li finanzia? Banca Intesa, Unicredit, UbiBanca non sono onlus. E se danno soldi a onlus o fondazioni, lo fanno per trarne profitto.

Anche dietro a molte iniziative locali c’è da aspettarsi un venditore di investimenti che poi interviene per portare acqua al proprio mulino. Viceversa, meno del 2% delle iniziative rimandano ad associazioni di risparmiatori, sole o con soggetti neutri.
Ma il sito di Edufin aveva rivolto un caloroso invito: “Ad ottobre partecipa anche tu al Mese dell’Educazione Finanziaria 2018”. Uno ci ha provato e non l’ultimo arrivato, bensì Antonio Tanza, presidente dell’Adusbef, ma soprattutto rappresentante delle associazioni di consumatori nel Comitato Edufin.
Tentò infatti di organizzare qualche iniziativa di informazione finanziaria, chiedendo un modesto contributo a Edufin stesso che non dovrebbe trovarsi in ristrettezze economiche, vista l’esorbitante cifra spesa già solo per il sito (750 mila euro). Il preventivo era di mille euro a iniziativa, comprendendo sala, rimborso spese e piccolo gettone (200 euro lordi), materiale didattico, attività di comunicazione ecc. Ci provò, ma dovette soccombere a fronte di un intenso fuoco di sbarramento burocratico. Riferisce in particolare della pretesa che indicesse gare d’appalto per rimborsare i biglietti ferroviari per i relatori. Al che ci ha rinunciato. E come dargli torto?
Vista dunque la maggior parte delle iniziative, l’ottobre 2018 appare come il mese non dell’educazione finanziaria, bensì del lavaggio del cervello dei risparmiatori.

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