Con tutto il rispetto per Beppe Scienza,
che è sempre opportuno leggere perché fornisce informazioni finanziarie utili
al risparmiatore, se è vero che la maggiore responsabilità dei crac bancari
deriva da un sistema in conflitto di interesse e dall’inadeguatezza dei
controlli è altresì vero che il risparmiatore sia di target basso, sia di
target medio basso, sia di target elevato, ha le seguenti caratteristiche che
aiutano gli intermediari finanziari nel loro esercizio preferito: piazzare
strumenti finanziari “spinti” commercialmente dalle apposite direzioni e dai
piani industriali:
1. cercano rendimenti elevati
sottovalutando o ignorando anche la documentazione che attesta i rischi
connessi;
2. non leggono la documentazione che viene
sottoposta alla loro firma dalla quale potrebbero rilevare caratteristiche e
rischi connessi nonché il paraculismo legalese delle banche
Se poi vogliamo dire che bisognerebbe
fornire al risparmiatore documenti il più esaustivi e sintetici possibili, ok.
Ciò non toglie che ogni documento che firmiamo per qualsiasi tipo di acquisto –
un titolo piuttosto che un frigorifero – va letto. Ci volesse che li dobbiamo
portare a casa. Ci volesse che dobbiamo trovare il tempo di leggerlo. Ci
volesse che abbiamo bisogno di chiarimenti e, quindi, di porre delle domande.
Ci volesse che devono darci delle risposte.
Magari, visto che siamo nell’era digitale.
Domande scritte e risposte scritte. Vediamo che succede se seguiamo questa
prassi…
da: Il Fatto Quotidiano
Il
governo promuove un mese di iniziative per formare gli italiani sui temi del
risparmio. Ma a gestire il tutto sono quasi soltanto soggetti in conflitto di
interesse.
Ottobre 2018 è il mese dell’educazione
finanziaria. Anzi la Presidenza del consiglio dei ministri – e poi dicono che
il premier Giuseppe Conte non fa nulla – lo annuncia come il primo mese
dell’educazione finanziaria. Chiara allusione che altri ne seguiranno.
Si tratta di una nuova – e deprecabile –
iniziativa del Comitato governativo per l’Educazione Finanziaria (Edufin), che
è un’invenzione del 2016 di governo ed economisti per ribaltare sui
risparmiatori responsabilità che sono prima di tutto delle istituzioni. Se
tanti italiani hanno perso soldi coi crac bancari – questo il messaggio
implicito – il problema non sono la scarsità dei controlli le autorità di
vigilanza inefficace (o peggio). La colpa è dei cittadini ignoranti in materia
finanziaria.
Finora Edufin era già riuscito a spendere
una barca di soldi per il sito www.quellocheconta.gov.it, un
sito che pare ideato da un’agenzia di pubblicità assoldata da banche e società
del risparmio gestito, come già denunciato sul Fatto Quotidiano a fine aprile. Alla testa del comitato siede
Annamaria Lusardi che, in tempi non sospetti, nel settembre 2010, aveva
dichiarato al Sole24Ore che
l’educazione finanziaria non dev’essere lasciata in mano alle banche perché
“sarebbe come mettere le volpi a guardia delle galline”.
Non si capisce come
propositi così buoni si concilino coi principali soggetti che, a parte Banca
d’Italia e Consob, in questo mese offrono in maniera massiccia educazione
finanziaria. Vediamoli uno a uno.
1. Feduf, emanazione di una settantina di
banche, fra cui due molte esperte nel consigliare i loro clienti, cioè Veneto
Banca e la Banca Popolare di Vicenza, poi pudicamente tolte dall’elenco. I loro
dipendenti hanno rifilato ai clienti proprie azioni a prezzi stratosferici,
nonché obbligazioni subordinate, le une e le altre diventate carta straccia.
2. Il cosiddetto Museo del Risparmio, che
appartiene in tutto e per tutto a Banca Intesa.
3. Anasf, Associazione nazionale dei
consulenti finanziari, denominazione di cui in Italia possono fregiarsi anche
agenti di commercio ovvero venditori, che ovviamente non insegneranno ai
risparmiatori a fare da sé, perché si darebbero la zappa sui piedi.
4. Noi&Unicredit, che è un accordo fra
banca Unicredit e 13 associazioni di consumatori. Si nota l’assenza di Adusbef.
5. Una cosa che pomposamente si presenta
come Global Thinking Foundation (in realtà milanese). Essendo molto presente,
però quasi sconosciuta, saremmo curiosi di sapere chi la finanzia. Peccato che
il suo sito non lo riporti. Ma indica posizioni di vari suoi amministratori e
consulenti: Alberto Garroni, gruppo Intesa-Sanpaolo; Luciano Turba, UbiBanca,
Giuseppe Attanò, consigliere di società nel gruppo Intesa Sanpaolo; Gregorio De
Felice, idem; Enrico Dameri, consigliere di una sim (società di intermediazione
mobiliare) ecc..Anche qui è tutto un pullulare di dirigenti bancari che
conferma il metodo: l’educazione finanziaria affidata a banche, banchieri e
bancari.
Il comitato Edufin elenca 306 iniziative di
cosiddetta educazione finanziaria per l’ottobre 2018. In più del 50 per cento –
ne abbiamo contate 157 – troviamo, da soli o con altri, i soggetti sopra
elencati o comunque banche, fondi o enti previdenziali ecc. Tutti in conflitto
d’interesse coi risparmiatori. Perché infatti finanzierebbero iniziative, se
non per un tornaconto, diretto o indiretto, loro o di chi li finanzia? Banca
Intesa, Unicredit, UbiBanca non sono onlus. E se danno soldi a onlus o
fondazioni, lo fanno per trarne profitto.
Anche dietro a molte iniziative locali c’è
da aspettarsi un venditore di investimenti che poi interviene per portare acqua
al proprio mulino. Viceversa, meno del 2% delle iniziative rimandano ad
associazioni di risparmiatori, sole o con soggetti neutri.
Ma il sito di Edufin aveva rivolto un
caloroso invito: “Ad ottobre partecipa anche tu al Mese dell’Educazione
Finanziaria 2018”. Uno ci ha provato e non l’ultimo arrivato, bensì Antonio
Tanza, presidente dell’Adusbef, ma soprattutto rappresentante delle
associazioni di consumatori nel Comitato Edufin.
Tentò infatti di organizzare qualche
iniziativa di informazione finanziaria, chiedendo un modesto contributo a
Edufin stesso che non dovrebbe trovarsi in ristrettezze economiche, vista
l’esorbitante cifra spesa già solo per il sito (750 mila euro). Il preventivo
era di mille euro a iniziativa, comprendendo sala, rimborso spese e piccolo
gettone (200 euro lordi), materiale didattico, attività di comunicazione ecc.
Ci provò, ma dovette soccombere a fronte di un intenso fuoco di sbarramento
burocratico. Riferisce in particolare della pretesa che indicesse gare
d’appalto per rimborsare i biglietti ferroviari per i relatori. Al che ci ha
rinunciato. E come dargli torto?
Vista dunque la maggior parte delle
iniziative, l’ottobre 2018 appare come il mese non dell’educazione finanziaria,
bensì del lavaggio del cervello dei risparmiatori.
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