“Tutti
colpevoli, che tra poco vorrà dire nessun colpevole”.
da: http://www.linkiesta.it/it/
Molestie,
così i media sfruttano l’indignazione per fare soldi
All’inizio
fu il caso Weinstein, e adesso? Con l’emergere continuo di nuovi casi di
molestie, spesso tutt’altro che sicuri, si fa strada la tendenza da parte dei
media a monetizzare sull’indignazione dei molestati/e. Oltre al solito,
insopportabile, moralismo virtuale
di Francesco
Francio Mazza
In
principio fu Harvey Weinstein.
Tutto d’un tratto si scoprì che il maggior
artefice del successo di Quentin Tarantino, il produttore indipendente che con
la Miramax aveva rivoluzionato
Hollywood nel nome dell’indipendenza degli autori, era soprattutto un bastardo
da premio Oscar.
Con Weinstein le cose funzionavano solo in
una maniera: “o me la dai o non lavori”. Il che vuol dire non solo ricatto -
che fa automaticamente diventare l’altra persona una vittima, non importa che
accetti o meno – ma pure estorsione: del resto, esigere un rapporto sessuale in
cambio di lavoro è così diverso da esigere denaro? E allora tra quella
richiesta e un’estorsione, che differenza c’è?
Il problema è che, scoperchiato Weinstein, si è passati ad una psicosi di segno
completamente diverso.
Il
29 ottobre un attore di serie B, in un’intervista orchestrata dal suo ufficio
stampa, sostiene che nel 1986 l’attore Kevin Spacey gli
avrebbe fatto delle “avance” durante una festa. Nei giorni seguenti saltano fuori
altri uomini, mezzi attori, mezzi figuranti, che muovono a Spacey le stesse
accuse, ovvero essere stati vittime di avance sessuali da cui sono rimasti
fortemente traumatizzati. Tutti asseriscono di aver trovato la forza “di venire
allo scoperto” grazie al clamore suscitato dalla vicenda Weinstein.
C’è
però un piccolo particolare: Weinstein poneva le sue vittime davanti a un
ricatto (e a un’estorsione). Kevin Spacey no. Kevin Spacey ci provava: in modo
libertino, discutibile, sgradevole, non certo esemplare da un punto di vista
morale; ma come ha detto Monica Bellucci, un conto sono le molestie e i
ricatti, un altro le avance.
Si
puo’ censurare un comportamento sbagliato: diverso è terminare la carriera di
una persona, annichilirla come se non fosse mai esistita.
Eppure Spacey è stato annichilito, sbattuto
fuori dalla Creative Artists Agency (la potentissima agenzia di
rappresentanza hollywoodiana) cosa che di fatto ne ha concluso la carriera.
Da
quel momento, come in un lungo deja-vu, ogni giorno esce una nuova intervista
che nel giro di dieci minuti trasforma l’artista celebrato fino a ieri in un
infamone da dare in pasto nella fossa dei social.
Dustin Hoffman, Louis C.K., Matthew Weiner
e domani chissà chi altro: per i
puritani di Twitter sono tutti uguali, tutti Weinstein, pervertiti e
criminali che non solo vanno sputtanati e rovinati, ma soprattutto cancellati
dalla memoria collettiva.
Come Netflix
ha cancellato Kevin Spacey, così HBO ha cancellato tutti gli spettacoli di
Louis C.K., opere di enorme valore culturale, da ieri sera non più
disponibili. Il suo attesissimo nuovo film, “I Love You Daddy”, non uscirà al
cinema. Il suo repertorio, incluse le clip da 10 milioni di views che spiegano
meglio di qualunque libro di sociologia il funzionamento della modernità, viene
riletto in chiave psico-analitica. Lui stesso, per anni ultimo baluardo della
resistenza alla dittatura del politicamente corretto, per tentare di mettere un
freno alla valanga è costretto alla pubblica abiura, riconoscendo “l’enorme
dolore” che il suo comportamento ha causato.
Non
servirà: la sua carriera, come quella di Spacey,
con ogni probabilità termina qui.
Fa nulla che, ribadiamo, rispetto al caso Weinstein manchi
l’elemento fondamentale che rende Weinstein diverso dagli altri,
l’estorsione di quel lavoro dato solo “a condizione che”.
Fa nulla che non si parli di violenza e
nemmeno di contatto fisico ma addirittura, in un caso, di una conversazione
telefonica.
Fa
nulla che si stia parlando di avance tra adulti,
alle due di notte in una camera d’albergo per “bere qualcosa insieme” e che a tali avance fosse addirittura
seguito un si.
I puritani di Twitter, che hanno nell’HuffPost la loro personale Scientology, non hanno dubbi: forti di una concezione della donna come essere indifeso - questa si, discriminatoria – incapace di mandare affanculo il porco di turno o di rifiutare una avance senza uscirne traumatizzata a vita, esultano per quella che definiscono una “salutare purga” (“healthy purge”) senza nemmeno sapere di citare Stalin.
E ora, con le torce già accese, puntano
dritti verso il cinghialone, quel Woody Allen che gli è sempre sfuggito e che,
finalmente, si preparano a dare alle fiamme.
Ma
com’ è stato possibile che, all’improvviso, l’America sia diventata più
puritana dell’Inghilterra di Oliver Cromwell e nessuno si renda conto dell’andazzo
orwelliano intrapreso?
La
risposta è semplice: se ne rendono conto benissimo. Le
ragioni di questa caccia alle streghe – anzi, agli stregoni –sono assai banali,
e rischiano di degradare una battaglia urgente e legittima – la difesa delle
donne dalle discriminazioni sul lavoro – per farne un mezzo al servizio di un
fine assai meno nobile.
Da anni il web, e in particolare i social
network, hanno modificato il dibattito pubblico fino ad alterarlo
completamente. Dividendo l’opinione pubblica in bolle, i social hanno messo i
media davanti al problema di decidere su quale bolla puntare per sopravvivere;
e mentre fiorivano testate rivolte dichiaratamente ad una singola bolla
(HuffPost per la sinistra, Breitbart News per la destra), i media main stream,
ad ogni latitudine, non solo sono stati costretti ad assumere posizioni sempre
meno moderate e sempre più orientate verso la bolla selezionata, ma anche a
nutrirla e a coccolarla costantemente.
Non si è parlato più al grande pubblico,
eterogeneo per definizione: si è scelto di parlare alla bolla, omogenea e
conformista per costituzione, in un continuo processo di radicalizzazione. E il
modo migliore, quasi infallibile per tenersela buona si è rivelato il
meccanismo dell’indignazione.
Sono anni che i media – nell’accezione più
estesa che oggi può avere il termine – spendono le loro maggiori risorse nel
favoreggiamento sistematico di ogni possibile forma di indignazione, cercando
di trasformare lo sdegno in views, likes, copie vendute. Il meccanismo si è
rivelato efficace: l’indignazione è diventata una vera e propria economia di
scala mondiale, l’unica valuta accettata sul mercato delle idee.
L’attuale caccia agli stregoni, quindi, non
è che una grande operazione commerciale per cui Weinstein è giusto un pretesto,
operata dai media per far fruttare una delle bolle più numerose, e quindi più
ricche di tutte: la bolla femminista.
Di
diritti e dignità femminile, di proposte concrete a
favore dell’emancipazione delle donne reali, non importa nulla a nessuno, così come a nessuno importa della
differenza tra molestia e avance sottolineata dalla Bellucci: quello che
importa è che sempre più donne si indignino senza il beneficio del dubbio, e
leggano in massa articoli zeppi di pubblicità di make-up o reggiseni dove le
donne vengono usate come attaccapanni, su siti internet o giornali gestiti in
larga parte da uomini, a loro volta controllati da gruppi finanziari diretti
esclusivamente da uomini.
Abbattere
carriere che hanno contribuito in maniera fondamentale al
progresso culturale di una comunità sulla base di un’intervista anonima, di un
ricordo inverificabile di 15 anni fa, pur
di ottenere il retweet. Affogare in un oceano di indignazione i colpevoli
acclarati con quelli che perlomeno avrebbero diritto a un processo per avere in
cambio un cuoricino. Tutti colpevoli, che tra poco vorrà dire nessun colpevole.
A chi si permette di avanzare un dubbio,
rispondono che certo, forse nella lista di proscrizione ci sono anche
innocenti, ma si tratta di un danno necessario per permettere ad altre donne di
venire allo scoperto. Siamo alla fucilazione indiscriminata. Stalin, per
l’appunto.
C’è da sperare che qualche filologo non
scopra scandalose avance di Newton o Galileo all’indirizzo di una donna o uno
studente: altrimenti, con l’aria che tira, sarebbero capace di bandire la legge
di gravità o di vietare il sistema Copernicano. Benvenuti nel sedicesimo
secolo.
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