mercoledì 20 aprile 2022

Gino Strada: Una persona alla volta / 6

 


 

Questo libro sostiene EMERGENCY

Le Università di Pittsburgh e Stanford erano posti fatti per studiare e lavorare.

Dentro il campus c’era tutto: alloggi, aule studio attrezzatissime, ristoranti, caffè, negozi, dal­l’ovvia libreria alla meno scontata ferramenta. L’idea era che tutto dovesse essere a portata di mano per non distrarre gli studenti dai loro obiettivi. Studiavo come un matto, anche perché non avevo molto in comune con i miei colleghi oltre alla medicina. Il fine settimana mi ricavavo un po’ di tempo per andare in giro nella natura fantastica degli Stati Uniti.

Dopo un po’ mi proposero un contratto di collaborazione stabile. Un contratto economicamente vantaggiosissimo, che in Italia mi sarei sognato anche dopo dieci anni, e avrei lavorato in uno dei primi centri trapianti al mondo. Ambiente, colleghi, attrezzature, fondi, c’erano pochi posti al mondo che avrebbero potuto competere.

Ci pensai su un paio di giorni e poi decisi: gli Stati Uniti non facevano per me. Che senso ha praticare la medicina in un Paese dove per potersi curare la gente deve tirare fuori la carta di credito? Nessuno, a meno che far soldi non sia il tuo obiettivo, e di sicuro non è mai stato il mio.

Tornai a Milano dopo quattro anni con un’esperienza sui trapianti cuore-polmone che avevamo in pochi. Con il Professore, avevamo deciso di sperimentare il primo trapianto di cuore. Anche se in Italia non c’era ancora una legge che consentiva il trapianto di cuore, la nostra équipe aveva ricevuto dal giudice il permesso di intervenire su una donna in condizioni molto critiche. L’intervento arrivò al termine, ma la donna morì dopo l’impianto. La strada da percorrere era ancora lunga, però il primo passo era fatto. Negli anni seguenti ebbi altre esperienze in giro per l’Italia e il mondo e poi per puro caso, per il desiderio di fare qualcosa di diverso, mi trovai a lavorare in un Paese in guerra.

Rileggo queste pagine e mi chiedo perché le ho scritte. Forse per far contento l’amico Carlo Feltrinelli, che voleva che scrivessi un’autobiografia, o perché queste sono le radici che mi hanno tenuto saldo ovunque sia andato nel mondo: l’antifascismo, la politica, la militanza, la passione per la medicina.

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