mercoledì 18 marzo 2020

Gustave Flaubert: Madame Bovary / 1



A volte si diceva che questi sarebbero dovuti essere i giorni più felici della sua vita, la cosiddetta luna di miele. Per poterne gustare davvero la dolcezza, senza dubbio, bisognava partire per quei paesi dai nomi altisonanti, dove i primi giorni di matrimonio hanno più soavi pigrizie. In diligenza, all'ombra di tendine di seta azzurra, si sale per ripide strade ascoltando la canzone del postiglione che echeggia fra le montagne insieme con le campanelle delle capre e il rombo sordo delle cascate. Al tramonto, sulla riva dei golfi marini, ci si può inebriare con la fragranza dei limoni; la sera, sulla terrazza di una villa, soli, le mani dell'uno intrecciate con le mani dell'altra, si possono fare progetti guardando le stelle. Secondo lei, taluni luoghi sulla terra possedevano la peculiarità di produrre la felicità, quasi essa fosse stata una pianta alla quale è necessario un particolare terreno, una pianta che cresce male in qualunque altro luogo. Come avrebbe voluto potersi affacciare al balcone di uno chalet svizzero, o chiudere la sua malinconia in un cottage scozzese, insieme con un marito che indossasse un abito a giacca lunga di velluto nero, calzasse morbidi stivali e portasse un cappello a punta e i polsini. Forse avrebbe desiderato confidar a qualcuno queste sue idee. Ma in qual modo avrebbe potuto descrivere quel malessere vago che mutava aspetto come le nuvole o che turbinava come il vento? Le mancavano le parole, l'occasione, il coraggio.
Eppure, se Charles avesse voluto, se lo avesse sospettato, se una sola volta lo sguardo di lui avesse indovinato i suoi pensieri, un'improvvisa piena di sentimenti sarebbe scaturita da lei, così come i frutti maturi si staccano da una spalliera soltanto sfiorandoli con la mano. Ma a mano a mano che cresceva l'intimità della loro vita, veniva a determinarsi un distacco spirituale che la allontanava sempre più da lui.
La conversazione di Charles era piatta come un marciapiede e le idee più comuni vi sfilavano nel loro abito di tutti i giorni, senza suscitare emozione o risate o fantasticherie. Quando abitava a Rouen, diceva, non aveva mai provato la curiosità di andare a vedere gli attori di Parigi. Non sapeva nuotare né tirare di scherma o con la pistola, e una volta non seppe spiegarle un termine di equitazione che lei aveva letto in un romanzo.
Un uomo, non avrebbe dovuto, invece, conoscere tutto, eccellere in molteplici attività, saper iniziare una donna al fuoco della passione, alle raffinatezze della vita, a tutti i misteri? Ma costui non insegnava niente, non sapeva niente, non desiderava niente... La credeva felice e lei gliene voleva per quella tranquillità tanto saldamente stabilitasi, per quella pesante serenità, per il piacere stesso che gli dava.

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