lunedì 9 settembre 2019

Quei burocrati del Mef che vogliono frenare le casse previdenziali



Subito prima della fine del governo gialloverde, all'oscuro di Tria, tre alti papaveri di Stato hanno lavorato a un piano per limitarne la capacità di investimento. Stoppati dal sottosegretario Durigon, ora la grana passa al neo-ministro Gualtieri.

Non solo la manovra. C’è già una prima grana da risolvere per il neo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Subito prima della caduta del governo gialloverde, a fine luglio, in via XX Settembre, complice l’approssimarsi delle ferie, qualcuno stava preparando un piano di palazzo, di cui Giovanni Tria – come spesso gli capitava – era all’oscuro. Stiamo parlando di un provvedimento che, ove approvato, limiterebbe la capacità di investire le risorse gestite dalle casse previdenziali private (quasi 100 miliardi) più di quanto non sia per Inps e fondi pensione integrativi.

IL PROGETTO DI RIVERA, MARÈ E PADULA
Sembra che a preparare l’insano progetto – alla faccia della crescita tanto agognata – sia stato un trio di alti papaveri di Stato. Il più alto in grado è il direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, ma a preparargli la patacca sono stati Mauro Marè, da oltre un decennio padre padrone di Mefop (società fondata nel 1999 di cui il Mef detiene il controllo assoluto, che dovrebbe aiutare lo sviluppo dei fondi pensione), e Mario Padula, presidente della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione (nota per avere il mandato dei tre commissari settennale). Tutti animati da spirito di rivincita per aver tentato senza esito di assurgere a interlocutori (e magari consulenti) dei fondi previdenziali medesimi.


LO STOP DEL LEGHISTA DURIGON
In quel momento – i primi di agosto – a stoppare i burocrati era sceso in campo il plenipotenziario di Matteo Salvini, Claudio Durigon, che in quanto sottosegretario al Lavoro aveva titolo a intervenire sulla materia. La normativa sulle casse di previdenza è infatti di competenza del Lavoro di concerto con l’Economia. E Durigon era stato chiaro: il testo preparato dai burocrati è un obbrobrio, perché bisogna spingere e non frenare le casse previdenziali a investire nell’economia reale e nelle infrastrutture.
E ora? Il governo è cambiato, e così i ministri dell’Economia e del Lavoro. Ma, almeno per ora, non sono cambiati i burocrati, che sono tentati di approfittare del momento di trapasso. Ma Gualtieri è avvertito.

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