da: http://www.ilfattoquotidiano.it/
X
Factor 2016, grazie Manuel Agnelli
di Paolo
Talanca
È il 15 dicembre, siamo perciò arrivati
alla finale di X Factor 2016. Come preannunciato qui dopo la prima puntata,
eccomi a tirare le somme di questa edizione, con particolare riferimento alle
gesta di Manuel Agnelli, vera e propria novità in Italia per la storia di
questo tipo di format. Perché? Ricapitoliamo.
Qual era la mia speranza? Agnelli è un
artista che rappresenta una parte importante della storia della canzone
indipendente, di quella cioè che mal sopporta le ingerenze dell’industria; per
questo, dopo la prima puntata, ho scritto che “la speranza è che Manuel Agnelli
da qui al 15 dicembre riesca a far capire questa differenza, che meriti di
dimostrare di rappresentarla”.
Dico subito che il compito è stato svolto
egregiamente. Agnelli non ha solo cercato di condurre le competenze degli
artisti che gestiva verso una maggiore padronanza della propria artisticità,
cosicché potessero in ogni momento far valere le proprie eccellenze, non
piegandosi a ciò che lo showbiz richiede e
spesso impone: l’ha fatto facendo capire che fossero proprio le sue stesse competenze a dargliene diritto, visto che il risultato di un successo dovrebbe essere sempre la conseguenza di una capacità, non la facile replica di qualcosa che già funziona. Questo è successo soprattutto nello scontro con Arisa. Ma andiamo con ordine.
spesso impone: l’ha fatto facendo capire che fossero proprio le sue stesse competenze a dargliene diritto, visto che il risultato di un successo dovrebbe essere sempre la conseguenza di una capacità, non la facile replica di qualcosa che già funziona. Questo è successo soprattutto nello scontro con Arisa. Ma andiamo con ordine.
Devo dire che dopo pochissime puntate
Agnelli mi ha fatto storcere il naso per l’esclusione di una delle cantautrici
più interessanti del panorama d’autore italiano: Veronica Marchi. La scelta
però poi si è dimostrata ben ponderata, perché se è vero che Veronica dà il
meglio di sé nella scrittura dei pezzi e nell’empatia che sa trasmettere
cantandoseli (completandone letteralmente la scrittura), non sarebbe stata
adatta per il meccanismo di X Factor, che non permette di esibirsi con degli
inediti: cosa che invece per esempio è successo per il rapper Loomy, fino al
punto che lo stesso Agnelli ha sentito il bisogno di sottolinearne il
vantaggio.
E allora è stato più giusto concentrarsi
per esempio su Andrea Biagioni, chitarrista e performer di qualità che ci ha
regalato uno dei momenti più alti dell’intera edizione, con Monnalisa di quel
fenomeno assoluto di Ivan Graziani, il cantautore più sottovalutato della
storia italiana. Agnelli, puntata dopo puntata, è anche riuscito a far capire
che il guaio peggiore del circuito culturale italiano cosiddetto “d’autore” sia
quello di rifiutare a prescindere l’esposizione mediatica che la televisione
può dare: bisogna invece solo saperla fare.
Risulta quasi un dovere oggi saper essere
comunicativi in una situazione di sovraesposizione mediatica, senza perdere i
contenuti e la qualità, come fa benissimo per esempio Stefano Bollani. È
difficilissimo, ma se fosse facile sarebbe anche meno prezioso. Ecco: prezioso.
È forse proprio questo l’aggettivo che meglio descrive la partecipazione di
Manuel Agnelli a X Factor. La situazione è di una semplicità disarmante: senza
Agnelli non avremmo avuto la fermezza competente di chi, di fronte alla
rivendicazione al diritto all’ignoranza giudicante di Arisa, risponde con un
ineccepibile “studia un po’, Arisa“.
Il principale aspetto negativo di un certo
tipo di canzone, che frequenta più i lidi dell’intrattenimento e del mercato
che quelli dell’arte, è dato dalla superbia di credere che il successo e la
popolarità siano unità di misura importanti per giudicare anche il livello
estetico. Da lì, sembra che il fatto di replicare certe formule possa in
qualche modo avere un valore in sé, fino al punto di concedersi il lusso – da
giudice quale Arisa è nel programma – di manifestare ignoranza per un brano non
conosciuto e, tramite questa ignoranza, permettersi di criticare negativamente.
Il gesto di Agnelli è stato perciò
liberatorio, utile come qualcosa che riporta causa ed effetto nel giusto
ordine. Senza Agnelli, lì, in quel momento, dubito che questo piccolo atto di
giustizia critica ed estetica sarebbe stato realizzato da qualcun altro. Come
detto, è semplicissimo: alzare il livello della qualità, quando questa è ben
veicolata e comunicata con spigliatezza, autorevolezza e intelligenza, non può
che essere un bene. Controindicazioni non se ne vedono proprio. Ora, grazie a
Manuel Agnelli, sappiamo che X Factor non fa eccezione.
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