lunedì 12 dicembre 2016

Renzi e il prestanome Gentiloni = il primo governo Renziloni…mentre il boy scout di Pontassieve asfalta gli “avversari” nel PD…



da: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/

Dio acceca quelli che vuole perdere
di Alessandro Gilioli

Il Corriere della Sera, in un articolo di una cronista politica non antirenziana, attribuisce oggi al premier uscente l'intenzione virgolettata di andare a primarie e congresso Pd per «asfaltare le minoranze», mentre Gentiloni sta a Palazzo Chigi a occuparsi di banche e altre emergenze.

La metafora bituminosa, non nuovissima, si adatta peraltro anche a quello che abbiamo visto nelle ultime ore.

Nelle quali il presidente del Consiglio prima ha indetto una direzione del suo partito in cui ha potuto parlare solo lui (l'unico che ha cercato di replicare, Walter Tocci, è stato accompagnato alla porta); poi è tornato brevemente a casa per riapparire a Palazzo Chigi indicendo consultazioni parallele a quelle del Capo dello Stato; quindi ha mandato la delegazione del Pd al Quirinale senza il mandato di proporre alcun nome; infine ha comunicato lui il nome che aveva deciso, con una telefonata a un attonito Mattarella.


Il quale ormai è rimasto custode delle regole e delle prassi tanto quanto il prevosto di una parrocchia di campagna occupata dalle truppe di Napoleone.

Domani il Pd tornerà a riunire la sua direzione, ma Renzi non ci andrà: discutano tra loro, se proprio ci tengono, lui ha altre cose da fare. Anche gestire fino al voto il disastro da lui stesso provocato gli dev'essere sembrato una diminutio, un abbassarsi eccessivo: lo faccia un suo famiglio, incaricato di tenergli calda la poltrona fino alle elezioni, un po' come i signori affidano la casa alla domestica mentre sono in vacanza.

E questo sia detto senza polemica verso il buon Gentiloni, che probabilmente mai avrebbe sognato di sedersi a Palazzo Chigi quando è arrivato terzo su tre alle primarie del Pd romano, nel 2013, nell'ultimo voto popolare a cui è stato sottoposto.

Non sono sicuro che al Paese, ma anche al suo partito, faccia benissimo questo atteggiamento un filo arrogante e autocratico: a definirlo da "caudillo" è stato in passato un uomo pacato come Ferruccio de Bortoli, spero che questa citazione non sia equivocabile come "un'incitazione all'odio in politica". A me pare, ormai, semplice cronaca di verità, di cose che si succedono sotto i nostri occhi. E viene da pensare: se il premier è in modalità così "asfalto on" avendo perso, chissà se avesse vinto.

Ma transeat.

Adesso entrerà in carica il terzo esecutivo di una legislatura marcia come una pera in un cassonetto.

Chiamarlo governo Renziloni è un gioco di parole facile, ma credo difficile da smentire. Del resto non lo smentiscono nemmeno le persone più vicine al premier uscente: né Grasso né Franceschini né Calenda erano considerati altrettanto "leali", l'unica alternativa presa in considerazione era Padoan che però deve stare al suo posto per l'emergenza Mps e altro.

Non avrà vinta lunghissima, questo governo: servirà a reggere la baracca (banche, soprattutto, ma in generale economia) e a presentarsi con un premier sorridente ai vertici internazionali, specie il G7 di Taormina, fine maggio, il primo di Trump.

Non credo che serva invece a far sentire la società più rappresentata nelle istituzioni: in questo senso, mi pare al contrario un'ennesima saldatura di emergenza, e un po' raffazzonata, su una pentola a pressione in procinto di scoppiare.
Tanto meno servirà per aprire un dibattito all'interno del centrosinistra sull'eventualità che qualche grave errore sia stato commesso in questi due anni e mezzo: magari sul Jobs Act, sui voucher, sul No ideologico a qualsiasi ipotesi di reddito minimo, sulle risposte mancate al precariato giovanile e non, sulla molecolarizzazione in un tutti-contro-tutti quotidiano di un Paese che (parzialmente) si compatta solo quando può sfanculare l'establishment. E sulla stessa proposta di impalcatura istituzionale (Italicum più riforma Boschi) che si è schiantata al voto.

Peccato: sarebbe probabilmente questo l'unico modo per non farla esplodere, la pentola a pressione di cui sopra; ma non è nelle intenzioni, pare.

Così come - palesemente - non è nelle intenzioni rimettere in discussione un approccio alla politica in cui lo storytelling nuovista si mescola all'alterigia, alla presunzione, alla superbia, all'arroganza, al bonapartismo, al non-ascolto. È una modalità fallita, anche questa, invece viene riproposta ancora a caldo del suo fallimento: e asfaltiamo chi non è d'accordo, dai che prepariamo un nuovo Armageddon (le primarie, il congresso) e poi un altro ancora (le elezioni politiche subito dopo).

Così è, Dio acceca quelli che vuole perdere. Buon lavoro a Paolo Gentiloni.

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