La
legge Gasparri in soccorso di Mediaset. L’Agcom avverte Bolloré: “Possibile
stop alla concentrazione Telecom-Mediaset”
di Giuseppe
Colombo, Alessandro De Angelis
Il patron di Vivendi, Vincent Bolloré, non
ha mai messo nero su bianco la volontà di accorpare sotto la sua creatura
Mediaset e Telecom Italia, società nelle quali detiene rispettivamente il 20% e
il 23,1% delle azioni. Eppure l'Agcom, l'arbitro delle telecomunicazioni in
Italia, ha sentito la necessità di avvertire i francesi in via preventiva: se
la strada è quella che trapela dai rumors, cioè di un colosso che poggia su due
gambe, quella dell'infrastruttura di rete (Telecom) e quella della produzione di
contenuti (Mediaset), allora niente da fare. Stop.
Un comunicato stampa,
diramato in serata, piomba nella vicenda della scalata di Vivendi in casa Mediaset e
ha il sapore di un altolà: la concentrazione potrebbe essere vietata. Un
ragionamento che l'Agcom lega alle norme previste dal Testo unico dei servizi
di media audioviosivi e radiofonici, un'appendice della legge Gasparri, che
ancora una volta potrebbe risultare salvifica per l'azienda guidata dalla
famiglia Berlusconi. È lo stesso Gasparri a dare la cifra del ruolo chiave che
può giocare la legge che porta il suo nome: "La norma contro le
concentrazioni tv-tlc, che fu concepita anche per tranquillizzare chi temeva
uno strapotere di Mediaset è garanzia per impedire
una scalata impropria che
parta dall'estero e che realizzi una concentrazione Vivendi-Telecom-Mediaset.
Insomma, la mia è una legge neutrale, moderna, esattamente il contrario di
quelli che l'hanno criticata che sono antichi e ciechi". Se la scalata di
Vivendi a Mediaset fosse avvenuta nel 2004, Forza Italia si sarebbe mobilitata
in massa a difesa della creatura di Silvio Berlusconi. Il paradosso, oggi, è
che a fare la parte da leone nella difesa dell'azienda del Cavaliere sono il
Governo, targato Pd, e le prime linee degli stessi dem.
La barriera protettiva che l'Agcom erige
preventivamente intorno a Mediaset è chiara. Una concentrazione tra Telecom
Mediaset potrebbe essere vietata perché violerebbe le norme anticoncentrazione
nel mercato delle tlc. L'Autorità ricorda che, in base alla legge, le imprese
di comunicazioni elettroniche che detengono nel mercato italiano una quota
superiore al 40%, non possono acquisire ricavi superiori al 10% del sistema
integrato delle comunicazioni (tv, radio, editoria), il cosiddetto Sic. È la
stessa Autorità a dare i numeri che rendono impossibile arrivare alla
concentrazione Telecom-Mediaset nelle mani di Vivendi. Così recita la nota:
"Telecom italia, il cui azionista di maggioranza è il gruppo Vivendi con
una quota del capitale sociale del 24,68%, risulta il principale operatore nel
mercato delle comunicazioni elettroniche, detenendo il 44,7% della quota nel
mercato prevalente delle telecomunicazioni. Mediaset, società operante nel
settore dei media e dell'editoria, il cui azionista di maggioranza è il gruppo
Fininvest con il 34,7% del capitale, raggiunge nel 2015 una quota del 13,3% del
Sic".
L'Authority accompagna i numeri con
considerazioni come il rispetto di "esigenze d'interesse generale"
(pluralismo, servizi di pubblica utilità, concorrenza) e "diritti
essenziali dei cittadini" (informazione, comunicazione, accesso ad
Internet). Contattata da Huffpost, l'Autorità fa sapere che "non è
cieca" rispetto ai movimenti che stanno animando i mercati in questi
giorni. "Noi - viene sottolineato - abbiamo rimarcato l'esistenza di un
testo unico, stiamo osservando la situazione, il mercato è libero di muoversi
come crede ma sapendo che esistono delle regole".
All'indomani dell'annuncio di Vivendi di
essere arrivata a detenere il 20% delle azioni dell'azienda guidata dalla
famiglia Berlusconi prosegue il duello a distanza tra i due attori in campo. I
francesi provano a gettare acqua sul fuoco. Fonti vicine al gruppo transalpino
sottolineano che l'operazione su Mediaset "certamente non è stata
sollecitata, ma non è un atto ostile". Non a caso le fonti usano lo stesso
aggettivo che ieri Silvio Berlusconi aveva messo come pietra miliare del suo
pensiero, bollando il tentativo di Bolloré come "un'operazione
ostile". In casa Mediaset il "gabinetto permanente" guidato da
Fininvest non cambia per il momento la linea di difesa oltranzista contro
quello che viene definito un attacco dei francesi. Il sentiment che prevale è
sempre quello del non fidarsi.
A non fidarsi dei francesi e a difesa
dell'italianità di Mediaset sono in tanti. Dopo l'ombrello protettivo aperto
dal Governo e dal Pd, arriva quello delle banche e dei sindacati. Intesa
Sanpaolo, che insieme a UniCredit è advisor dell'azienda di Cologno Monzese
nella vicenda Vivendi, si è schierata apertamente con Mediaset.
"Supportiamo Mediaset in questa operazione. Abbiamo certamente una
relazione con Mediaset e siamo vicini a loro. Le aziende italiane devono
restare tali", ha dichiarato il ceo Carlo Messina. La segretaria generale
della Cisl, Annamaria Furlan, ha sposato la linea dell'esecutivo, esposta dal
ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: "Ha fatto bene il
Governo ad esprimere le giuste preoccupazioni sulla scalata in corso di Vivendi
al gruppo Mediaset. Il nostro Paese ha il dovere di difendere non solo gli
asset strategici pubblici ma anche le grandi aziende italiane dalle
colonizzazioni finanziarie", ha scritto Furlan su Facebook. A compattarsi
in difesa di Mediaset è tutta la politica, con eccezione del Movimento 5
Stelle, che giudica "inopportuno un intervento dell'esecutivo a tutela di
Mediaset quando lo stesso non fece nulla contro l'aggressiva scalata di Vivendi
a Telecom, che era invece veramente strategica per il nostro Paese considerando
l'infrastruttura di rete in suo possesso".
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