La
fine tragica della "bolla" afghana. Bilancio umano e morale: per il
New York Times gli afghani in pericolo sarebbero 300 mila, evacuati circa
70mila. Gli americani circa 10mila, 4mila già usciti dal Paese
Come
ha dimostrato l’inutile G-7 di martedì 24 agosto, agli Usa degli
alleati importa poco e niente, e ancora meno degli afghani, altrimenti
avrebbero pensato prima a evacuarli e a tenere in piedi le loro forze
armate. Si era capito il 2 luglio scorso, quando abbandonarono di notte la
grande base di Bagram staccando luce e acqua senza avvertire l’esercito
afghano. Un messaggio chiaro: avevano deciso di lasciare l’Afghanistan al buio
e all’oscurantismo dei talebani.
Questi
erano nella sostanza gli accordi di Doha voluti da Trump: un exit
deal senza condizioni e senza strategia.
La
vicenda afghana è una storia di disfatte e di bugie, molte avallate
dai politici e dai media occidentali. La scadenza del 31 agosto non
l’hanno decisa i talebani: in un primo momento Biden aveva indicato quella
dell’11 settembre, ventennale degli attacchi del 2001, per dare un
significato simbolico al ritiro, poi, sentendosi sicuro di sé, ha anticipato al
31 agosto. La Casa Bianca ha agito in maniera pessima di fronte al crollo delle
forze locali, iniziato da almeno un paio di mesi. Il capo della Cia e quello
dello Stato Maggiore avevano già avvertito che il governo Ghani stava
disgregandosi.
Perché si sono ritirati in questo modo?
Gli
Usa avevano intuito, con la corsa ai trasferimenti di valuta all’estero,
che ci sarebbe stata la grande fuga dal Paese, soprattutto nella “bolla”
filo-Occidentale, anche se la caduta di Ghani fosse stata più lenta. Ma non
volevano fare nessun complicato e disturbante ponte aereo per salvare i
collaboratori dell’Occidente, limitandosi a portarne fuori un numero limitato.
America
First era lo slogan di Trump, quello di Biden è America
is back: in tutti e due i casi il corollario è “che gli altri si
arrangino”.
Gli
Stati, come diceva Churchill, non hanno amici, soltanto interessi.
E gli Usa di Biden, che se la prendono con Mosca e Pechino sui diritti
umani e civili, alla prova dei fatti hanno abbandonato al suo destino un
Paese dove sono stati vent’anni. Quindi hanno poco da dare lezioni,
visto che sono alleati di Arabia Saudita e Pakistan, paesi che quanto a
oscurantismo non sono secondi ai talebani. I sauditi sono un regime plumbeo
di assassini di giornalisti e oppositori, i pakistani sono il maggiore sponsor
dei talebani.
Il
bilancio umano e morale, in cifre, è il seguente: il New York Times stima che
gli afghani in pericolo per avere collaborato con l’Occidente siano 300mila,
fino a martedì ne erano partiti 70mila. Non si sa neppure, secondo il
quotidiano americano, il numero degli americani da evacuare: si pensa intorno
ai 10mila, 4mila sono già usciti dal Paese.
Ricordiamo
che Biden aveva detto, testualmente, di non sapere “quanti e dove
fossero gli americani in Afghanistan”. Se non conosceva (o forse non voleva
dire) il numero degli americani, figuriamoci se aveva piani per evacuare in
massa gli afghani: non ci pensava proprio, si è mosso quando non poteva più
farne a meno.
La
“bolla” filo-occidentale è esplosa da sola e non doveva essere salvata
che in minima parte: che ci pensassero i talebani a gestirla con i loro metodi
spicci e violenti. Siamo di fronte a un’amministrazione bugiarda e moralmente
infima, che ha volutamente ignorato i pericoli pur conoscendoli.
Della
disfatta e delle bugie la Nato è stata una complice attivissima. Per
vent’anni l’Alleanza atlantica è stata la maggiore protagonista dei piani per
trasformare l’Afghanistan in un Paese filo-occidentale. La Nato ha addestrato
le truppe – quell’esercito che si è liquefatto in pochi giorni – sono i
paesi Nato che hanno venduto all’opinione pubblica i “progressi” che si
facevano in Afghanistan, spacciando come un successo una missione
fallimentare.
I
nostri ministri della difesa e degli esteri andavano in Parlamento a
raccontare cose rassicuranti sull’Afghanistan per rinnovare i finanziamenti
alla missione. Si facevano belli volando nella base a Herat del contingente
per cerimonie retoriche che per altro duravano poche ore. Perché non sia mai
che fermandosi un po’ di più dovessero prendere atto della realtà. Era una
veloce abbronzatura afghana da sfoggiare indossando il giubbetto militare davanti
alle telecamere per darsi un’aria marziale.
Guerini si è
detto “sorpreso” dagli eventi afghani: sarebbe strano altrimenti
perché noi in genere seguiamo il manuale dell’alleato perfetto degli
americani, comprese le bugie e le sciocchezze contenute nel prontuario.
Quanto
alla politica estera americana, bene fa Draghi a puntare sul G-20,
sulla Russia e la Cina, perché sugli Usa si potrà contare sempre
di meno. Lo avevamo già visto con l’Isis in Iraq, con la Siria e
soprattutto con la Libia, dove una sfilata di governi italiani
farlocchi si è fatta vendere per anni da Washington la bugia pietosa
della “cabina di regia”.
Quanto alla politica estera di Biden eccola: è entrato alla Casa Bianca dicendo che avrebbe fatto una “politica estera per la classe media”. Togliete l’aggettivo “estera” è avrete la verità: c’è solo una politica per la classe media. E soltanto americana, naturalmente. La fine tragica della “bolla” afghana ci sia di lezione.
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