Prologo
Questo è un libro sull’economia nell’era d.C., dopo il Covid-19. È scritto da me, che più che un’economista sono una classicista amante della politica estera, ma negli anni ho accumulato esperienza nell’ambito del giornalismo specializzato nelle tematiche finanziarie. Oggi ho deciso di chiamarla a raccolta per provare a raccontare i grandi cambiamenti che hanno caratterizzato il 2020 con un linguaggio il più possibile chiaro e accessibile anche ai non addetti.
Non stupitevi perciò se, in mezzo a un’analisi delle manovre economiche, troverete divagazioni tra i filosofi dell’Antica Grecia, la Roma degli imperatori, la crisi del Trecento o il Secolo dei lumi.
Inizio subito chiamando in causa una grande figura del Settecento britannico di cui, nel corso dei miei recenti studi presso il dipartimento di formazione continua dell’Università di Oxford, ho approfondito il pensiero ma anche la dimensione più personale, ammirandone lungimiranza e umiltà. Sto parlando di David Ricardo, che da giovane agente di Borsa appassionato di economia, nella capitale inglese annotava le sue riflessioni in articoli e brevi saggi ma proprio non ci pensava a scrivere un libro. Fino a che, incoraggiato da amici del calibro di John Stuart Mill, finalmente lo pubblicò nel 1817 con il titolo Princìpi di economia politica e dell’imposta.
Ricardo vi sosteneva che l’inserimento delle macchine nella produzione sarebbe stato un bene generale. Salvo poi ricredersi, rivedere il testo per una seconda e una terza edizione, e in quest’ultima, risalente al 1821, affermare che le macchine in una prima fase avrebbero fortemente danneggiato la classe operaia, accrescendone la disoccupazione. Ricardo, che nel frattempo aveva lasciato la Borsa ed era entrato in Parlamento, aveva cambiato idea. E teneva a scriverlo. La riflessione, il confronto e l’esperienza lo avevano portato a una visione più consapevole delle cose. Davanti a un fenomeno in forte trasformazione, come la Rivoluzione industriale, aveva formulato le sue osservazioni ma, a fronte di nuovi dati e probabilmente di una nuova prospettiva acquisita negli anni, li aveva corretti, avendo l’onestà di ammetterlo e divulgarlo.
È questo il grande insegnamento di Ricardo.
Si può essere completamente esaustivi quando si parla di questioni nuove e in divenire? Si può essere obiettivi quando si trattano aspetti che hanno un peso rilevante sulla quotidianità delle persone? Il segreto è quello di partire sempre dai numeri, dai dati, e di essere aperti alla critica e al dibattito. Se c’è qualcosa che le università dovrebbero insegnare, e spesso non fanno, è l’apertura mentale e il continuo mettere in dubbio le proprie idee. Occorre sottrarsi alla politica e all’ideologia a ogni costo, essere curiosi, farsi spiegare, cercare di capire. È un metodo che ho fatto mio, e un consiglio e un augurio che mi sento di condividere con i tanti ragazzi che scrivono per chiedermi consigli sul mestiere del giornalismo.
Quanto all’apparente osticità della materia economica, raccontandola in modo vasto e lieve, spero di ricordare a me stessa e ai giovani lettori che dietro agli sterili numeri ci siamo noi e la nostra vita.
L’economia ci interessa. Riguarda il nostro quotidiano. Al netto dei paroloni difficili, «economia» significa parlare di famiglia, cultura, abitudini, lavoro, denaro, idee, storia. Di cose che conosciamo e che sono interconnesse, viste le conseguenze che hanno su di noi.
Come siamo cambiati dopo che il Covid-19 ha investito le nostre vite? Come sta reagendo il mondo del lavoro? Che misure assumono gli Stati per rispondere alle esigenze delle aziende? Di fronte a una crisi di portata mondiale, il ruolo delle banche centrali e delle altre istituzioni sovranazionali ritroverà la sua originaria e più autentica vocazione? Come sta mutando l’equilibrio internazionale a seguito della sempre maggiore centralità assunta dalla polarizzazione Cina-Usa, a colpi di dazi prima e di chiusura dei consolati poi? Quale ruolo giocherà l’Italia in questa partita?
Con l’aiuto dei numerosi esperti che ho interpellato in questi mesi, mi interrogherò sulla possibilità che il Covid-19 possa effettivamente essere un’occasione per ripartire, correggendo la traiettoria assunta negli ultimi decenni da un’economia all’insegna della frenesia, che ha seminato stress e paura del futuro. Corriamo come pazzi, in quest’era globalizzata, girando in tondo come se avessimo dimenticato il bloccasterzo. Il Covid può essere l’occasione per rallentare, costruendo un futuro sostenibile? Sono domande alle quali cercherò di dare una risposta, pur consapevole che sono tutti scenari in divenire, che mutano con una cadenza quasi quotidiana. Ripercorrerne l’origine e il contesto, tuttavia, fornisce le chiavi di lettura per continuare a interpretarli anche nella loro evoluzione.
Nessun commento:
Posta un commento