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- di Felice
Florio
Patrick
Zaki: «Sto bene». Lo scrive in una lettera alla famiglia: «Un giorno sarò
libero e sarà meglio di prima»
Un
passaggio della lettera, scritta e firmata lo scorso 21 giugno dallo studente
egiziano è stato condiviso oggi, 4 luglio, dalla rete di attivisti “Patrick
libero”
Centoquarantanove giorni. In carcere in
Egitto, senza un processo, dopo un interrogatorio di 17 ore, torturato con
scariche elettriche e percosse. Patrick George Zaki, nonostante tutto, dice di
stare bene. «Cari, sono in buona salute, spero che anche voi siate al sicuro e
stiate bene – si legge nella lettera che lo studente egiziano dell’università
di Bologna ha spedito ai familiari -. Famiglia, amici, amici di lavoro e
dell’università di Bologna, mi mancate tanto, più di quanto io possa esprimere
in poche parole».
Il 27enne, per una serie di proroghe delle
magistratura, attende ancora un giudizio sul suo stato di fermo. È in
detenzione preventiva nel carcere di Tora, a Il Cairo. «Un giorno sarò libero e
tornerò alla normalità, e ancora meglio di prima», si legge in un passaggio
della missiva, firmata da Zaki lo scorso 21 giugno. «Naturalmente non ha potuto
dire tutto quello che voleva, dato che queste lettere passano attraverso
diversi controlli prima di raggiungere il destinatario», commentano dalla rete
di attivisti “Patrick libero”.
Due giorni fa, il ministro dell’Università
Gaetano Manfredi, ospite del comitato dei rettori dell’Università della
Lombardia, ha risposto all’appello di Amnesty International: «Ritorneremo alla
carica con il governo egiziano per garantire che ci sia una decisione rapida
sul futuro di Zaki – ha dichiarato -. Dobbiamo fare pressione sul governo
egiziano per fare in modo che Zaki abbia un processo giusto e non possa
rimanere in carcere».
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