Federico Arata, figlio del professor Paolo
Franco Arata indagato con l’accusa di aver corrotto
il sottosegretario Armando Siri, è stato assunto a Palazzo Chigi dal
sottosegretario Giancarlo Giorgetti. In particolare, avrebbe firmato un
contratto nel Dipartimento programmazione economica. Franco Paolo Arata è anche
accusato di essere la «testa di legno» dell’imprenditore siciliano Vito
Nicastri, ritenuto uno dei finanziatori del boss latitante Matteo Messina
Denaro. Stando ai magistrati delle procure di Palermo e Roma, Arata avrebbe
corrotto Siri con lo scopo di ottenere provvedimenti di favore nel settore
delle rinnovabili.
Arata,
il presunto «schermo» di Cosa nostra
Secondo i pm era lo «schermo» attraverso
cui Cosa nostra intendeva far arrivare le proprie istanze nei palazzi del
potere politico. Lo sostengono gli atti giudiziari dei magistrati, che
ritengono il professore ed ex deputato di Forza Italia Paolo Franco Arata - tra
i sette docenti incaricati da Matteo Salvini di scrivere il piano di governo –
l’anello che univa gli interessi imprenditoriali nel settore rinnovabili di
Vito Nicastri, legato al boss Messina Denaro, con ambienti dell’esecutivo.
La
tangente da 30mila euro a Siri
Nella Capitale, con l’accusa di corruzione,
è indagato il sottosegretario alle Infrastrutture Siri. Il politico, ideologo
della Flat tax e braccio destro del ministro dell’Interno, è estraneo ai presunti
fatti di mafia, ma da Arata – che lo stesso sottosegretario aveva proposto come
commissario per la “Sblocca cantieri” - avrebbe ricevuto 30mila euro per
inserire «emendamenti – si legge nei documenti - contenenti disposizioni in
materia di incentivi per il cosiddetto “minieolico”». Il presunto motivo per il
quale ci fossero state queste richieste da parte di Arata lo spiegano, invece,
gli atti della Procura di Palermo. Secondo i magistrati, infatti, Arata
risponde dell’accusa di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal
metodo mafioso, in quanto sarebbe la sospetta «testa di legno» di Vito
Nicastri, che al docente leghista e al figlio Francesco avrebbe intestato «la
titolarità e la disponibilità di quote delle società Etnea srl, Alqantara srl,
Solcara srl, Solgesta srl, Bion srl ed Ambra Energia srl», tutte impegnate nel
settore delle rinnovabili. I benefici degli emendamenti, dunque, avrebbero
avuto effetto sulle società ritenute di origine mafiosa. D’altronde Nicastri,
scrivono i pm siciliani negli atti, già in una precedente indagine aveva fatto
«guadagnare al sodalizio mafioso somme di denaro, in parte destinate anche al
latitante Matteo Messina Denaro».
ll
giro di società «mafiose»
«Naturalmente tuo papà mi ha fatto scrivere
una carta che la società è sua al metà per cento, che ce l'ha... tuo papà le
carte ce l’ha dal notaio. Però non ha tirato fuori una lira, neanche di Solcara
(una società ndr), ed erano soldi che mi dovreste dare, quando c’era la
possibilità, me li dovreste... giustamente me li dovreste dare». Una delle
società tra l’imprenditore ritenuto vicino alla mafia Vito Nicastri e il
faccendiere vicino alla Lega Paolo Arata è stata costituita davanti a un
notaio. A raccontarlo, non sapendo di essere intercettato nell’ambito di una
inchiesta su un giro di tangenti alla Regione siciliana dei pm di Palermo, è lo
stesso Arata accusato, insieme a Nicastri di corruzione e intestazione fittizia
di beni aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra.
Arata, si evince da dialoghi, ha una serie di problemi economici relativi al business che condivide con Nicastri nel settore delle energie alternative. «Mi fidavo totalmente di tuo papà, - dice al figlio dell’imprenditore, pure lui indagato -per stima, per mille motivi, gli son sempre stato vicino, prima. In quel momento lì lui era zero, non aveva una lira in tasca, ed io gli ho dato trecentomila euro», si sfoga. «Io venivo giù - prosegue - e mi dicevate sempre “è a posto”. Avete avuto diciotto mesi di tempo, cioè, non un giorno, non è che era il duemilasedici, era il duemilaquindici, dicembre duemilaquindici quando io vi ho dato i soldi. Siamo arrivati, dove siamo arrivati perché tuo papà, io venivo qua e gli dicevo: ma scusa Vito...: ah no, non me ne occupo... ma come non te ne occupi, io ti ho pagato e non te ne occupi?».
Verbali
dei fedelissimi di Di Maio
Nei giorni scorsi gli inquirenti della
Procura di Roma hanno disposto una serie di audizione di persone informate sui
fatti, tra i quali spiccano alcuni fedelissimi del vicepremier M5S Luigi Di
Maio. Si tratta del capo di gabinetto Vito Cozzoli, della vice Elena Lorenzini
e del sottosegretario Davide Crippa. Tutti hanno confermato ai magistrati di
aver ricevuto pressioni dal sottosegretario Armando Siri, che intendeva inserie
alcuni emendamenti relativi all’energia.
La
polemica politica
Il Pd chiama il premier Conte a riferire
sulla vicenda: «Dopo le recenti rivelazioni della stampa secondo la quale il
figlio dell'imprenditore Arata, quest’ultimo indagato insieme al
sottosegretario Siri, sarebbe stato assunto recentemente dal sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio Giorgetti, il presidente Conte non può
nascondersi e ha il dovere di presentarsi in Parlamento per chiarire una
vicenda che getta inquietanti ombre sul Governo. Le ipotesi di indagine della
Magistratura sono gravissime e impongono al Governo di fare chiarezza». È
quanto si registra da fonti del Partito democratico. Da parte leghista, però,
si respingono le accuse: «Parlamentari e ministri della Lega continuano a
lavorare anche in questi giorni di festa. Non rispondono a polemiche e insulti
che si sgonfieranno nell’arco di qualche ora. Federico Arata è persona
preparata. Alleghiamo curriculum». È quanto sottolineano fonti qualificate
della Lega con una nota.
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