da:http://www.internazionale.it/ - di
Bernard Guetta
Di fatto non ci sono prove. Sappiamo che
c’è stato sicuramente un attacco aereo con armi chimiche e che questo attacco
ha colpito una zona controllata dai ribelli ostili al regime di Bashar al
Assad, con le ultime cifre che parlano di un centinaio di morti e tra i 400 e i
500 feriti. Dunque dal punto di vista giuridico non è possibile accusare
formalmente il regime siriano di crimini di guerra, se non fosse che…
Se non fosse che nessuna fazione ribelle
possiede un solo aereo, e anche ammettendo che gli insorti se ne siano
procurato uno nella notte non si capisce perché avrebbero dovuto bombardarsi da
soli. In mancanza di prove, insomma, c’è un solido ragionamento logico che
punta dritto contro l’esercito di Assad, che dal canto suo si affanna a
smentire e a protestare.
Qualcuno dirà che il regime non ha
interesse a trasformarsi nel bersaglio dell’indignazione internazionale proprio
nel momento in cui i ribelli sono pressoché sconfitti.
Le
mosse di Putin
È vero. Lo sdegno internazionale è
arrivato, ed è il minimo. Ma questo regime non si è mai preoccupato troppo
della sua immagine, per il validissimo motivo
che non ne ha mai pagato le
conseguenze. I suoi massacri, i suoi bombardamenti incessanti di ospedali,
scuole e quartieri residenziali, il suo impiego di armi chimiche, l’esistenza
di centri di torture dove i prigionieri vengono lasciati morire di fame e di
sete e tutta l’insostenibile barbarie di questo regime sono perfettamente
documentati. Eppure la Russia blocca qualsiasi condanna di Damasco da parte del
Consiglio di sicurezza e, fatta eccezione per la Francia, nessuno ha mai voluto
quantomeno provare a indebolire il regime per spingerlo al tavolo dei
negoziati.
Tra la Russia e l’Iran che sostengono il
regime con le armi e gli Stati Uniti che si rifiutano di intervenire in Medio
Oriente quando dovrebbero (dopo averlo fatto quando non avrebbero dovuto),
Assad si sente libero di varcare ogni limite. L’ennesimo attacco, tra l’altro,
non è stato lanciato a casaccio come si potrebbe pensare.
La Russia, paese che ha salvato il regime
schiacciando Aleppo, vorrebbe ottenere da Assad alcune concessioni che
permetterebbero a Putin di ritirarsi e sostenere di aver favorito un accordo
politico. Ma Assad non ha intenzione di assecondare i russi perché teme che la
minima apertura possa provocare la fine del suo regime. Per il macellaio di
Damasco è fondamentale che i ribelli siano sbaragliati completamente, e un
crimine come quello commesso il 4 aprile può contribuire alla sua missione.
C’è una certa razionalità in questo orrore,
ma è anche vero che Assad sta scherzando con il fuoco, perché l’amministrazione
Trump, che fino a una settimana fa si diceva pronta ad accettare la sua
permanenza al potere, ha subito alzato la voce contro di lui. Intanto i turchi
stanno facendo pressione sull’alleato russo affinché reagisca e a Mosca traspare
una certa irritazione. Forse Damasco ha sferrato un colpo di troppo. Staremo a
vedere. Per il momento non tira un’aria buona per questo regime di assassini.
(Traduzione
di Andrea Sparacino)
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