domenica 20 dicembre 2020

Mariangela Pira: Anno Zero d.C. / 8

 


L’inatteso Recovery Fund

Del Recovery Fund si parla per la prima volta nell’Eurogruppo sopra citato, ma è nell’ultima settimana di maggio che diventa protagonista. La proposta è franco-tedesca, è apprezzata anche dall’Italia e il 27 maggio viene approvata dalla Commissione europea. Potremmo tradurre Recovery Fund con «fondo di recupero al quale attingere in questo momento di crisi».

In realtà, il velo alzato da Bruxelles sulle misure per far ripartire l’economia europea mostra uno strumento più complesso chiamato Next Generation Ue (di cui il Fondo è uno spicchio), che andrà ad aggiungersi agli altri strumenti già messi in campo e sarà dotato di 750 miliardi di euro: 250 sotto forma di prestiti e 500 (come da proposta franco-tedesca) in sussidi, in parte anche a fondo perduto, ovvero da non restituire in alcuna forma. L’Italia, quel 27 maggio, viene riconosciuta come il paese più colpito e riceverà la fetta più ampia di questa torta: 173 miliardi tra prestiti e aiuti (degli 81 miliardi a cosiddetto fondo perduto, netti ne arriverebbero circa 32 – torneremo dopo su questo argomento, importantissimo). Alla Spagna spetterebbero 140 miliardi. I paesi che riceveranno i soldi dovranno però indicare come intendono investire le risorse e impegnarsi a fare le riforme. Da dove arriveranno i quattrini?

I soldi saranno raccolti dalla Commissione europea sui mercati con titoli pluriennali a varie scadenze (per intenderci in questo caso non si va sul mercato a raccogliere i quattrini sotto la bandiera Italia, come quando vendiamo i nostri titoli di stato, ma sotto l’egida europea), che Bruxelles rimborserà agli investitori a partire dal 2028 ma non oltre il 2058. Per pagare i bond, i titoli, alla scadenza la Commissione userà in parte il budget europeo.

Con budget europeo si intende il bilancio europeo, esiguo e pari al solo 1 per cento dell’intero Prodotto interno lordo del Vecchio Continente, al quale contribuiscono tutti gli Stati membri. A mo’ di esempio, l’Italia è contributore netto, ovvero dà a Bruxelles più di quanto riceve. Stando agli ultimi dati, elaborati dalla Corte dei conti, l’Italia contribuisce al bilancio europeo con circa 4 miliardi di euro all’anno. La Germania è il più grande contributore europeo e di fatto sarà la nazione cui il Recovery Fund costerà di più. Del resto tutto pur di non condividere il debito con noi.

Nella realtà le cose non vanno molto diversamente da come era stato prefigurato nella proposta.

Nella riunione-fiume del Consiglio europeo del 20 luglio viene trovata la quadra, dopo quattro giorni di negoziazioni. Il Fondo Recovery sarà operativo dal 2021 e conterà 750 miliardi, tra prestiti e sussidi: un debito comune europeo, il più alto mai messo a disposizione per i paesi membri.

Cambiano le proporzioni rispetto alle proposte iniziali: i sussidi scendono a 390 miliardi, mentre i prestiti salgono a 360, ma la parte a fondo perduto potrebbe essere inferiore a quanto appare a occhio nudo.

I 750 miliardi del piano saranno raccolti, cioè chiesti in prestito, da Bruxelles sui mercati, con l’emissione di bond europei pluriennali garantiti da tutti i paesi Ue e poi girati agli Stati. Ma il denaro andrà comunque restituito da Bruxelles agli investitori che hanno comperato quei titoli.

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