mercoledì 9 dicembre 2020

Mariangela Pira: Anno Zero d.C. / 5

 


Se si stampasse moneta saremmo tutti ricchi?

Se le banche centrali hanno una capacità illimitata di generare denaro e acquistare i titoli di stato dei paesi di riferimento, allora perché per contrastare la crisi non stampano moneta? È una domanda che ci si pone spesso. Del resto l’acquisto illimitato di titoli di stato dei vari paesi altro non è che una modalità moderna di stampare moneta: immettere denaro nel sistema per sostenerlo in periodi di crisi come questo. Allora perché non dare un milione a tutti? Perché non smettere di lavorare a quel punto? Sarebbe bello, purtroppo no, dato che esiste l’inflazione.

Inflazione significa che cala il mio potere d’acquisto. Se con un dollaro oggi compro il pane, ma l’anno prossimo con lo stesso dollaro non riesco più perché il prezzo è lievitato, è perché c’è inflazione, ovvero crescita dei prezzi. L’inflazione dipende dalla domanda e dall’offerta. Per esempio, se tutti avessimo 500.000 euro sul conto a partire da oggi, l’offerta non sarebbe in grado di soddisfare l’enorme domanda, ci sarebbe quindi un forte aumento dei prezzi che immediatamente farebbe perdere valore ai nostri 500.000 euro, perché non contraccambiamo quel denaro che ci viene corrisposto con il nostro lavoro. Questo falsa il rapporto. Se bastasse stampare moneta, i paesi africani sarebbero ricchissimi e quelli dell’America Latina non sarebbero mai andati in default. Pensiamo agli argentini. Anche i turchi sarebbero un potentato.

Uno degli esempi più estremi e assurdi di aumento repentino dei prezzi e di crollo del potere d’acquisto (si legga: iperinflazione) è quello che ha riguardato lo Zimbabwe nel 2008, quando a un certo punto i prezzi sono cresciuti del 79,6 milioni per cento. Avete capito bene: di decine di milioni per cento al mese. Significa che un rotolo di carta igienica costava un dollaro il 1° novembre e 796 dollari il mese dopo!

L’inflazione esiste dai tempi di Diocleziano, anche se all’epoca non era stata teorizzata. Intorno al III secolo dopo Cristo, le monete romane a un certo punto si trovarono molto svalutate perché in precedenza si era battuta moneta in maniera indipendente per corrompere soldati e funzionari. Nel 301 l’imperatore promulgò l’editto sui prezzi massimi. Ben prima ne aveva emessi diversi sulla valuta, il cui obiettivo – moderno davvero – era di «stabilizzare» la moneta, esercizio in cui si sarebbero cimentati in molti altri dopo di lui.

Ripeto: se bastasse stampare moneta (al di là del romanticismo decadente che ci porta a pensare alla prima stagione della Casa di carta), 13 perché dovremmo lavorare? Basta questa domanda a far capire che stampare moneta non è la risposta. Ho provato a parlare di questo argomento con gli economisti: «Non dico di dare moltissimi soldi, ma di iniettare quelli necessari a non far perdere il lavoro alle persone, a non fare fallire le imprese». Questa semplice domanda sintetizza molte critiche rivolte, come vedremo successivamente, a strumenti quali il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che essendo prestiti, non denaro a fondo perduto, sono ritenuti da molti insufficienti e inutili in questa fase.

Lo spiega in maniera semplice l’ex ministro dell’Economia greco Yanis Varoufakis: «Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna hanno pompato nell’economia il 6 per cento dei loro redditi nazionali» ha affermato in un’intervista rilasciata a metà aprile a Fanpage.it. «Finanziamenti effettivi, non prestiti. L’Europa non lo ha fatto.» Il mercato delle imprese, a differenza di quello finanziario, ha bisogno di soldi a fondo perduto, «non di un prestito che poi dovrà essere ripagato» ha ribadito a Cnbc Chris Rupkey, capo economista di Mufg Union Bank.

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