domenica 6 dicembre 2020

Mariangela Pira: Anno Zero d.C. / 4

 


Economia non vuol dire solo merce

 Che l’uomo non sia riducibile alla sola dimensione economica ce lo ripetono filosofi ed economisti fin dai tempi di Aristotele. L’uomo è un «animale politico», pertanto anche le sue scelte economiche sono influenzate dalle sue relazioni, le sue convinzioni spirituali, le costrizioni pratiche, persino gli slanci irrazionali.

Lo storico e antropologo ungherese Karl Polanyi (1886-1964) sottolineò come forme di economia nella società siano sempre esistite, anche quando l’uomo era un semplice cacciatore. Prima della Rivoluzione industriale, l’economia non era un istituto a sé, un sapere autonomo, ma permeava la vita degli individui e veniva regolata naturalmente da altre istituzioni.

Lo dimostrano ad esempio gli studi sulle popolazioni delle isole Trobriand condotti dall’antropologo polacco Bronisław Malinowski. 4 Gli abitanti di queste isole melanesiane praticavano il kula, uno scambio a base di dono e controdono. Osservandoli, Malinowski aveva notato che tutto ciò che facevano era regolato da norme tradizionali, da concezioni magiche, che erano anche alla base delle loro attività economiche.

L’uomo è immerso nelle relazioni sociali. Non agisce solo per interesse economico ma anche per salvaguardare o promuovere la sua posizione all’interno della comunità. L’antropologo francese Marcel Mauss partì dalla comparazione di diverse ricerche etnografiche per redigere

il suo Saggio sul dono, in cui spiegò appunto l’importanza dello scambio dei beni per creare ponti con gli altri. Basta assistere ancora oggi a un matrimonio nella mia regione natale, al rituale dello scambio di regali che coinvolge sposi, testimoni e famigliari, per avere un esempio del concetto di reciprocità, ovvero di una logica dell’azione non finalizzata al tornaconto economico.

Quando uno scambio si basa sulla reciprocità assumono valore le persone, gli usi, i legami che si intrecciano e le relazioni che si intrattengono. Spero che nel dopo Covid-19 si faccia tesoro dell’insegnamento che ci ha lasciato Polanyi nel suo saggio La grande trasformazione. 6 Non può prevalere solo la logica dello scambio, il nostro personale tornaconto, altrimenti l’economia si scorpora dal resto e diventa il fine ultimo. Tutto le è subordinato. Vogliamo questo?

Nel dopo Covid-19 invece il mondo ha la grande possibilità, sfruttando bene la tecnologia e una logica del tempo differente, di riportare in auge identità culturali, nazionali e linguistiche, sottraendole al giogo delle sole regole di mercato.

Sono numerosi gli studi antropologici da cui emerge un’idea diversa di economia. È un vero peccato che, come testimoniato da molti e ribadito all’inizio di questo capitolo, la storia del pensiero economico sia da sempre bistrattata nelle facoltà di Economia. Sono d’accordo con Montanelli, quando rimproverava agli italiani di essere individualisti e non conoscere la storia. Senza la storia, non si va da nessuna parte. E senza la storia del pensiero economico rischiamo di ripetere gli stessi errori in un’epoca, come quella che stiamo vivendo, in cui navigare è difficile.

Il concetto di lavoro come merce si deve a John Locke, un precursore del pensiero liberale. Secondo il filosofo inglese, l’uomo ha la proprietà della sua persona, pertanto ha diritto a possedere nonché a vendere il frutto del suo lavoro. Un tempo invece il lavoro era concepito in tutt’altra maniera. Merce era lo schiavo, non il suo lavoro. Chiedete ad Aristotele.

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