martedì 7 gennaio 2020

Beppe Severgnini: Perché non riusciamo a fermare la strage silenziosa dei pedoni indifesi



Distrazione, fretta, alcol: oltre 600 vittime nel 2018. Queste tragedie succedono continuamente, dovunque

Un’auto molto veloce, un guidatore molto ubriaco, una notte d’inverno nella valle più settentrionale d’Italia: sei turisti tedeschi falciati e uccisi, altre undici persone ferite, tre gravemente. È accaduto tra sabato e domenica in valle Aurina, Alto Adige. Un caso isolato? Nelle dimensioni, certamente. Non nella modalità: queste tragedie succedono continuamente, dovunque.

È in corso una strage silenziosa: quella dei pedoni, i più vulnerabili e indifesi sulla strada. Non ne siamo consapevoli perché, quasi sempre, la notizia resta nelle cronache locali. Se di Gaia e Camilla, le sedicenni travolte e uccise a Roma, ha parlato e parla ancora tutta Italia, di altri episodi conosciamo poco o nulla. Quanti sanno che, nella notte tra venerdì e sabato, una studentessa di Ca’ Foscari è stata travolta e uccisa a Mestre sulle strisce pedonali? Era originaria di Senigallia, si chiamava Pegah Naddafi, parlava sei lingue. Una tragedia tra tante tragedie: e quasi tutte si potevano evitare.

Sapete quanti pedoni sono morti sulle strade italiane nel 2018? Il dato è stato diffuso da poco: 612, quasi due al giorno. Un numero superiore del 2% rispetto al 2017 e del 7% rispetto al 2016. Senza contare i feriti, spesso gravi. Un pedone investito quasi mai se la cava con un graffio e uno spavento.


Un campionario impressionante e tragico, anche nel 2019. Una mamma travolta mentre attraversa la strada col figlio di sei anni, a Bergamo. Un bambino di due anni nel passeggino, spazzato via in provincia di Brescia (la ventiduenne alla guida: «Pensavo di aver preso un paletto»). Una nonna di Iglesias, che è riuscita a salvare la nipotina, spingendola via. La mamma di due bambini, a Rho, investita da un sacerdote ottantacinquenne. Un anziano travolto da un mezzo della nettezza urbana a Roma. Un altro ucciso da un carro attrezzi a Torino. Un disabile in carrozzina, investito sulle strisce da una Maserati, nella stessa città. È morto in ospedale, tre giorni dopo.

Nel capoluogo piemontese, nel 2018, sono stati coinvolti in incidenti stradali 528 pedoni: undici hanno perso la vita. A Roma è andata molto peggio: 58 morti. A Milano, le vittime sono state 26. E non c’è motivo di ritenere che nel 2019 le cose siano migliorate. In ottobre, su Corriere Milano, Stefano Landi ha descritto una giornata di ordinaria follia metropolitana: «Dicevano una volta le mamme: attraversa solo sulle strisce pedonali. Lo dicono ancora, ma possono contarci sempre meno. Basta passare qualche ora vicino a un semaforo per rendersi conto di come sono peggiorate le abitudini dei milanesi al volante. Due o quattro ruote, non cambia».

Com’è facile morire camminando. Un tempo le cose andavano perfino peggio, spiega l’Osservatorio Pedoni dell’Asaps, benemerito portale della sicurezza stradale. Pensate che nel 2002 i pedoni uccisi in Italia erano stati 1.226. Ma perché dopo essere diminuito drasticamente — anche grazie ai progressi nella sicurezza attiva sulle automobili — il numero delle vittime ha ripreso ad aumentare? Il dato del 2018 è infatti superiore del 2% rispetto al 2017 e del 7% rispetto al 2016. Aver introdotto il reato di omicidio stradale, evidentemente, non è bastato.

Le cause? Più di una.Gli ubriachi alla guida: molto è stato fatto, ma occorre fare di più (l’auto parte solo se il guidatore è sobrio: la tecnologia già esiste). La condizioni delle strade e della segnaletica, talvolta cervellotica. Il numero esiguo di agenti addetti al traffico: sono loro i paladini dei pedoni (non a caso vengono impiegati davanti alle scuole). Il numero di anziani soli, in aumento costante: affrontare a piedi il traffico di una città è più rischioso per un ottantacinquenne che per un diciottenne, che ha ben altra vista e riflessi. Lo stile di guida italiano, sempre più impaziente e aggressivo. Viviamo nel tempo delle rivendicazioni e delle pretese: una di queste è far presto. I pedoni, per definizione, rallentano.

Ma la causa più probabile di tante morti assurde è la distrazione. E la distrazione, ormai, ha un nome: smartphone. Uno sguardo allo schermo da parte del guidatore — un messaggio, una notifica — può trasformarsi in una condanna per il pedone: pensa di essere stato visto, e non è così. Aggiungiamo questo: talvolta i pedoni sono vittime della loro stessa distrazione. Guardare il telefono mentre si guida, ripetiamolo, è da criminali. Ma guardare il telefono mentre si cammina, diciamolo, è da incoscienti.

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