lunedì 6 giugno 2022

Fedez & Co, Jovanotti, Elodie e la maledizione del tormentone

 


da: https://www.tag43.it/ - di Michele Molina

La dolce vita di Fedez-Tananai-Sattei, I love you baby di Jovanotti, uno-due-tre-alza di Elodie. Canzoni che farebbero passare la voglia di vivere al più entusiasta degli ottimisti. E che ci dovremo sorbire per i prossimi mesi. Per fortuna che, come cantava Bruno Martino, «tornerà un altro inverno».

Torna l’estate, e con l’estate tornano le zanzare, il caldo che toglie il fiato, le code interminabili in autostrada e i tormentoni estivi, con la conseguente domanda che chiunque si occupi di musica sembra doversi porre come se dalla risposta, spesso solo ipotetica, dipendessero le sorti dell’umanità: quale sarà quello che sbancherà per la bella stagione 2022? Abbiamo la risposta, e visto com’è andata l’anno scorso direi che non è stato neanche troppo difficile trovarla: il tormentone dell’estate 2022 sarà La dolce vita di Fedez, stavolta in compagnia di Tananai, piazzatosi ultimo allo scorso Sanremo ma salito nell’empireo dell’hype grazie a un paio di mosse davvero azzeccate, e Mara Sattei, al secolo Sara Mattei, meglio nota come la sorella di Tha Supreme, e nel dirlo ci si ammanta di patriarcato, stellina del firmamento pop su cui sembrano scommettere in molti, per motivi che sfuggono a ogni logica.

Nelle orecchie Elodie, Jovanotti, l’omologata Madame e la solita Ana Mena

Archiviata quindi Orietta Berti e l’ormai obsoleto Achille Lauro ecco Mr Ferragnez assestare un altro colpo vincente, parliamo di numeri, non certo di qualità, in attesa di andare a mangiarsi X Factor, con i suoi sodali Dargen D’Amico, autore di buona parte delle sue canzoni, tra i giudici e Francesca Michielin, con lui due Festival fa, a condurre. A vedersela, in questa gara al massacro, nostro, non certo loro, una manciata di canzoni dimenticabilissime, che però ci finiranno piantate in testa perché le sentiremo in radio, mentre siamo appunto in colonna in autostrada, o in spiaggia, attraverso le casse del chiringuito, mentre vorremmo solo provare a rilassarci un po’, li ascolteremo un po’ ovunque, si chiamano mica per caso tormentoni, qualcosa cioè che tormenta, che ci assilla, ci fa male, ci distrugge, a volte ci uccide.

Tra queste spicca Bagno a mezzanotte di Elodie, già fuori con un nuovo singolo mentre il vecchio, uno due tre alza, è ancora lì in vetta alle classifiche di ascolto radiofoniche, un brano che promette di andare dalle parti di Mina e finisce invece in un electropop dozzinale. Seguono: I love you baby di Jovanotti, resuscitato dalla cura SixPM, laddove Rick Rubin non era riuscito coi precedenti lavori, penso ai singolacci tirati fuori in questa nuova fase liquida a nome suo o a L’allegria, regalato l’anno scorso a Morandi.

Ancora: L’eccezione di Madame, un brano sixties che è nella colonna sonora di Bang Bang Baby e che è quanto di più omologato ci si sarebbe mai potuto aspettare dalla rapper veneta, passata da iconoclasta a integrata nel giro di un paio di mesi; No Stress di Marco Mengoni, ancora una volta in versione danzereccia, dopo che ci aveva illusi col soul di Cambia un uomo, brano che ha esaltato la comunità LGBTQ+ per quel passaggio “Santa Britney Liberata”, spingendo molti a rivedere le proprie posizioni di apertura verso il movimento arcobaleno. Si aggiungono: Mezzanotte di Ana Mena, che almeno ha il vantaggio di essere esattamente quel che ci si aspetta, e non è che ci si aspettasse niente di buono. Non tutte le notizie sono negative, non disperiamo: non sarà un tormentone il nuovo singolo dei Maneskin, Supermodel, come tutti i precedenti da Zitti e buoni in qua non baciato dal successo sperato, Beggin e Tik Tok continuano a essere il mix vincente del loro successo nel mondo, se ne facciano una ragione. E non lo sarà neanche Stefania della Kalush Orchestra, fresca vincitrice di Eurovision e giustamente tornata lì dove tutti i vincitori di Eurovision e le loro canzoni genericamente stanno, nel dimenticatoio.

Per fortuna «tornerà un altro inverno», come cantava Bruno Martino

Canzoni, quelle citate, che farebbero passare la voglia di vivere al più entusiasta degli ottimisti, e che col tempo abbiamo imparato ad accettare passivamente come si fa con le piaghe che sappiamo essere inevitabili, i pidocchi quando abbiamo figli a scuola, una lettera dell’Agenzia delle Entrate il giorno prima di andare in vacanza, una telefonata del nostro capo quando sta per cominciare una partita importante in tv, come assuefatti da un destino matrigno, coscienti che tanto poi l’estate finirà, come appunto cantavano i Righeira in un loro tormentone, e, per dirla con Bruno Martino, «tornerà un altro inverno, cadranno mille petali di rose e la neve coprirà tutte le cose». Una piccola o grande sofferenza che, siamo in fondo tutti cattolici culturalmente, dovrebbe contribuire alla nostra crescita, corroborarci in vista di prove più serie che la vita ci porrà di fronte, fortificati nello spirito e, a volte, anche nel corpo. Peccato che sia tutto inutile, perché i tormentoni sono e restano brutte canzoni che nulla di buono ci portano, neanche mentre siamo al terzo Spritz in riva al mare, lì ad aspettare che il bagnino scenda dalle scalette della sua postazione per andare a giocare una partita a pallone neanche avessimo 12 anni. Per dirla con il Cesare Pavese de Il mestiere di vivere, «La grande, la tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente», figuriamoci se serve a qualcosa un’altra canzoncina che occhieggia agli Anni 60 di Fedez, per di più in compagnia di Tananai e di Mara Sattei.

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