lunedì 17 settembre 2018

Mediaset: la redistribuzione pubblicitaria di Crimi (M5S) non piace all’azienda di Silvio


Immagine da AdnKronos

Vito Crimi del M5S è il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria. Incarico che non è certo piaciuto a Silvio Berlusconi al momento della creazione del governo Lega-M5S e che ancor più gli va di traverso da quando, nei giorni scorsi, Crimi ha pronunciato le parole: tetto pubblicitario.

Si tratta della redistribuzione delle entrate pubblicitarie tra carta stampata ed emittenti televisive.
Per quanto riguarda le tv, le rilevazioni auditel che determinano gli ascolti giornalieri non sono certo scientifiche ma è su queste che si basano le tariffe applicate agli investitori pubblicitari. Mediaset la fa da padrone nel mercato pubblicitario televisivo. I suoi introiti pubblicitari sono sproporzionati rispetto ai dati di ascolto spesso mediocri ma pompati da comunicati stampa e da blogger che per avere un posto in prima fila in certi consessi di Mediaset si “prodigano” in lodi nei confronti di alcune trasmissione storiche senza perdere l’occasione di essere “ipercritici” (o disonesti mentalmente?) nei confronti di Rai e di altre emittenti.

Il pompaggio a favore di Mediaset, l’assenza di un limite nella raccolta pubblicitaria, fa sì che l’azienda di Cologno Monzese controlli il mercato pubblicitario e che chiunque tenti di affacciarsi nel mercato televisivo non si prenda che le briciole. Vale anche per l’editore Cairo.
La7 ha un certo target di pubblico ma non ha un palinsesto tale da sottrarre pubblico e spot al duopolio Rai-Mediaset. Per quanto in crescita, non si può definire un terzo polo televisivo.

Ammesso e non concesso che Crimi possa passare dalle intenzioni ai fatti, creando una spaccatura tra Salvini – che deve/vuole rassicurare l’ancora alleato Silvio – e Di Maio, Mediaset perderebbe quella situazione di “favore” che le ha consentito di nascere e di diventare – di fatto – un’azienda “commerciale di stato”.

Era il 1985 quando Bettino Craxi intervenne a favore dell’amico Silvio Berlusconi. L’azienda di Cologno Monzese poteva trasmettere solo in alcune regioni del Nord, non in tutto il Paese. Quando un pretore fece spegnere le trasmissioni abusive, intervenne l’amico Bettino. Cinque anni dopo arrivo la legge Mammì per consentire la trasmissione in tutte le regioni seppure con un numero limitato di canali.

Poiché è sempre meglio occuparsi in prima persona della difesa dei propri interessi, Silvio “scende in campo” e da presidente del Consiglio in conflitto d’interesse si fa scrivere le norme pro Mediaset. Così fece Tremonti con la legge del 1994 che detassò del 50% gli utili reinvestiti nelle imprese per l’acquisto di beni e servizi. Mediaset risparmiò 243 miliardi sui diritti del vecchio film.

Nel 1997 la Corte Costituzionale giudicò incostituzionale la detenzione di tre reti televisive nazionali. Nonostante la legge Maccanico, una rete era di troppo. Toccò a Rete4 trasferirsi sul satellite. Ma arriva baffetto D’Alema ad aiutare Silvio concedendo a Rete4 una abilitazione provvisoria a trasmettere senza concessione. Ma qualcuno doveva fare spazio a Rete4. A pagarne le spese fu a Europa 7. Le sue frequenze furono appunto occupate da Rete4, in barba a qualsiasi criterio di distribuzione e di rispetto delle leggi.

Dopo la parentesi del governo di centro-sinistra, Silvio rivince le elezioni e torna a farsi le leggi su misura per sostenere la sua azienda televisiva: dalla legge Frattini alla legge Gasparri. E poiché c’era anche la concorrenza di Sky. Non essendo in grado di proporre un’offerta televisiva in grado di attirare quel target di pubblico che migrava man mano verso Sky penalizza l’azienda di Murdoch raddoppiando l’Iva e diminuendo dal 18 al 12 per cento l’affollamento orario degli spot. Ma non finisce qui.
Mediaset trae beneficio anche dalla riforma fiscale del 2003 che detassava le plusvalenze da partecipazione.

Ora siamo ai tempi del governo Lega-M5S e con alcune scelte da operare in materia radio televisiva.
Entro il 2022 dovranno essere messe all’asta le frequenze della banda 700. Mediaset cercherà di metterci le mani a poco prezzo come ha fatto precedentemente con le frequenze sulla banda 800 e 900.
Figuriamoci se Silvio può permettersi una revisione della distribuzione pubblicitaria. Il rischio è che gli sponsor vadano sempre più verso altre tv seguite da quel target di consumatori (gli spettatori sono una razza estinta, esistono solo i consumatori) che Mediaset non è in grado di attirare perché per troppi anni si è “comodamente seduta” sul conflitto di interesse di Silvio Berlusconi. Che bisogna c’era di fare una tv di qualità per ampliare e consolidare gli ascolti quando – comunque - c’era il controllo del mercato pubblicitario?

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