mercoledì 29 settembre 2021

Sul "gender astratto" ha ragione (piena) il Papa

 


da: Il Fatto Quotidiano – di Daniela Ranieri

In un incontro coi gesuiti slovacchi in occasione del suo ultimo viaggio pastorale, Papa Francesco ha pronunciato un discorso, riportato da Antonio Spadaro su La Civiltà Cattolica, che contiene una frase molto rilevante dal punto di vista etico e antropologico.

Questa: “La ideologia del ‘gender’… è pericolosa. Lo è perché è astratta rispetto alla vita concreta di una persona, come se una persona potesse decidere astrattamente a piacimento se e quando essere uomo o donna”.

Il Papa ha ribadito la sua nota contrarietà alla “colonizzazione ideologica” sul genere, ciò che in passato aveva chiamato “l’indottrinamento della teoria gender (secondo un cortocircuito, per la destra ultracattolica Bergoglio farebbe invece parte di un nuovo ordine mondiale che propugna il gender come progetto anti-umano. Carlo Freccero, in una intervista al Foglio, fa sua questa convinzione). Ha poi aggiunto: “L’astrazione per me è sempre un problema. Questo non ha nulla a che fare con la questione omosessuale. Quando parlo dell’ideologia, parlo dell’idea, dell’astrazione per cui tutto è possibile, non della vita concreta delle persone”.

Da un punto di vista radicalmente laico e di sinistra, siamo d’accordo col Papa. Sgombriamo subito il campo da equivoci: speriamo che la legge Zan – che ha al suo centro il concetto di

identità di genere – passi, perché se non passa sarà una vittoria della destra tradizionalista e del cinico ostracismo del partito di destra Italia viva. Allo stesso tempo, ci permettiamo qualche considerazione.

I Gender Studies anglosassoni hanno avuto il merito dagli anni 70 del Novecento in poi di costringere il discorso pubblico a uscire dagli steccati del dualismo biologico per fotografare tutta la realtà vitale degli orientamenti e delle identità, tanto che per alcune “scuole” oggi esistono 31 generi sessuali. Nei campus americani, liberali e paradossalmente inclini alla censura e alla sessuofobia, chi di generi ne riconosce meno di 15 può esser tacciato di razzismo. La teoria è diventata un dogma, a dispetto della sua ispirazione libertaria. In questo quadro rientra  ’accento sull’ “identità fluida”: se è vero che esistono persone che si sentono neutre, o che non vogliono definirsi in un nessun genere, o sono in transizione da un genere a un altro, quando dall’accademia si passa alla politica il passo non è mai fluido, né neutro. L’identità fluida può diventare, sotto la scure legalitaria, nessuna identità. Questo è anti-umano, omogeneizza le differenze e costringe a un relativismo mortifero e a tratti  misogino (la scrittrice J.K. Rowling è stata marchiata come omofoba e transfoba per aver detto che le femmine esistono e hanno le mestruazioni). La domanda è: esiste un discrimine tra il tutelare le persone dalle discriminazioni lavorative ricevute a causa della loro identità di genere e il regolare per legge, sulla base di una “teoria”, cioè di un insieme di leggi incontestabili (come quelle fisiche), qualcosa che pertiene ai movimenti delicati e ineffabili della vita umana? Non sappiamo se va contro il progetto divino, come dice il Papa, ma certo l’astrazione cristallizza la vita.

La legge Zan prevede – oltre al sesso, al genere e all’orientamento sessuale – l’identità di genere, cioè “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Ma, per esempio: se a un posto di lavoro riservato a operaie si candida una persona che si sente donna e che – pur senza aver fatto il passaggio da uomo a donna – vuole che la legge la riconosca come tale, è giusto che abbia il posto avendo dalla sua un curriculum più qualificato e una superiore forza fisica rispetto a una donna? O sarebbe discriminatorio non assumerla? Come ha scritto Franco Berardi “Bifo”, studioso e agitatore mentale, mentre rapporti sociali si fanno sempre più feroci la politica pensa a punire una fobia. Creando nuovi diritti civili, che sono a costo zero (basta una multa comminata a chi usa un linguaggio non rispettoso dell’identità di genere), la sinistra tralascia di curare quelli sociali (lavoro, istruzione, sanità, pensioni), a erodere i quali collabora proficuamente da anni con le destre neoliberali. I rapporti sociali sono violenti non perché ci sono in giro gli omo-transfobi, ma perché la politica miserabile ha distrutto la solidarietà sociale e promosso il “merito” e la competitività. Dovrebbe insospettirci che a sponsorizzare la fluidificazione di genere a beneficio della nostra libertà sia il capitalismo, che si è mostrato pronto a riposizionarsi, e con la sua industria anche culturale sforna prodotti fluidi e no-gender adatti a tutte le identità di genere (tutto è possibile, dice il feticismo della merce, tutto è a misura del tuo desiderio), mentre abbiamo bisogno di una legge che ci riconosca il diritto di essere come siamo.

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