da: La Stampa - di
Lorenzo Vidino
È ancora presto per avere certezze su tutti gli aspetti dell’atroce strage di Orlando, da eventuali collegamenti dell’attentatore con gruppi jihadisti ai motivi che lo hanno spinto a scegliere un locale gay come obiettivo. Il fatto che a perpetrarla sia stato un cittadino americano di origini afghane con apparenti simpatie jihadiste porta però alla luce varie dinamiche relative all’estremismo islamico negli Stati Uniti e, indirettamente, in Europa.
Dopo i recenti attentati di Parigi e Bruxelles si è spesso identificato nei palesi problemi di integrazione delle comunità islamiche
europee una delle maggiori cause della radicalizzazione delle migliaia di
jihadisti europei che hanno riempito le file dello Stato Islamico in Siria e
Iraq.
Come applicare allora questo tipo di
analisi ai casi di musulmani americani radicalizzati, dato l’altissimo livello
di integrazione e benessere economico che caratterizza tale comunità? Esistono
delle eccezioni (la comunità somala, arrivata dall’inizio Anni 90 e
concentratasi soprattutto a Minneapolis), ma le comunità islamiche americane
non soffrono dei disagi socio-economici tristemente comuni in quelle europee.
Le ragioni sono in parte storiche. Mentre la stragrande maggioranza di musulmani arrivati in Europa negli ultimi 50
anni sono giunti come bassa manovalanza o come rifugiati politici,
l’America ha invece accolto le élite dei
Paesi islamici come studenti nelle prestigiose
università americane o dottori e ingegneri. Non stupisce pertanto che il
reddito medio di una famiglia musulmana americana sia più alto di quello medio
a livello nazionale, cosa impensabile in Europa. Si aggiunga la proverbiale tradizione americana di integrare
chiunque nel proprio melting pot sociale, cosa
che gli Stati europei ancora faticano a fare, e si spiega il gap
transatlantico.
Tuttavia, e il fatto ci dovrebbe far
riflettere su tante analisi sulle cause di radicalizzazione, l’estremismo jihadista esiste anche in
America. Secondo l’Fbi circa 200
americani si sono uniti all’Isis e ad altri gruppi operanti nello scenario
iracheno/siriano. Circa cento sono stati
arrestati negli ultimi due anni per attività terroristiche. E
periodicamente assistiamo ad attacchi terroristici di varia portata perpetrati
da musulmani americani che apparentemente costituiscono modelli di
integrazione. Da Nidal Hassan, medico
nell’esercito americano nato in Virginia da genitori palestinesi che uccise
i commilitoni che stavano per partire per l’Afghanistan dopo aver chiesto un
parere teologico al leader qaedista Anwar Awlaki tramite email. Agli attentatori della maratona di Boston, i
fratelli di origine cecena Tsarnaev; il più giovane, Dzhokar, frequentava
l’università con una borsa di studio dopo aver finito uno dei licei più famosi
di Boston. E solo l’anno scorso due stragi. La prima, lo scorso luglio, a
Chattanooga, dove un giovane di origine palestinese nato e cresciuto nel
Tennessee, laureato e con un buon lavoro, compì una mattanza di militari
americani. O a dicembre, quando i coniugi Farooq fecero una strage alla festa
di Natale dei lavoratori della città di San Bernardino. Se la moglie era di
recente immigrata dal Pakistan, il marito era nato nell’Illinois, si era
laureato in una buona università californiana e guadagnava poco meno di
centomila dollari all’anno come ispettore sanitario. Non sono certi questi casi
di disagio, privazioni e vita da banlieue - esattamente come non lo è sempre
neanche in Europa.
Il jihadismo
stelle e strisce è molto diverso per dinamiche operative da quello di molti
Paesi europei. Non esistono né i quartieri tipo Molenbeek né le organizzazioni
salafite militanti che sono fucine di reclute. Chi vuole partire per la Siria
per fare il foreign fighter lo fa con grandi difficoltà, non tanto per la
maggiore distanza geografica ma per la mancanza di sofisticate filiere di
reclutamento. Ma i soggetti radicalizzati, nonostante condizioni sociali
totalmente diverse rispetto all’Europa, esistono anche all’interno delle
comunità islamiche americane. E spesso, proprio per la difficoltà a recarsi in
Siria e, simultaneamente, per il facile accesso a armi automatiche che la
società americana offre loro, optano per attacchi individuali in patria.
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