lunedì 6 giugno 2016

Marco Damilano: “Le urne del PD sono piene di gufi”




Amministrative 2016, Raggi lancia il nuovo M5S. Per il Pd, urne piene di gufi
La candidata di Grillo prima a Roma: una sfida per mostrare che il Movimento non è più solo protesta e vuole governare. Democratici fuori dai giochi a Napoli, ma soffrono anche a Milano e temono perfino a Torino. Dove Fassino, l'unico a parlare, ammette il malessere e la crisi sociale 

Nel cuore della notte la lentezza esasperante dello scrutinio e il balletto delle proiezioni dei network televisivi spingono il Pd di Matteo Renzi a un passo dall'inferno. Per ore il partito del premier danza pericolosamente intorno al baratro.Buio e cupo il comitato di Roberto Giachetti, sembra di tornare indietro di venti anni, ai tempi delle gioiose macchine da guerra di Achille Occhetto, quando a commentare le sconfitte non scendeva nessuno. "Dico, hai perso, preparati un discorso", inveiva Nanni Moretti in "Aprile" davanti al televisore. Lo storytelling si inceppa di fronte al diluvio di dati negativi che piovono nella sede di largo del Nazareno.
Giachetti costretto a battersi fino all'alba scheda su scheda contro Giorgia Meloni per conquistare un ballottaggio amaro, con il Pd nelle periferie romane
doppiato dal Movimento 5 Stelle. La candidata sindaco di Napoli Valeria Valente esclusa dal ballottaggio. Perfino Beppe Sala finisce in virtuale parità con l'uomo del centrodestra riunito Stefano Parisi. E bruciano altri risultati: il sindaco di Novara Andrea Ballare', super-renziano, si blocca al trenta per cento, a Savona (uscente un altro sindaco renziano della prima ora, Berruti) M5S va al ballottaggio. E l'usato sicuro, Piero Fassino a Torino e Virginio Merola a Bologna, si ferma a percentuali molto più basse del previsto. Fa eccezione la Salerno di Vincenzo De Luca, il suo erede conquista un bulgaro 72 per cento.

Si capisce meglio la linea fissata all'inizio dell'anno da Renzi: le amministrative sono elezioni locali, la sfida vera è il referendum sulla riforma costituzionale. Nel voto per le città rispunta il vecchio Pd: rissoso, inattuale, perdente. Renzi impone il silenzio ai suoi candidati fino a domani, quando le truppe andranno necessariamente riorganizzate. In molte città il Pd sarà competitivo per vincere al secondo turno e da questa mattina comincia un'altra partita. Ma resta questa maledetta notte a svelare, ancora una volta, il piede d'argilla del Pd renziano. Ogni volta che il partito esce da Palazzo Chigi, dal volo renziano, per mettere gli stivali sul terreno, sul territorio, dove si vince o si perde e dove dovrebbe nascere una nuova classe dirigente, le difficoltà aumentano vistosamente.

Va all'opposto per il Movimento 5 Stelle che conduce il gioco a Roma con Virginia Raggi sopra il 35 per cento e insegue a Torino con Chiara Appendino. Il listone nazionale dell'anti-politica del 2013-2014, guidato da Beppe Grillo, da Casaleggio e dalla Rete, non esiste più. Al suo posto c'è un movimento a macchia di leopardo, che produce nuove figure e nuovi personaggi nelle città, tra mille contraddizioni (Parma, Livorno) e potenzialità inedite. Per la prima volta corre da favorito a Roma ed è competitivo nelle due capitali d'Italia. E dovrà dimostrare in queste due settimane di essere capace di un progetto di governo, anticipo di quello che sarà il futuro scontro nazionale.

Dalle altre due capitali italiane che andavano al voto ieri arrivano due scenari alternativi. Il partito del Si elegge a sua città simbolo Milano, il cuore del Nord, dove arrivano alla pari Sala e Parisi, i manager, i candidati interscambiabili, i due che rimandano a un partito della Nazione diviso in due, il Pd di Sala proteso verso l'elettorato di centrodestra e la coalizione Forza Italia-Lega-centristi che appoggia Stefano Parisi, con qualche insospettabile simpatia a sinistra: il possibile modello nazionale di un centro destra di governo, in caso di vittoria tra due settimane. E il partito del No che nella capitale del Sud, Napoli, trova il suo leader naturale, Luigi De Magistris. Il sindaco uscente va al ballottaggio fotocopia di cinque anni fa con Gianni Lettieri.

Nel cuore della notte Renzi dice ai suoi di non dichiarare, rimanda tutto al primo pomeriggio di oggi. Ma alle tre del mattino le cose più sincere le dice un politico onesto e competente che non si fa silenziare, il sindaco di Torino Piero Fassino che è anche il presidente dell'Anci. "Il voto riflette la crisi sociale delle grandi città: malessere, disagio, disaffezione". Parole che negli ultimi anni sono diventate impronunciabili, termini da gufi, da tristi figuri. Un'operazione verità che invece da ieri notte il presidente del Consiglio farebbe bene a imitare.

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