mercoledì 2 giugno 2021

Mario Draghi: la strategia della mediazione

 


RECOVERY FUND - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)

Tutto ciò che attiene alla definizione, gestione e controllo dei progetti del PNRR, è in mano a Draghi e al "governo dei migliori". Cioè ai tecnici. La governance del PNRR è fatta di alcune strutture, tra cui la Cabina di regia, cosiddetta a "geometria variabile", oggettivamente criterio funzionale per raggiungere l'obiettivo senza avvitarsi in riunioni con un numero eccessivo quanto inconcludente di partecipanti. Il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, composto da rappresentanti del Governo, degli Enti locali, delle categorie produttive e sociali, ecc.., è un organo esclusivamente consultivo. Ergo: saranno Draghi e il suo braccio destro Daniele Franco, ministro dell'Economia e delle Finanze - insieme a una squadra di consulenti che potranno essere assunti nei ministeri e nelle altre strutture incaricate - a gestire il PNRR.

Con questa impostazione organizzativa  - che non sarà esente da "malumori" in corso d'opera - Draghi pensa di avere il controllo gestionale dei progetti, senza il quale Bruxelles non molla un euro.

PANDEMIA

Per quanto riguarda la pandemia, abbiamo visto che Draghi non è un mago. Sostanzialmente in continuità con il governo Conte con la differenza che diversamente da un anno fa, da mesi fa, ci sono i vaccini. E le innumerevoli quotidiane dichiarazioni del generale Figliuolo.

RIFORME PRO PNRR E RIPARTENZA

Ci sono poi le decisioni, le soluzioni da intraprendere sia per quanto attiene alle riforme

propedeutiche alla realizzazione dei progetti del PNRR (riforma della giustizia, riforma della pubblica amministrazione, ecc..), sia per affrontare la crisi economica che non si risolverà con la sola ripresa dei consumi.

Se la pandemia è al momento sotto controllo e si presume – salvo nuove varianti che ci coglierebbero impreparati (tanto per non cambiare) –, se i progetti del PNRR sono in mano ai "migliori", cioè alla squadra di tecnici, rimane da gestire la crisi economica.

Ed ecco che qui arriva la strategia della mediazione.

Sia chiaro: la politica, il governare, il legiferare, richiede di negoziare le posizioni, di mediare. Ma quella di Draghi è solo apparentemente una mediazione post, cioè l'azione conseguente dopo che una bozza di decreto va di traverso a qualche alleato politico. La mediazione di Draghi è ante. La decide in partenza. La esercita a conclusione di un iter.

Vale a dire...

Se per quanto riguarda il PNRR, possiamo dare credito a Draghi che – non certo facilmente e senza errori – può portare a casa alcuni risultati, se con la pandemia stiamo intravedendo la luce, rimane da gestire il sub-governo, cioè i partiti che votano in Parlamento per il governo Draghi.

1. Diamo per assodato che Draghi sia un uomo dalle indubbie capacità, di merito e di metodo.

2. Diamo per assodato che la maggioranza che lo sostiene è composta da forze politiche diverse. Beh...più che diverse nelle idee, nelle soluzioni, i partiti politici hanno una diversa propaganda.

Ergo: è mai possibile che dato quanto sopra assodato, Draghi non riesca a partorire bozze di decreto che trovino in partenza già i cosiddetti punti di equilibrio? Come mai le decisioni, le soluzioni sono sempre sbilanciate verso una parte piuttosto che un'altra. Con la conseguenza che, la parte insoddisfatta, fa sentire la sua voce. Draghi che fa. Li convoca e poi procede a modificare le bozze. La chiamano mediazione.

È successo con il blocco dei licenziamenti che Orlando spostava a ottobre e con l'intervento di Draghi che in cinque minuti ha trovato la "mediazione". Come mai la bozza di decreto non è nata già con la mediazione Draghi? Dov'era. Dormiva? Era a Città della Pieve a tagliare l'erba del giardino? Non credo.

Sta succedendo con la riforma della giustizia della Cartabia (altro tecnico). Anche qui, proposte indigeste al M5S con la Cartabia che dichiara di essere disponibile ai correttivi. Trattasi di mediazione. E si potrebbe proseguire con altri provvedimenti.

Ora. Non voglio minimamente pensare e sospettare che Draghi – coscientemente - proponga soluzioni che ben sa scontenteranno il Pd piuttosto che la Lega (qualcuno ha notizie se esista ancora il M5S?) per poi poter godere del coretto dei leccaculo – detti giornalisti – che lodano le sue capacità di mediazione.

No. Non credo a questo esercizio di vanità. Credo invece che la mediazione sia, per così dire, parte del metodo Draghi. Detto anche: un colpo al cerchio, un colpo alla botte (metodologia aziendalista).

Draghi pende da una parte, aspetta che l'altra parte tuoni, accoglie parzialmente le richieste, produce la nuova bozza = mediazione. Beh...anche Conte mediava. Qualcuno sosteneva però che un presidente del consiglio non può limitarsi solo a mediare.

Ma Draghi è più sgamato di Conte. Oltre che più competente e metodico su alcuni temi. Ben conosce i polli della sua maggioranza, sa cosa passa o non passa al primo colpo. Attende che qualcuno "starnuti", gli porge il fazzoletto, vale a dire: accoglie parzialmente alcune delle richieste, ne rimanda altre (anche Conte era un "rimandista", ma il "rimandismo" di Draghi pare più logico). A questo punto i "raffreddati" dovranno pure farsene una ragione. Soprattutto se con quella mediazione il "raffreddato" di turno potrà comunque intestarsi parte di quelle decisioni, di quelle soluzioni.

A questo punto mi chiedo: quanto durerà questa "strategia". Quando, per citare due a caso: Letta e Salvini, se ne accorgeranno? Sempre che se ne accorgano. Ma, soprattutto, fino a quando la strategia di Draghi sortirà un effetto. Quanto sarà efficace nel produrre dei risultati.

Ecco. Questa è un'altra delle differenze sostanziali tra Draghi e Conte. La mediazione di Conte – quando non era arzigogolata – ritardava i provvedimenti, rimandava decisioni. La strategia di Draghi pare invece riesca a produrre (quanto meno al momento) dei risultati.

Sulla qualità e durata dei risultati – ovviamente – c'è da discutere.

E su questo ultimo aspetto, ci si ripiglia...

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