Leggete questa lettera. Senza retorica. Senza buonismo. Ma di VERITA’.
Azione Cattolica. Siamo le nostre mani (in morte di Willy) - di Alfarano, Tridente e don Zurra
L’assassinio di un ragazzo giusto, l’educazione a riconoscere il bene e il male
Noi siamo le nostre mani: meno si abituano ad aprirsi e a stringere altre mani e più si chiudono a riccio, moltiplicando disumanità e violenza. L’educazione non passa attraverso grandi rivoluzioni o astratti proclami: si gioca nei gesti più comuni, quelli che troppo spesso riteniamo periferici, secondari, come le movenze delle nostre mani, che possono invece salvare o uccidere. Educare è riabilitare le mani a riconoscere la dignità dell’altro, la ricchezza della sua differenza; significa allenarle a una forza che non sta nell’arroganza, ma nel coraggio di prendersi cura dell’altro.
Gesù, nei Vangeli, guarisce la mano inaridita di un uomo, rimettendolo al centro, poiché spesso la violenza e la chiusura nascondono una grande mancanza di affetto, di vicinanza, di comprensione. Il Risorto da morte riabilita la mano di Tommaso a mettere il dito nelle ferite della crocifissione, perché l’apostolo possa sentire sulla sua pelle quanto l’amore sia più grande di ogni gesto di morte. Sarebbe un fallimento, dunque, non lasciarsi toccare dalla morte di Willy!
Mettiamo anche noi le mani nel dramma
terribile che è accaduto, chiedendoci con onestà se abbiamo il coraggio di
denunciare a viso aperto, al di là di ogni colore politico, quei piccoli
continui atteggiamenti quotidiani che incitano all’odio, alla discriminazione,
alla sottomissione, come se tutto questo fosse tremendamente normale!
Domandiamoci se le nostre comunità sono davvero luoghi in cui imparare la
saggezza dell’abbraccio e non covi solitari in cui cresce l’abitudine all’aggressione
e al risentimento! Noi siamo le nostre mani. In quella rissa c’erano tante
mani, tutte uguali, tutte umane, eppure così diverse! La differenza sta in ciò
che ha indotto Willy a riattraversare la strada, per andare in soccorso
all’amico in difficoltà.
Ciascuno chiamerà questa spinta in modo
diverso, ma è proprio questa differenza umana (così divina!) che è necessario
innescare, animare, dischiudere negli anfratti più difficili e delicati delle
giovani generazioni. Lo dobbiamo a Willy, alla sua famiglia, a cui cerchiamo di
essere vicini, come una mano che abbraccia e sostiene. Lo dobbiamo ai giovani
che verranno, perché abbiano il coraggio di mani che sappiano curare, generare
vita, anche quando tutto questo può dare fastidio, fino a pagare di persona.
Noi siamo le nostre mani, in bene o in male, nella speranza che anche chi le ha
usate per uccidere possa, un giorno, ritornare sui propri passi, o meglio sui
passi di Willy, per riattraversare quella medesima strada. Questa volta, però,
come ha fatto lui.
Luisa Alfarano, Michele Tridente e don Gianluca Zurra
vicepresidenti e assistente nazionali per il Settore giovani di Azione Cattolica
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