Il referendum sul taglio dei parlamentari (230 alla Camera e 115 in Senato) del 20 e 21 settembre riapre il dibattito sui costi della politica. Mettendo a confronto la spesa italiana con quella dei Paesi europei più simili, è possibile circoscrivere anomalie che non hanno più nessuna giustificazione. Lo facciamo con l’aiuto di Luca Verzichelli, del Centro interuniversitario di ricerca sul cambiamento politico (CIRCaP) dell’Università di Siena. Nei parlamenti delle principali democrazie europee la più rappresentativa è la Camera bassa. In Italia, con 630 deputati, la Camera costa 989 milioni. In Germania i mitglied des bundestages sono 707 e spendono 990 milioni. In Francia vi sono 577 deputes per 568 milioni di spesa dell’Assemblea nazionale. Nel Regno Unito 650 members dei House of Commons per 468 milioni. In Spagna, che ha un minor numero di abitanti, il Congreso ne spende meno di 100 con 350 deputati.
I costi e le ore di lavoro
Dunque, in rapporto alla popolazione, il numero dei deputati delle Camere basse è simile. Eppure, in base al numero di seggi, ogni deputato costa in Italia ogni anno quasi 1,6 milioni, in Germania 1,4, in Francia 1, in Uk 720 mila euro, in Spagna 250 mila. È la cifra, onnicomprensiva, che si ottiene dividendo la spesa complessiva delle Camere basse nei vari Paesi per i deputati eletti. Dove si annida dunque questa grande differenza? Certamente non nel costo del personale amministrativo: alla Camera vi sono 1.137 impiegati, all’Assemblea Nazionale 1.231, ai Comuni 2.162, al Bundestag 3.007, al Congreso 762.
La Camera italiana lavora di più? Va detto che da noi c’è l’attività laterale delle Commissioni difficile da quantificare, ma i giorni di plenaria in un anno in Italia sono 50, il Bundestag ne fa 60, il Congreso 72, l’Assemblea nazionale 128, la Camera dei Comuni 145. Vengono fatte più leggi? La Camera ha prodotto nell’ultimo decennio una media annuale di 80 leggi, l’Assemblea nazionale 90, il Bundestag 132, il Congreso 46 e i Comuni 31.
I bilanci delle Camere
Allora qual è il motivo? Il 75,5% della spesa della Camera (747 milioni su quasi un miliardo) è da imputare alle uscite per il personale. Il restante 24,5% (242 milioni) va a coprire servizi, missioni e attività internazionali, supporto informatico, acquisti, e la manutenzione ordinaria e straordinaria di un patrimonio ingente (voci che spesso sono state oggetto di denuncia per sprechi). L’analisi dei documenti di bilancio degli altri Parlamenti mostra che il peso del personale nel Congreso spagnolo è del 45,1%, nella House of Commons del 55,8%, nel Bundestag del 62% e nell’Assemblea nationale del 64,6%. Scavando nelle pieghe del bilancio, e prendendo il conto consuntivo 2019, si vede che costano di più le attività previdenziali per gli ex deputati (130 milioni) rispetto agli emolumenti dei deputati in carica (oltre 128 milioni). Ed è maggiore la spesa per il personale amministrativo in pensione (276 milioni) rispetto a quello attivo (210 milioni). È il prezzo dei diritti acquisiti che perdura nonostante le sforbiciate degli ultimi anni. Per quanto riguarda gli ex deputati, gli alti vitalizi del passato sono stati trasformati in una pensione calcolata con metodo contributivo solo nel 2012, e per averne diritto occorre aver fatto almeno una legislatura, ovvero 5 anni (quando prima bastavano pochi mesi di servizio). Dal 2018 il ricalcolo su base contributiva è stato applicato in via retroattiva anche ai vitalizi dei deputati che avevano concluso il mandato entro il 31 dicembre 2011. Nota a margine: una delibera simile a quella della Camera è stata poco dopo adottata dal Consiglio di Presidenza del Senato, ma la Commissione contenziosa di Palazzo Madama l’ha di recente dichiarata illegittima a seguito di ricorsi.
Gli stipendi dei deputati
E veniamo al calcolo di quanto va in tasca ai deputati (cifra più o meno simile per i 315 senatori). Il paragone con i loro colleghi degli altri Paesi è complesso per via delle differenze fra i vari regolamenti parlamentari, ma su cifre e metodo si può tentare. Il riferimento è sempre al mensile lordo. Un parlamentare di Montecitorio guadagna 10.435 euro. Più 3.503 euro forfettari di indennità per le spese di soggiorno a Roma. Questa diaria viene data a tutti, anche a chi abita già a Roma. Più 1.110 euro per gli spostamenti in taxi, più una tessera per viaggiare gratis e senza limitazioni in autostrada, in aereo, in treno, in traghetto. Si aggiungono 3.690 euro per pagare i portaborse, ma solo 1800 euro devono essere documentati. In Francia lo stipendio è di 5.623 euro, cui vanno aggiunti 1.448 euro di spese generiche, e 169 euro per i taxi. Dispongono poi di 5.373 euro per vitto e alloggio, trasporto, costi di rappresentanza e formazione, ma ogni singola spesa deve essere documentata. Hanno diritto a un collaboratore, ma lo paga direttamente l’amministrazione. In Germania il mensile è di 10.083 euro, più 4.340 per le spese di mandato (trasporto, ufficio o alloggio, assistente personale/ufficio di collegio, tutte da documentare). Allo staff presso il gruppo parlamentare ci pensa il Bundestag. In Gran Bretagna 6.958 euro, più 375 euro per il trasporto a Londra. Solo per chi è eletto fuori Londra vengono messi a disposizione 2.112 euro per l’alloggio e spese di viaggio, e i rimborsi sono a piè di lista. I membri della House of Commons hanno diritto a un assistente parlamentare (stipendio medio: circa 2.300 euro lordi mese) e ad altri benefit a seconda del proprio ruolo istituzionale, ma il loro costo è regolato direttamente dalla Camera. Per quel che riguarda la Spagna, dove il costo della vita è più basso, lo stipendio base è di poco più di 2.800 euro, più 871 euro di indennità e 1645 euro forfettari per l’assistenza. Soltanto chi è eletto fuori Madrid gode di un rimborso spese per vitto e alloggio di 1.800 euro, più un rimborso forfettario a km per andare dal proprio collegio a Madrid.
I privilegi
Insomma, i parlamentari italiani sono
pagati meglio, hanno rimborsi più alti che non devono documentare e spesa illimitata
in viaggi da non giustificare. Sta di fatto che ancora oggi il salario di un
deputato è 5,5 volte superiore rispetto allo stipendio medio di un italiano
(2.534 euro di lordo mensile). In Germania il rapporto è 3,9, nel Regno Unito
di 2,5, in Francia 2,5, in Spagna 1,7. Poi c’è una «unicità» tutta italiana: i
presidenti della Camera, a fine mandato, beneficiano di ufficio e segreteria
per altri 5 anni, che diventano 10 per gli ex presidenti del Senato, i quali
hanno a disposizione anche un autista in caso di necessità. Tagliando il numero
dei parlamentari, con la modifica della Costituzione, verranno ovviamente
ridotti i costi, e sacrificata un po’ di rappresentanza democratica (giocoforza
verranno ampliati i collegi elettorali assegnando a ogni eletto un territorio
di riferimento più ampio). Forse un Parlamento più snello diventerà anche più
efficiente. Dopodiché i privilegi e le spese ingiustificate rispetto al resto
d’Europa, restano intatti. E per eliminarli non serve modificare la
Costituzione.
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