Se c’è un mittente, vivaddio, c’è un
destinatario. Che il rapporto commerciale sia tra mittente e Poste è certo. Altrettanto
certo è che il rapporto commerciale prevede che il postino debba suonare e, in assenza
di risposta, lasciare l’avviso in casella. Altrettanto certo, che questa
inosservanza, danneggia non solo il destinatario ma pure il mittente. Quello
con cui Poste intrattiene il rapporto commerciale. Ergo: le Poste sono responsabili sia nei confonti del mittente, sia nei confronti del destinatario. Ma il TAR del Lazio è “di bocca buona”. Potrebbe
annullare la multa inflitta dall’Antitrust anche in assenza di motivazioni
pertinenti, efficaci, ineludibili da parte dei legali di Poste.
da: Domani - di Giorgio Meletti
Il fenomeno è noto. Arriva il postino con una raccomandata e, anziché suonare per consegnarla, deposita direttamente l’avviso che intima di andarla a ritirare all’ufficio postale perché non eri in casa.
Del resto Il postino suona sempre due volte non è un proverbio o una legge di natura, come molti credono, ma il titolo di un romanzo ambientato negli Stati Uniti. Se l’avesse scritto un italiano l’avrebbe dovuto intitolare Il postino suona ma non sempre.
Ieri l’Autorità Antitrust ha rumorosamente vendicato i cittadini che si sentono vessati dal disservizio postale infliggendo a Poste Italiane una multa per pratica commerciale scorretta: 5 milioni di euro che sembrano pochi in confronto ai 3 miliardi e mezzo che le Poste fatturano con lettere e pacchi, ma assumono un valore simbolico notevole visto che è la cifra massima prevista dalla legge. Le 30 pagine della sentenza scritta dal costituzionalista Michele Ainis (uno dei tre membri del collegio) non risparmiano toni severi nei confronti di Poste, dipingendo l’incredibile affresco di una grande società pubblica che prende in giro consapevolmente i cittadini. E questo spiega la reazione furente dell’amministratore delegato,
Matteo Del Fante, che ha fatto diffondere un energico comunicato che, affermando l’innocenza della società, giudica la sentenza «inaccettabile», «sconcertante» e «che lascia esterrefatti». A una prima lettura è netta l’impressione che gli uffici dell’Antitrust abbiano portato ad Ainis prove schiaccianti, raccolte a partire dallo scorso novembre con ripetute ispezioni negli uffici di Poste.Vengono citati numerosi casi di invalidi che protestano per la beffa che si è aggiunta al danno, visto che loro non possono proprio uscire di casa. In alcuni reclami si legge che il postino aveva la bella abitudine di suonare il campanello senza dire che era una raccomandata, cosicché poteva rapidamente procedere al deposito nella cassetta dell’avviso di raccomandata “inesitata”. Gli investigatori dell’Antitrust sono addirittura arrivati a ricostruire che in certi casi il postino emette contemporaneamente una serie di avvisi, magari per lo stesso condominio.
Le Poste si difendono dicendo che nel 2019 hanno consegnato oltre 120 milioni di raccomandate ricevendo meno di mille reclami. L’Antitrust in realtà sostiene che il numero delle “inesitate” è sistematicamente superiore agli obiettivi del servizio e in alcuni casi arriva al 40 per cento delle raccomandate.
La prova che c’è qualcosa che non va la
portano proprio le Poste, che ai reclami - lo spiega l’Antitrust nel suo
provvedimento - rispondono con un prestampato. E che alla contestazione di
pratica commerciale scorretta hanno replicato
che il cliente di Poste è il mittente e non il destinatario, il quale
ultimo non può per definizione essere vittima di niente in quanto non esiste
una relazione commerciale tra lui e le Poste. Hanno scritto proprio così,
sostiene l’Antitrust: «La condotta non avrebbe una portata ingannevole per i
consumatori segnalanti in quanto questi non intrattengono nessun rapporto
commerciale diretto con Poste». Tutto ciò visto e considerato, è probabile che
il Tar del Lazio annulli tutto, come d’abitudine.
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