domenica 25 agosto 2019

Matteo Salvini: “Un politico scarso”


Solo l'insipienza, l'incapacità del “leghista mancato” Luigi Di Maio, perennemente attaccato al sedere di Salvini che lo ha “scoreggiato” via -  salvo fare retromarcia totale (come si può rinunciare a Luigino “con tutto il bene che mi ha fatto”) - poteva far sembrare ‘sto sloganista rozzo, falso che è Matteo Salvini come uno politico, uno “stratega”.
Come sempre, la saggezza popolare ha ragione: il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”.
Sul governo MS5-PD ho i brividi…nonostante il caldo ancora imperante ma….brividi più intensi e profondi me li dà Salvini Ministro dell’Interno….



Dal punto di vista teatrale e spettacolare – il punto di vista incosciente con cui ormai assistiamo alla gran parte degli eventi pubblici – il dibattito in Senato (20 agosto 2019)  ha sicuramente mostrato una messa in scena rara e affascinante (da popcorn, direbbe quello): benché niente sia ormai più sorprendente e ogni pagliacciata sia solo un’evoluzione della precedente, un presidente del Consiglio che si pronuncia così severamente e drasticamente contro il suo ministro dell’Interno, seduto peraltro al suo fianco, non si era mai visto. Ma è vero che non si era mai visto un governo in cui il ministro dell’Interno è il capo del presidente del Consiglio, e non si era mai vista un’alleanza di guitti così sbilenca e improvvisata: ed è vero che superato l’attimo di divertimento per l’ascolto di Conte che tratta Salvini come il più sventato dei cialtroni, è subentrato in chi lo ascoltava un più prolungato momento “te sei svejato?”. La ramanzina di Conte – pur fondata e ben esposta, Russia compresa – non restituisce al temporaneo PresdelCons nessuna credibilità, e rende anzi ancora più imbarazzante e goffo il suo anno di silenzio docile a godersi i buffet europei e comporsi la pochette: “dov’eri finora?”, gli hanno diversamente chiesto molti avversari politici nei loro interventi successivi, e molti italiani che seguivano il dibattito. C’avevi judo?

Se il discorso di Conte è suonato più come un’anomalia nel suo percorso abituale da uomo Facis, più sintomatica e rivelatrice è stata invece la risposta di Matteo Salvini nella sua farfugliante ricerca di soluzioni elementari per eludere le accuse e riprendere il governo delle cose (successiva alla sua altrettanto infantile esibizione di “faccette” davanti alle telecamere fino a che era stato costretto a sorbirsi la lezione di Conte). E quello che ha detto a chiunque capace di distinguere l’intelligenza politica dalla spacconata da spiaggia lo aveva già annunciato la mattina Fabrizio Roncone – navigato giornalista politico del Corriere ben abituato a decenni di mediocrità parlamentari – in un tweet contro corrente rispetto a una retorica celebrativa di presunte capacità di Salvini che negli scorsi anni aveva contagiato molti (per irritare le comunità antisalviniane oppure per un frequente tic autoassolutorio che dice “se perdo, dev’essere perché è bravo il mio rivale”).

Salvini è scarso: è scarso in tutto ciò che fa un buon politico, sia dal punto di vista di ciò che un buon politico può realizzare per gli altri, sia dal punto di vista di ciò che un buon politico può realizzare per sé. La rimozione immediata del suo ingombro impotente dall’attracco della Open Arms di ieri è stata la sanzione ennesima e simbolica dei suoi fallimenti in questo anno, sommandosi al proseguire degli sbarchi, all’improponibilità legale dei decreti sicurezza, all’inutilità e vuotezza della legge sulla legittima difesa, all’irrilevanza del suo governo in Europa, allo spaesamento rispetto ai progetti economici e all’arrivo delle scadenze per la legge di bilancio, eccetera. Per non dire, tornando a ieri, del suo aver ricevuto una spietata e umiliante stroncatura pubblica in diretta tv e nell’aula del Senato dal più improbabile e occasionale dei politici nella storia d’Italia.

La sola capacità di Salvini, se si può chiamarla tale, è saper fare lo spaccone da spiaggia in un tempo in cui la spiaggia è diventata metafora del paese e delle vite. Salvini, facce Tarzan. La sua ascesa e conquista di consenso sono quelle di uno che sappia suonare la Marsigliese con le scoregge in un tempo in cui questo diventi apprezzatissimo perché tutti quanti troviamo oboi e timpani orribilmente snob e radical chic, e perché qualcuno ha stonato con l’oboe. Questo è quel tempo, e Salvini ha dentro di sé un elementare repertorio di propaganda (non li ha neanche “studiati”, ce li ha naturalmente: come quelli che a scuola dicono “specchio riflesso”, “ci hai creduto faccia di velluto” e simili), e lo abbiamo visto ieri affannarsi a metterci mano in un contesto del tutto incongruo come quello dell’aula del Senato, abbandonato dalle consuete claque di cercatori di selfie e circondato solo dell’applauso cieco dei suoi, applauso che sarebbe stato disposto a dispiegarsi anche per “l’amore è una cosa semplice”, se detto dal leader.

L’attacco con “rifarei tutto quello che ho fatto”, frase da tronisti – chiediamo scusa ai tronisti, è per capirsi – o da ottusi incapaci di rivalutazione delle proprie scelte, errori, alternative, è stato l’annuncio più illuminante della mediocrità retorica che sarebbe seguita. Prima il solito vittimismo di cui è fatta metà della propaganda salviniana e che allude continuamente a immaginarie persecuzioni e manovre, poi un’incongrua serie di battute contro chi abbia obiettato a una “crisi a ferragosto” senza che questo tema fosse mai stato evocato tra le accuse di Conte a cui Salvini era tenuto a rispondere, e a cui non è stato capace di rispondere. Poi il giochino complottardo di questi giorni, quello per cui PD e M5S tramavano insieme già da prima (tramavano benissimo, dovrebbe allora riconoscere, riuscendo persino a fare aprire a lui la crisi che volevano loro). Fino alla rivendicazione dell’assistenza della Madonna, che ha generato una reazione di difesa della laicità dello Stato che non si era mai vista così unanime e battagliera nella scena politica, e che ha coinvolto persino la passeggera presidente Casellati.

Salvini è scarso. Ha cavalcato un’onda – perdonate la banale metafora, ma effettivamente adeguata – su cui si è limitato a sedersi e su cui è ancora seduto, carezzando l’onda con amichevoli pacchette e dicendo le cose che all’onda piace sentire (siete speciali, meritate molto, ma il vostro molto ve lo stanno rubando, non avete colpe, è colpa di qualcun altro, cattivi, e vogliono fregarci e fregare me) e l’onda lo ha ricambiato, votandolo. La storia, soprattutto quella recente, conosce molti esempi di temporanei successi di consenso ottenuti senza grandi qualità, che tu sia un politico o un concorrente di reality: ed è giusto persino congratularsi con i loro protagonisti, proprio per questo. Vincere da scarsi, è una cosa: solo che non dura.
Ma per ora l’onda lo ricambierà ancora, Salvini, esasperata e fomentata da un sistema di informazione distorta che va ben oltre la propaganda di Salvini: ma quest’ultimo è un tema a parte.

Non pensiamo infatti che siccome nei giorni scorsi (nei fatti) e ieri (a parole) Salvini ha mostrato la sua assenza di risorse politiche, dialettiche e strategiche di fronte alle prime avversità, questo influisca in modo significativo sul suo consenso: il suo consenso si basa su altro, sulle cose dette sopra, e quelle restano: e si è visto come voglia raddoppiare il suo investimento su quelle mentre le ripeteva agli imbarazzati parlamentari. E se davvero si farà un governo di qualche tipo con un consenso congiunto di PD e M5S, per Salvini sarà la migliore occasione per dispiegare di nuovo la sua propaganda di accuse di inciuci, di poteri traffichini, e di complotti ai suoi danni e ai danni “degli italiani” (che nella sua retorica sono solo quelli che lo votano, finora un decimo del totale). E considerati i tre fattori di debolezza – a essere indulgenti – di un’alleanza tra PD e M5S (incompatibilità sotto mille profili, sciatteria politica dei dirigenti del M5S, fragilità di progetto e dirigenza dell’attuale PD) è irrealistico pensare che una loro alleanza possa durare più di un anno o due. E a quel punto Salvini incasserà anche più di quello che incasserebbe oggi, a meno che non succeda intanto qualcosa di imprevisto: eventualità peraltro per niente da escludere, se consideriamo che in soli otto anni l’Italia ha già visto la caduta di Berlusconi, l’anomalo governo Monti, l’acrobatico e sovversivo governo Renzi, il suo formidabile successo e il suo formidabile fallimento, il trionfo di un partito fondato da Beppe Grillo, l’implausibile alleanza Lega-M5S, la ascesa eccezionale di Salvini, il governo di uno sconosciuto e il suo sbriciolamento.

Al momento non ci sono scenari che non aiutino Salvini, in un modo o nell’altro. La notizia di ieri, però, intanto, è che tanti predicatori della grandezza politica di Salvini si sono trovati di fronte alla prima occasione in cui una qualche abilità politica era necessaria e non la si è vista nemmeno da lontano, grazie. Chi lo conosce personalmente saprà se ha altri pregi umani, Salvini, che per l’Italia hanno poche ricadute: ma come politico si è dimostrato scarso, sul campo. Poi sono tempi in cui questo conta poco, in termini di consenso. Conterà molto in termini di risultati, ma quando l’avremo capito tutti ci sarà già qualcun altro a cui dare la colpa e qualcun altro a raccontarcela. Oppure no, e magari diventiamo più accorti, dicendoci un po’ alla volta le cose come sono.

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