Il
grande risultato del 26 maggio è stata una vittoria di Pirro per il leader
della Lega che è diventato di colpo il nemico numero uno per la stabilità
dell'Unione europea
Fuori dal Viminale, tornato all’opposizione
e scaricato anche da Donald Trump. Matteo Salvini ricorderà a lungo l’estate
del suo suicidio politico. In pochi giorni il leader della Lega ha perso tutto:
visibilità, potere, la possibilità di comandare la maggioranza del Parlamento.
E la colpa è stata proprio la vittoria clamorosa alle elezioni europee. Dal 26
maggio Salvini è diventato il nemico numero uno dell’establishment europeo che
prima ha isolato i sovranisti dalle cariche più importanti, poi ha istituzionalizzato
il Movimento Cinque Stelle e infine ha convinto l’opposizione dem a fare un
governo con i nemici di sempre. Così lo spread ieri ha chiuso a 183, Conte è
diventato di colpo uno statista e la coalizione giallorossa sembra l’alleanza
più naturale del mondo. Avviso per i naviganti complottisti: non c’è stato
nessun colpo di Stato, né una trama ordita dal gruppo Bilderberg, ma una lenta
azione di moral suasion sui protagonisti italiani da parte delle cancellerie
internazionali e alcuni errori marchiani dello stesso Salvini che hanno
accelerato il processo. Uno su tutti il discorso di Pescara in cui dopo mesi di
stallo e con la paura di una legge di bilancio entro i limiti imposti dai
trattati europei, il leader della Lega ha chiesto: «Pieni poteri per fare
quello che abbiamo promesso di fare fino in fondo senza rallentamenti e senza
palle al piede. Siamo in democrazia, chi sceglie Salvini sa cosa sceglie» Ecco,
con la prospettiva di un governo che facesse il deficit al 5% senza rispettare
i vincoli europei, e un Parlamento sovranista che potesse scegliere in libertà
il prossimo presidente della Repubblica, il sistema ha attivato gli anticorpi.
Per la paura di non avere contrappesi allo strapotere leghista, i politici
italiani hanno rispolverato il loro schema migliore: tutti uniti contro l’uomo
solo al comando.
Permetteteci il paragone: come il governo
tecnico di Monti ha alimentato i sovranisti, così la vittoria della Lega alle
elezioni europee ha creato la risposta più dura del sistema Europa. Con tutto
il rispetto per Polonia e Ungheria, avere un governo totalmente sovranista in
Italia senza pesi e contrappesi creerebbe molti più problemi all’eurozona. La
conferma di una certa pressione internazionale l'ha data ieri sera Giancarlo
Giorgetti, numero due della Lega, ospite del Berghem Fest. «Appare evidente
nelle ultime ore la decisione da parte delle cancellerie internazionali di
mettere sotto tutela l’Italia per evitare che andasse in una direzione non
gradita. Questo governo viene concepito al G7 di Biarritz». Non è un caso che
Donald Trump ieri abbia twittato il sostegno a Giuseppe Conte, dando il suo
endorsement per la riconferma del presidente del Consiglio con un’altra
coalizione di governo. Una bella botta per i sovranisti italiani e c'è un motivo
se il leader della Lega non ha commentato dicendo di essere in silenzio stampa.
Il presidente degli Stati Uniti ha scaricato Salvini per il Russiagate di
Savoini? Forse, ma il G7 di Biarritz è stato solo l’ultimo stadio di un
processo che è partito da molto lontano. Il primo passo dei leader europei è
stato quello di creare a giugno un cordone sanitario per evitare che
l’eurogruppo di Salvini e Le Pen al Parlamento europeo occupasse qualsiasi
carica.
L’elezione della neo presidente della
Commissione europea Ursula von der Leyen è stato il primo vero spartiacque per
testare gli alleati di Salvini. Con la prospettiva di avere un candidato
sgradito i sovranisti del centro-Est europa si sono coalizzati contro quelli
dell’Ovest. Sia l’ungherese Viktor Orbàn che il polacco Jarosław Kaczyński
hanno votato per la candidata tedesca atlantista, anti russa e sostenitrice
della Nato. Così dopo le strette di mano in campagna elettorale quello che
veniva considerato dalla Lega un alleato fondamentale per creare l’alleanza di
centrodestra tra i sovranisti e i popolari europei ha usato la Lega e il M5S
per bloccare la nomina di Frans Timmermans e Manfred Weber e dopo l’elezione di
Von der Leyen è tornato con passo svelto all’ovile del Ppe. Ai sovranisti
polacchi e ungheresi si è aggiunto il Movimento Cinque Stelle, decisivo per
ratificare l’elezione di Ursula al Parlamento europeo, avvenuta con soli nove
voti di scarto. Il M5S senza alleati e finito nel gruppo dei non iscritti ha
preso l’ultimo treno utile per rientrare nella maggioranza europea. Una scelta
criticata fin da subito da Salvini che ha capito da quel momento che non ci
sarebbe stata la possibilità di fare la flat tax e una legge di bilancio
totalmente a deficit fregandosene dei parametri europei.
E ora che il governo giallorosso è in
arrivo il leader della Lega è diventato il cliché del politico sconfitto. Dice
di non essere attaccato alla poltrona, ma non si dimette; chiede al M5S di
ripensarci e continua a ripetere fino alla noia che da tempo dem e grillini
preparavano l’inciucio a sua insaputa. Ma come direbbe Andreotti, la situazione
è un po’ più complessa. Perché è vero che c’è stata pressione europea per
istituzionalizzare il Movimento Cinque Stelle ma questa crisi di governo è
tutta farina del sacco di Salvini. Nessuno ha costretto il leader della Lega a
chiedere elezioni anticipate. Una mossa incomprensibile che ha solo accelerato
un annacquamento in atto della deriva leghista. Domanda: ma se M5S e Pd avevano
già l’accordo per il governo, perché Salvini è caduto nella rete facendo cadere
l’esecutivo gialloverde? Avrebbe potuto continuare a governare imponendo con la
forza dei consensi nei sondaggi la sua legge di bilancio a Tria e Conte. E
invece no, ha sottovalutato la democrazia parlamentare e ha pensato che una
semplice mozione di sfiducia avrebbe portato alle elezioni.
Come confermato ieri da Enrico Mentana
durante la sua maratona televisiva, Salvini avrebbe telefonato a Zingaretti per
assicurarsi che nessun dem avesse la tentazione di fare un'alleanza con i 5
Stelle. Non aveva fatto i conti con Matteo Renzi e Beppe Grillo e si è fatto
ingabbiare nei rivoli dei tatticismi senza sapere come uscirne. Forse il leader
della Lega è solo un ottimo oratore da social network che ha capito lo spirito
dei tempi e nulla più. Perché quando si è trattato di fare politica vera, da
quella estera all'interna le ha sbagliate tutte. Le cancellerie internazionali
pensavano fosse il nuovo nemico numero uno dell'Unione europea e invece era
solo un militante che ce l'ha fatta.
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