lunedì 11 dicembre 2017

Bitcoin: la moneta virtuale che non piace alle banche



da: Il Fatto Quotidiano

Bitcoin, chi li compra fa un atto di fede. Ecco la moneta virtuale che non piace alle banche
di Loretta Napoleoni

Il fenomeno più interessante dell’economia della condivisione sono i bitcoin. Molti non saranno d’accordo con questa affermazione poiché i bitcoin sono entrati a far parte degli strumenti finanziari, tant’è che la prossima settimana il mercato futuro di Chicago inizierà a quotarli. Ma proprio il fatto che siano riusciti a sfondare tutte le barriere corporative della finanza mondiale, dall’emissione di moneta delle banche centrali fino ai controlli delle clearing houses, imprese finanziarie che ‘assicurano’ la solvibilità delle transazioni delle consorelle, prova la potenza del sistema peer-to-peer, e cioè quello della condivisione.

Per chi non conosce la storia della moneta elettronica che nel 2017 ha fatto registrare tra i più alti tassi di rendimento dell’investimento, i bitcoin sono nati nel 2008 con lo scopo specifico di rendere obsoleto un sistema monetario fiduciario dove la creazione di denaro nasce dall’emissione del debito ed i controlli sono in mano alla casta finanziaria.
Da quando il sistema monetario internazionale ha sganciato il valore della moneta da quello dell’oro, dietro i biglietti e le monete che riempiono i nostri portafogli non c’è assolutamente nulla. In God We Trust, si legge sui dollari americani, la moneta è un atto di fede.

In un certo senso anche chi compra e vende i bitcoin esprime un atto di fede, e cioè che la moneta abbia un vero valore perché esiste un mercato e che questo valore rispecchi l’andamento della domanda e dell’offerta, ma questo tipo di fiducia è applicabile a tutti gli scambi. A differenza dell’euro, del dollaro e di tutte le moneti correnti, infatti i bitcoin sono agganciati ad un valore determinato e finito, un bene elettronico che presenta molte delle caratteristiche dell’oro. E vediamo perché.

La produzione di bitcoin avviene attraverso un processo definito mining, di estrazione in miniera, proprio come l’oro. Il sistema crea e distribuisce in maniera causale all’interno della rete della compravendita nuove monete. Per appropriarsene bisogna estrarle attraverso una serie di calcoli che, man mano che il numero di operatori e di bitcoin estratti cresce, diventa sempre più complesso. Inizialmente, dunque, i singoli operatori erano in grado di svolgere questa attività, ma oggigiorno richiede capacità di calcolo così avanzate e complesse che solo gruppi di operatori che si alleano, chiamati mining pools, e che si avvalgono di potenti sistemi elettronici riescono a trovare la soluzione e produrre nuovi bitcoin. Ciò significa che il sistema finanziario classico si trova in una posizione di vantaggio perché ha le risorse necessarie per mettere in piedi tali gruppi.

Come per l’oro, il valore dei bitcoin riflette la scarsità del bene. La produzione di bitcoin è infatti limitata a 21 milioni che verranno prodotti nel giro di 130 anni. Il sistema è programmato affinché l’80 per cento della massa monetaria venga prodotto nei primi 10 anni di vita della moneta. Inizialmente i ‘minatori’ guadagnano dalla produzione delle monete, ma man mano che questa scende il guadagno arriverà dal costo delle transazioni. Per capire questo concetto bisogna fare un passo indietro.

La rete è la garanzia del valore dei bitcoin. Per impedire che la stessa moneta sia scambiata e spesa più di una volta, cioè per impedire le truffe, ad ogni bitcoin è agganciato un sistema di verifica basato sulla condivisione di chi l’ha prodotta e scambiata nel tempo, un sistema definito ‘di marcatura oraria peer-to-peer’, cioè gestito collettivamente. Ogni nuova moneta viene verificata dalla collettività che stabilisce se i calcoli di estrazioni sono corretti, man mano che ciò avviene si crea il blockchain, in italiano una catena dei blocchi. Ogni conferma, o nodo, si aggancia all’altra e crea così il primo blocco. Va da solo che tanto più alta sarà la commissione tanto più veloce sarà il sistema di verifica. Ottenuto il primo blocco questo si aggancia a quello degli altri bitcoin ed inizia ad essere scambiato.

La differenza fondamentale con le valute a corso legale è il controllo della creazione di moneta che rimane nelle mani della collettività, nessuna banca centrale può manipolarla. Inoltre il numero finito di bitcoin che verrà emesso evita l’inflazione della moneta e la susseguente redistribuzione della ricchezza a questa legata. Questo spiega l’ostracismo della banche nei confronti dei bitcoin e l’azione dirompente che la loro introduzione tra gli strumenti finanziari sta creando. Come sempre è impossibile prevedere il futuro, ma il semplice fatto che i bitcoin ancora esistano è già un passo in avanti verso la creazione di un nuovo sistema monetario più equo e funzionale all’economia del villaggio globale.

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